la suocera e la tv

Mia suocera mi imbarazza.
La sua presenza mi turba, la sua vicinanza mi agita, il suo modo di fare, di porsi, di guardarmi, mi intriga.
A volte vorrei fosse mille miglia distante da me, tanto mi sconvolge la sua persona; a volte desidero ardentemente di vederla, se per troppo tempo mi è distante.
In gioventù deve essere stata una gran bella donna: lo si intuisce dai lineamenti, dal personale, dagli stessi atteggiamenti, dalla grazia nei movimenti, dalla sicurezza che emana.

Il suo fascino è certamente rimasto intatto.
Quando ho avuto l’occasione di vedere sue foto da giovane, e da meno giovane, sono sempre rimasto ammirato dalla sua bellezza, dalla sua classe, dalla naturale eleganza.
Ora, passati da tempo i sessant’anni, non si rassegna a veder sfiorire quel po’ po’ di bellezza, e fa di tutto per sentirsi, e atteggiarsi, da giovane, desiderabile, avvenente.
I capelli, bianchi da tempo, si ostina ad esibirli di una tinta biondo platino oggettivamente eccessiva.

Li porta lunghi, come una ragazza, lisci, fluenti sulle spalle, un gran ciuffo da maliarda sulla fronte a celarle, malandrino, lo sguardo. Sguardo di ghiaccio, quello sì immutato negli anni, con quegli occhi azzurro cielo, dal taglio così sensuale. Le palpebre, beh, quelle sono un po’ cadute, profonde rughe sopra e sotto, e il trucco pesante non sempre aiuta, ma lo sguardo misterioso può far sciogliere chiunque. Me compreso.
Il viso affilato, i lineamenti fini, il naso elegante dalla punta in su, il collo lungo ed elegante… mai fatto un lifting (ma ne avrebbe voglia…), ostenta le profonde rughe sul decolté con disinvoltura.

Sotto gli zigomi alti, altre profonde pieghe, la bella pelle cerulea un po’ cascante, disegnano la bocca soave, dalle labbra non troppo carnose, ma rigorosamente tinte di rosso fuoco, con una piega verso il basso che sembra promettere torbide notti di perversa passione.
Il corpo minuto e slanciato, sembra scolpito da ore di palestra, che invece non frequenta: è naturalmente ben conservato e attraente, solo la pelle un po’ cascante tradisce la sua età.

Cura maniacalmente il proprio corpo, le unghie sempre impeccabili, lunghissime, pittate: le mani lunghe ed eleganti, sono tradite solo dalle vene in rilievo, dai tendini che affiorano, da alcune macchie sul dorso che l’età porta un po’ alla volta, e l’abbondante dotazione di monili d’oro di cui si cinge, non sempre maschera la realtà.
Ama vestire in modo giovanile, così dice lei, e spesso quando una donna di quell’età, per di più conscia di esibire un corpo che dimostra, se ben agghindato, anche quindici anni meno, segue questo concetto, non si accorge di quanto sia facile travalicare invece nelle stile tardona-troiona-ingioiellata, che suggerisce invece agli astanti.

In effetti sfoggia gonne ultracorte, o attillatissime, o piene di spacchi malandrini e aperture sfacciate, indossa camicie trasparenti, magliette scollacciate e provocanti, esibisce scollature indecenti sui bei seni strategicamente sostenuti da biancheria intima di gran pregio che, audaci in una ragazza o in una giovane donna, sono un tantino equivoche su una signora di quell’età, ma tant’è…
Calza scarpe bellissime, e costosissime, dai tacchi vertiginosi: spesso sandali aperti, ciabattine e zoccoli, che porta sempre senza calze, fin quasi ai primi rigori dell’inverno, orgogliosa di poter esibire caviglie sottili e ben tornite, piedi sottili ed eleganti, pedicure impeccabile, unghie laccate in pandant con le mani.

