MIA MADRE PARTE PRIMA

MIA MADRE

Quando frequentavo il quarto ginnasio non ero quel che si dice uno scolaro
modello, la voglia di studiare era veramente poca.
Appena potevo, coglievo l’occasione per andarmene a zonzo con gli amici.
Cosa che ebbi l’opportunità di fare, tre volta a settimana, per un lungo periodo
di tempo in cui mio padre era costretto, per la gran mole di lavoro, a tornare in
ufficio anche di pomeriggio e mia madre si recava immancabilmente in Chiesa
per assistere alla Messa delle diciotto insieme con le signorine Truzzi, due
zitelle bigotte che abitavano, insieme ad un fratello trentanovenne, da una vita
studente fuori corso a Medicina, nell’altra scala del nostro condominio.

In quei giorni, subito dopo pranzo, uscivo rassicurando mia madre di rientrare
verso le diciotto per studiare fino a sera, ma in pratica mi ritiravo giusto
cinque minuti prima del suo rientro, quindi circa alle 20 e trenta.
Uno di questi spensierati pomeriggi, mentre ero per strada con due miei amici, fui avvicinato dalle due vecchiette Truzzi, le quali con un noiosissimo sermone cercarono di convincere me ed i miei compagni a seguirle in Chiesa per assistere alla funzione religiosa.

Declinammo cortesemente l’invito dando però ampie assicurazioni che avremmo
seguito, in futuro, il loro consiglio.
Dopo qualche istante riflettetti che mia madre non era con loro, e pensai che se
non andava a Messa sarebbe rimasta a casa e quindi avrebbe scoperto il mio piccolo
trucco; erano le diciotto, benedissi le vecchiette per avermi involontariamente
avvisato della presenza a casa della mia severa genitrice e, seppure a malincuore, salutai i miei amici e mi diressi di corsa a casa.

Appena arrivato mi chiusi nella mia stanza mettendomi a studiare.
Stranamente, poco dopo, la mia cara mammina venne a dirmi di rispondere se bussava il telefono mentre lei andava a fare la doccia dovendo uscire per andare in chiesa con le sorelle TRUZZI.
Non so perché non le dissi che le avevo incontrate oltre mezz’ora prima, poi però mi chiesi perché mentiva, ed il mio pensiero stranamente corse a qualcosa di poco lecito, pensai subito che si recasse ad incontro galante, decisi di vederci chiaro, innanzitutto se andava da qualche uomo si sarebbe vestita di conseguenza quindi bisognava verificare questo particolare.

Tra la mia camera e quella da letto dei miei genitori c’era un finestrone con vetro opaco, posto quasi a soffitto.
Mentre lei faceva la doccia entrai in camera sua, aprii appena il finestrone e lo tenni leggermente scostato incastrandovi un pezzetto di carta, quindi ritornai silenziosamente a studiare.
Quando la sentii entrare in camera sua e chiudersi la porta alle spalle con un balzo salii sullo schienale di una poltrona e guardai dalla fessura.

Quello che vidi era uno spettacolo meraviglioso, lei era avvolta nello accappatoio,

lo slacciò e senza toglierselo cominciò con questo ad asciugarsi permettendomi così di vedere le sua candide mammelle e le tornite cosce al vertice delle quali potetti ammirare la peluria che contornava la SPACCA.

Mi sentivo il cuore in gola, era la prima volta che vedevo dal vivo una donna
nuda, la mia mano corse a toccarmi la patta sotto la quale il mio cazzo era
divenuto duro come l’acciaio.
Per un attimo mi vergognai di stare a spiare mia madre ma poi la LIBIDINE ebbe il sopravvento e cominciai a guardarla con un occhio diverso da quello con cui l’avevo sempre vista.
Vidi in lei solo la femmina, e che femmina.

Solo allora riflettetti che mia madre, che all’epoca aveva trentasei anni, era una splendida mora con due zinne molto grosse ma perfettamente ritte, due gambe che sembravano due colonne, e capii l’ammirazione che suscitava negli uomini al suo passaggio.
Mentre, inebetito facevo queste considerazioni, mia madre, terminato di asciugarsi, si sfilò l’accappatoio rimanendo completamente nuda.
Era uno schianto, il mio sguardo fu calamitato dal suo culo maestoso, tondo a forma di mandolino, non mi vergognai a pensare che glielo avrei messo tra le chiappe riempendole lo sfintere di sborra.