Il dettaglio delle calzature e dei piedi, è quello che mi da il colpo di grazia, se mi soffermo troppo a contemplarla. Vado pazzo per i piedi, di tutte le donne, adoro il tipo di calzature che la suocera predilige (e per fortuna che anche la figlia, mia moglie, ha ereditato questa passione…), la visione delle sue estremità mi manda in estasi (con qualche senso di colpa nei confronti di mia moglie…).

Mia moglie ha smesso di farle osservazioni, per amore del quieto vivere, o forse per abitudine.

Cresciuta insieme a lei, l’ha sempre vista, fin dalla gioventù, esibire il suo corpo e il suo fascino a destra e a manca, e non si stupisce più di tanto a quegli atteggiamenti un po’ sfacciati, talvolta equivochi o imbarazzanti.
Io la vedo un po’ diversamente…

Da un paio di mesi, si è trasferita,
“provvisoriamente” a casa nostra, per via di alcuni lavori di ristrutturazione del suo lussuoso appartamento. E’ separata dal marito ormai da molti anni, e non ha trovato di meglio che installarsi da noi: ha occupato la stanza degli ospiti e si è piazzata in pianta stabile nel nostro menage familiare.

Se il vederla di tanto in tanto mi ha sempre provocato turbamento, potete immaginare cosa significhi condividere lo stesso tetto con lei. Se il buongiorno si vede dal mattino, è proprio appena sveglio che ricevo il segnale della giornata che verrà: le sue mise da colazione sono quanto di più imbarazzante può opporre al mio sguardo. Aspetta che la colazione sia pronta (di solito la preparo io) e al momento opportuno fa capolino dalla porta della sua camera e compare in cima alle scale che conducono alla zona notte.

Sopra camicie da notte solitamente succinte e trasparentissime, finge di coprirsi con vestaglie ancor più trasparenti e provocanti, lunghe fino alle caviglie, ma portate sempre aperte, sicché ad ogni passo, nello scendere i gradini, le lunghe gambe compaiono attraverso lo spacco infinito, rivelandosi fino alla coscia. In equilibrio su ciabattine da camera con tacco da dodici centimetri, scende senza incertezze con il languido incedere di una imperatrice.
Imperatrice del sesso! In un bordello di lusso, penso si possano ostentare analoghe mise, ma in casa della figlia, per di più sposata…

Quando arriva in fondo alle scale è ormai opportuno che la tovaglia copra l’erezione che si manifesta visibilmente tra le mie gambe.

Più di una volta ho manifestato il mio imbarazzo, in privato, a mia moglie: lei sembra non capire fino in fondo cosa può provocare la convivenza in spazi ristretti con una suocera di quel genere. E’ sua madre, l’ha sempre vista così, ha grande intimità con lei, fatica a comprendere come io possa non vederla solo come una mamma. Mamma sì, ma non è la mia!
Spesso tende a minimizzare, a giustificarla:
“Non è più giovane ma evidentemente desidera mettersi ancora in mostra, anche gli anziani possono avere certe pulsioni”
Talvolta, scherzando, è giunta perfino a dirmi
“in fondo se devi tradirmi con una tua collega d’ufficio… almeno con mamma resterebbe tutto in famiglia…” e giù una risata disarmante delle sue, che non allevia però la mia tensione.

Le visioni mattutine mi restano nella mente per tutto il giorno. La vista di quel corpo così sfacciatamente e quotidianamente esibito, la consapevolezza che gli sguardi di desiderio che spesso non riesco a trattenere non provocano apparente imbarazzo né nella suocera, né tanto meno in mia moglie, la persistenza di queste sensazioni per così tanto tempo, hanno cominciato a farmi abituare all’idea che desiderare mia suocera sia quasi normale, naturale.
Ho cominciato a sostenere i suoi sguardi gentili ma torbidi, ho smesso di scansarmi con imbarazzo quando la incrocio lungo le scale la mattina, lasciando quasi che strusci le sue forme generosamente esibite contro il mio corpo già eccitato.

Se i suoi occhi si posano più a lungo su di me, ricambio con ugual fermezza (ma sotto mi sento sciogliere…), se porge una battuta salace, ribatto arditamente, anche in presenza di mia moglie, che ride divertita e complice.
Ho cominciato a frequentare il suo bagno. In realtà è stata lei a cominciare a frequentare il nostro, come casualmente sempre prima che io mi ci recassi (almeno a me è piaciuto pensare così), lasciando distrattamente qualcosa di suo: una calza velatissima appena tolta, una vestaglia trasparente, biancheria intima (ma si può indossare perizomi a sessantacinque anni?!), mancavano ormai solo le ciabattine da camera, che peraltro indossa quasi continuamente in casa…
Fu quasi naturale, o almeno inevitabile, per me, cedere alla tentazione di cogliere quel ben di dio, e portarlo al naso, per indovinare le fragranze della suocera indecorosa.

Altrettanto scontato, dopo breve tempo, seguire l’impulso che il mio membro eccitato reclamava, chiudendomi in bagno a masturbarmi assaporando quei feticci intenzionalmente (pensavo io, in preda all’eccitazione) lasciati, e immaginando di trascinare la suocera nell’amplesso…
Fatti i primi passi, il resto viene da sé: attendere che moglie e suocera si rechino a letto e, non visto (o sperando di non esserlo) precipitarmi nel bagno della suocera, gettarmi con avidità sulle ciabattine appena smesse dopo una giornata intera, e lì cogliere gli intensi effluvi lasciati dalle odorose estremità, che più di ogni altra cosa anelo, e calzatane una sulla avida turgida asta, usarla come oggetto di intensa masturbazione, fino a che un travolgente orgasmo mi strazia il corpo, e un copioso fiotto di sperma si sparge sul pavimento.

Poi rimettere tutto a posto e, furtivamente sgusciare fuori dal bagno, sperando che nessuno abbia udito i rantoli di estasi che stento a trattenere, ed infilarmi cauto nel letto con mia moglie.
Mi ha stupito,direi quasi sconvolto, il constatare quanto intenso sia l’olezzo che emanano quelle calzature, quanto mefitico possa essere il puzzo dei piedi di una donna matura: mefitico, disgustoso, tremendamente eccitante.

Qualche sera fa rientravo tardi, molto tardi, da una serata con gli amici.

Abbondantemente brillo, a fatica ho infilato le chiavi nella toppa, ed entrato nel soggiorno, mi sono stupito nel notare una luce ancora accesa nella zona TV, e nell’udire voci basse e rumori.
Cautamente mi sono avvicinato alla tenda che separa il salotto dal soggiorno. Buttando lo sguardo oltre ho notato che la TV era ancora accesa, e le voci che udivo venivano da lì: il solito dibattito da salotto televisivo. Uno sguardo alla poltrona, e vedo, con sorpresa, mia suocera sprofondata tra i cuscini, addormentatasi guardando il programma.

Erano le tre, passate da un po’.
Cauto mi avvicinai ulteriormente. Nel sonno il corpo della donna era scivolato in giù, e solo la testa poggiava sullo schienale della poltrona. Il resto era in posizione orizzontale il bacino già oltre la seduta, una gamba ripiegata verso terra, l’altra distesa con il piede poggiato su un sofà.
Non potei fare ameno di notare il solito succinto e provocante abbigliamento: una cortissima camicia da notte di voile rosa trasparentissimo, una vestaglia dello stesso tessuto, ornata ai bordi da pelliccia pure rosa, ciabattine rosa con pon pon sempre della stessa tinta, tacco dodici.

Nello scivolare nell’innaturale posizione, la camicia le era salita fino alle anche, la vestaglia completamente aperta le era caduta ai lati, e le sue parti più intime erano ben visibili. Le gambe semiaperte agevolavano la vista. Non mi trattenni dallo scrutare il ventre un po’ rugoso, il pelo bianco e abbondante sul pube, il seno cadente ai lati, le cosce invitanti, benché al loro interno pieghe di pelle e un po’ di cellulite fossero ben evidenti.