Mi ero sbottonato i pantaloni ed ora la mia mano andava su e giù lungo il CAZZO, era assurdo ma stavo sparandomi una sega pensando di inculare mia madre, “ma è solo col pensiero”, dissi a me stesso, quasi a giustificarmi.
Intanto lei stava profumandosi le turgide poppe, poi versò una grande quantità di profumo tra le mani e passò a stenderselo sulle cosce risalendo fino alla fica ove la sua mano indugiò a lungo in un dolce massaggio.

Aveva gli occhi socchiusi e si mordicchiava le labbra, mi fece arrapare da morire.
Poi, sempre nuda, andò verso l’armadio, lo aprì ed estrasse un paia di calze ed un reggicalze neri, “siamo quasi in estate e mamma mette ancora le calze?”, mi chiesi; allora non conoscevo ancora la forte valenza erotica di una tale mise.
Indossò il reggicalze

e poi poggiando un piede sul letto, cominciò ad infilarsi la prima calza, “così ti inculerei, brutta puttanona, ho capito a quale messa vai, alla messa in culo, ma io ti seguirò per vedere con chi vai a fare la troia” mi dissi continuando a menarmelo.

Terminato di infilarsi le calze indossò il reggicalze e fermò i gancetti.
A quel punto capii il motivo e l’importanza di un tale abbigliamento, era stupendo il suo bianco deretano incorniciato dai tiranti neri, così come pure risaltava molto di più il suo splendido pube che ebbi modo di ammirare quando si girò dopo aver preso da un cassetto una paia di slip ed un reggiseno, anche loro rigorosamente neri.

Indossò prima quest’ultimo, ed accuratamente vi sistemò dentro i suoi magnifici seni, poi infilò uno slippino che era microscopico tanto da non riuscire a coprire tutti i peli delle fica, ma lei si posizionò davanti allo specchio e fece in modo che nemmeno uno fuoriuscisse.
Durante questa operazione potetti riammirare il suo fantastico fondoschiena che mi infoiava sempre più, ma il culmine dell’arrapamento lo raggiunsi quando lei ridusse ancor di più lo slip infilandoselo tra le natiche.

A distanza di tanti anni ho ancora negli occhi la visione di quelle due tonde chiappe divise da un leggero filo nero, “te lo spaccherei in due”, pensai.
Senza esitazione prese un abitino bianco a fiori blu e l’indossò.

Era un classico vestito estivo tutto abbottonato sul davanti, “puttana hai scelto bene, sai che ci vuole qualcosa di facile da togliere per farti chiavare subito e senza problemi, sei una zoccolona, non credo che questo sia l’abbigliamento adatto per andare in chiesa ad ascoltare la Messa ma è adattissimo per la messa in culo e la messa nella pucchiacca, brutta mignotta”, dissi prima di scendere dal mio punto di osservazione e correre a sedermi dietro la scrivania a fingere di studiare.

Fui costretto ad aprire il cassetto per evitare che, entrando a salutarmi, notasse il gonfiore dei miei pantaloni.
Poco dopo, infatti, entrò nelle mia camera, “ciao piccolo, scappo altrimenti arrivo tardi in Chiesa, mi raccomando resta a studiare, torno poco dopo le otto”, mi baciò sulla fronte ed andò via.
Appena sentii chiudere la porta d’ingresso, corsi a prendere le chiavi di casa e la segui rimanendo a distanza di buon tre rampe di scala.

La zoccola, invece di uscire dal palazzo imboccò la scala dove abitavano le sorelle bigotte.
Tenendomi sempre a debita distanza la seguii e vidi che bussava a casa Truzzi, “certamente non ci saranno”, pensai, “loro sì che sono in Chiesa”.
Invece la porta si aprì e sentii nettamente la voce del Dottor Truzzi esclamare: “finalmente, non ti aspettavo più”, e la porta si richiuse prontamente.
“Ecco dove va quando dice di andare in Chiesa, va dal Dottor Truzzi a farsi scopare, brava la mia dolce mammina, è una troia, questo è, altro che una cara mogliettina innamorata, è una depravata ninfomane, non le basta la razione di cazzo di papà, darei dieci anni della mia vita per vedere cosa stanno facendo”.

Purtroppo tutte le finestre di casa Truzzi che davano nel cortiletto interno erano dotate di quei vecchi tendaggi molto spessi; mi rassegnai e tornai a casa.
Appena entrato mi sdraiai sul divano, mi abbassai pantaloni e mutande e menandomelo provai ad immaginare cosa fosse successo dopo che avevano chiuso la porta, vidi tutto come in un film.
Il Dottore, che indossava solo un camice bianco, strinse a se mia madre, la baciò a lungo sul collo e poi sulla bocca infilandoci dentro la lingua.