La visione era eccitante, tremendamente eccitante, non riuscivo a distaccarmene. Lo sguardo avido frugava ogni particolare, ogni piega, ogni pertugio di quel corpo maturo e desiderabile. Il tasso alcolico dissipava le inibizioni, e dovetti sforzarmi per non cedere alla tentazione di toccare quel corpo conturbante con le mani e la bocca.

Tuttavia decisi di provare qualcosa, fosse anche solo uno scherzo.
Notato il telecomando che le si era infilato sotto un fianco, e mi impediva di spegnere la Tv senza un contatto che sarebbe potuto essere imbarazzante, mi misi a cercare il secondo telecomando, quello del decoder.

Trovatolo, non seppi trattenermi dal fare un po’ di zapping: sapevo cosa cercare, e lo trovai.
Rapidamente selezionai un canale che, a quell’ora, era solito programmare film porno. Il volume a zero, in piedi di fianco alla suocera semivestita e dormiente, trovai un film, e mi misi a guardarlo.
C’era una donna, matura e procace, che in abiti succinti e tacchi a spillo, armeggiava con un aspirapolvere per casa: una vera casalinga.

Ad ogni movimento, tette gonfie come cocomeri, e glutei sodi come meloni, si intravedevano attraverso i pochi lembi di stoffa che la fasciavano. Cominciavo ad eccitarmi, e la presenza dalla suocera moltiplicava la mia eccitazione.
Dopo una serie di inquadrature che nulla lasciavano all’immaginazione sul corpo della matura casalinga, si sentiva suonare alla porta: era il postino, un ragazzo lungagnone e magro, che doveva consegnarle una raccomandata. Entrato in casa alla vista della signora il suo sguarda tradiva presto il suo interesse.

La mora casalinga lo ricambiava con eloquenti sorrisi. Quando si chinava per apporre la firma, quel ben di dio di seno si apprestava riversarsi fuori, sotto gli occhi vogliosi del ragazzo, che subito allungava le mani. La donna cadeva in ginocchio di fronte al ragazzo, e senza troppi preliminari, leccandosi le labbra dal desiderio, abbassava la cerniera dei pantaloni di lui, infilandovi svelta le mani e traendone un uccello di dimensioni faraoniche: un salciccione lungo almeno una ventina di centimetri, che prontamente provvedeva a ficcarsi in bocca, lavorandoselo come solo un’attrice professionista sa fare.

Da lì in poi la trama non riservava sorprese: la donna sospendeva il pompino solo portarsi il ragazzo sul divano, e lì proseguire alternando le più classiche pose del repertorio..
Io, arrapato, incurante della suocera che avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all’altro, abbassai la cerniera dei pantaloni.
Quando il postino le schiaffò quel po’ po’ di nerchia in culo e cominciò a stantuffare poderosamente, ero al massimo dell’eccitazione.
Decisi di agire.

Con un balzo mi ritrassi dietro al tendaggio che separava il salotto dal soggiorno e diedi volume alla TV.
In breve il tono delle smodate urla di piacere emesse dell’attrice, unite ai rantolii dell’atttore che la inchiappettava raggiunsero un volume tale da svegliare la suocera.
Io, nascosto ed eccitato, osservavo curioso, volevo osservare la sua reazione.
Ad uno strillo più potente emesso dalla porno attrice, vidi mia suocera sbattere gli occhi e lentamente aprirli: tardò un po’ a prendere coscienza di sé, mentre lo sguardo vagava sul soffitto.

Finalmente le urla sguaiate della casalinga in orgasmo attirarono la sua attenzione: istintivamente corse con la mano a cercare il telecomando per abbassare la fonte di quel rumore.
Poi si rese conto.
Fissò lo sguardo allo schermo, e fece attenzione a quel che accadeva. Strabuzzò gli occhi per la meraviglia: cosa stava guardando?!
La casalinga matura, inarcando la schiena, si stava sfilando l’enorme proboscide dalle visceri, e mentre il postino infoiato ansimava come un toro, con entrambe le mani prese a massaggiarglielo, osservandolo con sguardo avido e ammirato, strappandogli urla di piacere.

Poi portava di nuovo alla bocca la grossa cappella violacea, che leccava con consumata sapienza.
Infine, rivoltando il ragazzo di schiena sul divano, gli montava a cavalcioni e, con abile mossa, faceva sparire in un attimo i venti centimetri di carne turgida nell’antro insaziabile della sua vagina, cavalcando con passione, ardendo di desiderio.
La curiosità della suocera mutò presto in interesse, l’interesse in eccitazione, mentre l’inquadratura mostrava in primo piano, da dietro, il grande culo della casalinga, in ginocchio sul divano, a cavalcioni del ragazzo, e la lunga asta che entrava e usciva, per quasi tutta la sua lunghezza, dal corpo della matrona, al ritmo indiavolato delle sue movenze.

E quando la telecamera, maliziosa, scendeva ad inquadrare i piedi della troia, che volgeva le ampie piante rugose allo spettatore, io dietro la tenda sentivo il mio uccellane che pareva voler esplodere tra le mie mani…
Ma mi trattenevo, volevo gustarmi la reazione della suocera.
Reazione che non tardò: mentre la sua eccitazione cresceva, e lo sguardo avido era calamitato dallo schermo, e la lingua golosa umettava le labbra inquiete, e i denti candidi mordevano le stesse labbra, fu un attimo scorgere una mano infilarsi languida tra le cosce, le dita dalle lunghe unghie sparire tra i peli del cespuglio bianco, trovare la spacca avida frugare gli anfratti umidi, titillare il clitoride già gonfio, ottenere umori che infradiciavano mani, cosce, divano.

Il suo respiro sempre più profondo si mutava in mugolio, in gemito, in lamento di desiderio, e mentre lo sguardo cupido ammirava la carne bollente ed infinita che il postino con estenuante lentezza riprendeva a infilare nelle viscere della partner, di nuovo alla pecorina per accogliere nel culo avido quel palo inusitato, la mano guizzava con crescente intensità, affondando tutte le dita nella vagina fradicia ed ampia.
Io ora guardavo quasi solo più la suocera infoiata, e il mio serpente rivaleggiava per turgore con quello del porno attore: mi segavo senza ritegno, appena nascosto dalla tenda a non più di tre metri da mia suocera.

Quando il postino, muggendo come un toro, sfilò l’attrezzo dal culo sfondato della casalinga, che a sua volta strillava come una vacca in calore, e pompandolo con la mano lo avvicino all’orecchio della donna, che pronta si girò per ricevere in viso l’imminente sborrata, fu come un segnale convenuto: l’urlo si strozzò in gola a mia suocera, mentre il bacino si squassava impazzito al ritmo dell’orgasmo intensissimo che la sconvolgeva, e io pure raggiunsi il culmine del piacere segandomi come un ossesso ed eiaculando fiotti di sperma bollente che, al ritmo del mio piacere, in successive ondate schizzavano sulla moquette e contro la tenda che mi separava dalla suocera che desideravo ardentemente.

Nel frattempo, sullo schermo, un vero fiume, di incredibile copiosità, di liquido bianco, si era sparso sul viso da porca della porno casalinga, imbrattandone capelli e orecchie, occhi, naso, soprattutto labbra, mentre lei, con evidente perverso piacere, ne leccava ogni goccia disponibile.

Guardai mia suocera, il corpo ancora sconvolto dal piacere, riversa sulla poltrona, le gambe semiaperte, la spacca grondante, i piedi ormai sfilati dalle ciabattine, una pianta rivolta verso di me.