La troiona, che si era languidamente abbandonata, ebbe un fremito e lui senza perder tempo le sollevò il leggero vestito e cominciò ad accarezzarle il culo,
quindi le aprì i primi bottoncini e con un gesto delicato fece schizzare fuori le grosse mammelle che cominciò a sbaciucchiare prima con dolcezza e poi sempre più freneticamente passando poi a mordicchiare i duri capezzoli.
“Piano, mi fai male”.
“Lo sai, ti mangerei pezzo a pezzo, il tuo corpo mi fa impazzire, vivo solo aspettando il momento in cui tu vieni da me, sono tre giorni che non ti ho tra le braccia, che non ti tocco, mi sento di scoppiare”.

“Lo vedo”, e scostandosi appena sbottonò due bottoni del camice, introdusse la mano, gli tirò fuori la varra, la scappellò e passò ad accarezzargli le palle.
“Dio che bello, sei bravissima, lo faresti rizzare ad un morto”.
A quel punto mia madre si inginocchiò, a due mani gli scappellò il cazzo, per un attimo lo ammirò estasiata, poi lo introdusse tra le vellutate zinne e iniziò una lentissima spagnola.

Ogni volta che la varra le si avvicinava alla bocca, la maiala faceva saettare la lingua intorno alla capocchia.

Angelo, così si chiamava il dottore, non resistette a lungo a questa “tortura”, le bloccò la testa, si inarcò, le infilò l’obelisco tra le labbra e cominciò letteralmente a chiavarla in bocca.

“E’ bellissimo, è divino, è come pomparti nella pucchiacca, debbo fare uno sforzo sovrumano per non sborrarti in gola”.
Temendo una rapida venuta la zoccola interruppe il bocchino, “dottore non si dimentichi che sono venuta per una visita”.
“Mi scusi, me ne ero quasi dimenticato, venga si accomodi nello studio”,
l’aiutò a sollevarsi, la baciò e le strizzò un capezzolo, “vada avanti lei tanto credo che conosca la strada”.

Appena mia madre si girò lui le sollevò il vestito, le fece divaricare le cosce, vi introdusse il palo di carne e nella classica posizione “del trenino” raggiunsero la camera dove il non ancora dottore aveva attrezzato un vero studio medico.
“Signora adesso si spogli”.
La depravata lentamente finì di sbottonarsi l’abitino quindi con un gesto molto provocante lo lasciò cadere ai suoi piedi.
“Tolga anche reggiseno e slip e si segga lì”, le ingiunse con un fare molto professionale.

“Lì” era una poltrona per visite ginecologiche.
Mia madre obbedì ed ancheggiando andò a sedersi.
E fu su quella poltrona che la chiavò.
Urlando: “ti spaccherò’ il culo, brutta zozza” accelerai la sega e dal mio cazzo schizzò un potente fiotto di sperma.
Quando rientrò le chiesi: “com’è stata la funzione?”.
“Bellissima”, rispose estasiata la troiona, baciandomi sulla guancia.
Da quel giorno, è inutile dirlo guardai mia madre con occhio diverso, avevo sempre in mente il ricordo di quello che avevo immaginato fosse successo quel pomeriggio a casa del dottor Truzzi.

La spiavo ogni volta che andava in bagno e mentre faceva la doccia, ma dal buco della serratura riuscivo a vedere ben poco, meglio spiarla dal finestrone alto della camera da letto mentre, fatta la doccia si asciugava e si vestiva per uscire.
Mi arrapavo tantissimo a vedere il suo splendido corpo nudo ed ancora di più
come cambiava abbigliamento in funzione dello scopo per cui usciva, se doveva
andare a fare la spesa indossava i collant, gonne longuette, maglioncini
accollati e mutande tipo quella della nonna mentre quando doveva andare a
chiavare usava guepiere e calze velate, o autoreggenti, slip microscopici gonne molto al di sopra del ginocchio e camiciole che abbottonava solo parzialmente e si truccava in modo pesante.

Ripetevo sempre “sei una troia, una puttana, una vacca, prima o dopo ti spacco il culo, zoccolona” mentre scendevo dallo schienale della poltrona per correre a sedermi dietro la scrivania a fingere di studiare.
Non facevo altro che masturbarmi pensando a lei ed avevo superato ogni limite,
pensavo solo di chiavarla, incularla, sborrarle in bocca.