Era sfinita, abbandonata, sui cuscini. Decisi che era il momento di sgattaiolare via. Poi mi resi conto dell’inondazione di sperma per terra e sulla tenda, evidentissima: l’indomani non sarebbe sfuggita a mia moglie, se non ne avessi fatto sparire le tracce.
Con cautela mi chinai a terra, sfilai il fazzoletto dalla tasca, presi con delicatezza a rimuovere dai tessuti le evidenti bianche tracce del mio seme. Cercavo, con attenzione, di non muovere troppo il tendaggio nella pulizia, perché la suocera non se ne avvedesse, ma non era facile.

Mi accucciai a terra intento nella pulizia. Quando, come percependo un movimento, alzai gli occhi da terra, un metro avanti al mio viso scorsi i pon pon rosa di pelo delle ciabattine di mia suocera. Dall’apertura anteriore, dita dalle lunghe unghie pittate di rosa fucsia spuntavano aggressivamente. Ebbi modo di osservare alcuni anellini alle dita, prima di realizzare che proprio di fronte e me, ancora inginocchiato a terra, mia suocera in piedi si stagliava, sovrastandomi.

“Che fai lì?! Quando sei entrato?!” mi apostrofò lei con arrogante nervosismo.
“Sono appena entrato” balbettati io avvampando di vergogna, senza neppure il coraggio di alzare lo sguardo. “Ho fatto piano per non svegliare lei e sua figlia, pensavo dormiste già…” soggiunsi.
Osai alzare lo sguardo verso di lei, accigliata mentre la preoccupazione di essersi fatta scorgere da me intenta a masturbarsi come una troia in calore svaniva, lasciando spazio ad una altera sicurezza.

Seguii il suo sguardo indagatore percorrere tutto il mio corpo, con severità, per poi fermarsi sulle mie mani, ancora a terra, stringendo il fazzoletto, in prossimità della pozzanghera.
Balbettando tentai di rispondere al muto interrogativo: “Ho scorto questa macchia a terra, forse il gatto non so, volevo pulire…”
Mi guardò incredula, come si guarda un idiota:
“Dai qua, faccio io”. Si accucciò a terra, a quattro zampe, proprio di fronte a me, in identica posizione, mi tolse il fazzoletto umido di mano.

“E’ un lavoro da donna. In fondo sono sempre la mamma, no?!” E abbassò il viso verso il pavimento, ma continuando a fissarmi negli occhi con intensità. Io ricambiai lo sguardo, ma per poco: non riuscii a trattenermi dal volgere la mia attenzione altrove: in quella posizione la succinta camicia da notte ricadeva verso il basso e un incredibile flaccido seno si mostrava a me completamente scoperto, penzolando verso il basso. Non potevo distogliere lo sguardo dalla sua scollatura, pur conscio che lei e ne era accorta.

Strofinava con intensità la macchia, e le tette sobbalzavano vistosamente, i capezzoli a strofinarsi comtro il tessuto esile della camicia da notte: una visione difficile da sostenere, tanto che feci per alzarmi, ma peggiorai la situazione perché issatomi sulle ginocchia le palesai, a una spanna dal suo viso, che la cerniera dei pantaloni era ancora abbassata, e un consistente turgore si stava già sviluppando.
Il suo sguardo mutò registro, mentre un sorriso beffardo compariva, e lei, maliziosa, sussurrava: “Meglio pulire, pulire a fondo, non lasciare traccia…”
E chinandosi ulteriormente, il naso a due dita dalla moquette, pareva annusare con intensità: mi avrebbe scoperto?

Mi alzai, feci due passi, chinai lo sguardo ad osservarla: china, a quattro zampe, il viso presso il pavimento, il bel culo proteso verso l’alto, verso di me, intenta a pulire a terra, la sua vista continuava ad eccitarmi: avevo voglia di lei, ero pazzo di desiderio, avrei fatto qualunque cosa per metterle in bocca il serpente caldo che si agitava tra le mie gambe.