Un giorno mentre, come al solito la spiavo feci una scoperta sensazionale, la
bagascia aveva un diario, e lo nascondeva sull’armadio nella sua camera da letto.
Appena lei uscì per delle compere, lo presi e, tremando per l’eccitazione,
cominciai a sfogliarlo.
Dopo le prime pagine capii che bisognava leggerlo sparandosi un sega, era un
vero pornodiario, infatti, narrava tutta la sua storia col Truzzi, sin dallo
inizio, cioè da quando l’aveva visto per la prima volta, dalla bestiale
attrazione fisica che aveva subito provato per lui, tanto da costringerla a
spararsi un ditale, a cosce aperte al centro del letto, pensando alla nerchia che il ragazzo doveva avere tra le gambe, al piacere di leccarla e farsela scivolare in corpo.

Mi sedetti in poltrona ed iniziai a menarmelo.
La maiala raccontava, con dovizia di particolari, anche come aveva superato
l’iniziale timidezza dell’anelato amante.
Dovete sapere che il futuro dottorino, mentre molto a rilento studiava, faceva
pratica con un modesto ma indispensabile compenso, presso un convento di Frati
Francescani, i quali assistevano gratis i poveri del quartiere.
A tal scopo avevano attrezzato un piccolo ambulatorio in uno dei locali del
loro immenso monastero.

Il Truzzi indossando sempre un camice bianco e quindi facendosi credere
medico, dopo una sommaria visita, distribuiva medicinali regalati ai Frati da
ricche e danarose signore convinte così di guadagnarsi il Paradiso.
In questo ambiente mia madre dichiarò la sua disponibilità al dottorino.
Un pomeriggio sul tardi, vi si recò, fingendo un forte dolore al torace.
La puttanona narrava di esserci andata indossando un tailleur molto aderente
e sotto il vestito niente.

Fu invitata a stendersi sul lettino e mostrare dove si manifestava il dolore.
Sentiamo il suo racconto al diario:
[Ero eccitatissima, avevo la gnocca fradicia, volevo quel ragazzo ed a costo
di comportarmi da sfacciata l’avrei avuto, sbottonai la giacca mettendo in
mostra le mie mammelle turgide alla punta delle quali svettavano due capezzoli
durissimi, il medico ebbe un sussulto, “non porto mai il reggiseno, ma non
credo che questo possa metterti in imbarazzo, devi abituarti, nella tua attività
vedrai un’infinità di donne nude, e poi sono convinta che questi seni non
abbiano bisogno di essere sostenuti, tu che ne pensi? tocca e dimmi il tuo
parere”, presi la mano dell’imbarazzatissimo giovanotto e la poggiai sulle
mie poppe.

Il dottore era come paralizzato, gli feci scorrere la mano tra le mie
vellutate colline e presi a strofinargli il gomito sulla patta.
Sentii nettamente la mazza ingrossarglisi nelle mutande, diventai più ardita, mi girai verso di lui, gli sbottonai il camice, gli aprii i pantaloni e feci uscire dagli slip la sua poderosa varra.
Mentre con una mano gli accarezzavo le palle e con l’altra gli scappellavo la mazza gli dissi: ”e’ da quando ti ho visto la prima volta che ti desidero, ho cercato di fartelo capire in tutti i modi ma sembrava che non ti interessassi, però adesso guardando come si è fatto duro credo che anch’io ti piaccia”
Il dottore cominciò a riprendersi dallo stupore.

“Certo che mi piaci, ma tu sei sposata, sono amico di tuo marito, siete amici
di famiglia, pur ammirandoti non ho mai osato pensare a te”.
“Non farti scrupolo per mio marito, è un porco merita questo ed altro, non fa
che tradirmi con ogni puttanella che incontra, adesso ho solo voglia di fargliela
pagare, quando sono arrivata fuori non c’era nessuno, pensi che possa venire
qualcuno a quest’ora?”
“No assolutamente, i Frati sono a cena e quindi hanno chiuso il portone”.

“Ed allora non perdiamo tempo, dai PRENDIMI sono mesi che desidero questo
momento”, mi alzai la gonna in vita e mi posizionai sul bordo del lettino con
le gambe penzoloni.
Angelo, continuandosi a gustare la delicatissima sega, litigò con i bottoni
ma riuscì a togliersi il camice e si fece scivolare i pantaloni e gli slip alle
caviglie, quindi con fare molto goffo si portò ai piedi del lettino, sollevò le
mie cosce portandosele sulle spalle e mi infilò il duro cazzo nella fessa.

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