In bocca, la sua lingua a lavorami l’asta, con la cappella conficcata in gola, soffocarla di carne e di sperma…
Ma anche in culo, quel culo sodo che si agitava sotto di me, lo sfintere stretto, mai violato, ma certamente caldo e accogliente, con lei che strillava per il mai provato piacere della penetrazione anale. Ma distogliere lo sguardo dal culo non mi aiutava: ecco lì sotto le belle gambe, ripiegate sulle ginocchia, ecco i piedi ancora calzati nelle ciabattine, le punte conficcate a terra, i calcagni esposti verso l’alto, verso il mio sguardo avido.

Oddio i calcagni, la mia passione: quei calli gialli e induriti, rugosi, le piante esposte…, come resistere, sentivo già l’odore, fetido, inebriante…

Mi mossi ancora verso di lei, che alzò lo sguardo, lo fissò sul mio pacco evidente: attraverso la fessa aperta doveva già scorgere l’asta fuoriuscita dalle mutande.
Capii finalmente che anche lei non poteva più resistere: “Pulire fino in fondo” mormorò terminando l’operazione. “Che tua moglie non trovi traccia…” sorridendomi perversa mentre io, irresistibilmente attratto, inesorabilmente mi avvicinavo, a lei che ora, in ginocchio, il viso all’altezza del mio pacco rigonfio, non pareva avere occhi che per lui…
Continuavo ad avanzare, lentamente, ora la sua bocca era a solo pochi centimetri, cosa potevo fare?
Non feci niente, fece tutto lei: finalmente, sempre sorridendo, con gesto che anelavo da tempo, allungava la mano dalle unghie adunche, dritta dentro la fessa dei pantaloni, a ghermire il palo caldo tra le mie gambe, estraendolo, quasi strappandolo dai miei indumenti.

Un balzo e gli fu addosso, d’un colpo lo infilò nella vorace bocca, che rumorosamente prese a lavorare di lingua e di labbra, strappandomi un gemito, che entrambi tememmo potesse svegliare la moglie e figlia (rispettivamente), tant’è che senza smettere nemmeno un istante di spompinarmi, mi rivolse uno sguardo assai severo.
Io ero in estasi, incredulo ancora di ciò che stava accedendo: sesso con la suocera, sesso sfrenato senza limiti, la troia matura, la madre di mia moglie, a casa mia, che mi succhiava assatanata l’uccello, mentre sua figlia, mia moglie, dormiva ignara al piano di sopra.

Credevo di sognare. Ansimavo, guardandola estasiato, mentre le sue labbra e la sua lingua scorrevano lungo la mia asta turgida, strappandomi altri gemiti di piacere e desiderio.
“Cosa vuoi, cosa desideri?” mi sussurrò, roca, sfilando per un attimo la carne dalla bocca.
Esitai solo un attimo: “I piedi, la prego, i suoi piedi…” rantolai implorando.
Mi sorrise perversa, con compiacimento: “E come li vuole, il mio schiavetto: calzati, o nudi?”
Maledetta troia, molto più navigata di quel credessi: “Prima calzati, poi nudi…”, senza più dignità,
“La prego…” implorai ancora.

“Certo” concesse divertita: si rivoltò sul pavimento, sulla schiena, ripiegò le gambe e allungò i piedi verso il mio ventre, mentre la vestaglia le si apriva sul davanti.
Sembrò ripensarci, poggiò i piedi a terra, fece per alzarsi, mentre io la guardavo con desiderio.
Tolse la vestaglia, sfilò la camicia da notte, restò nuda dinnanzi a me. Infine raccolse la vestaglia e la reinfilò. Sorridendomi fece qualche passo, ancheggiando su quei tacchi, si portò presso il tavolo di cristallo dove ogni mattina, con mia moglie facciamo colazione, e vi issò a sedere, le gambe penzoloni, i piedi che facevano un meraviglioso dangling con le ciabattine di pelo rosa.

Distese un braccio verso di me allungò l’indice inanellato con segno di imperio, mi impose di inginocchiarmi di fronte a lei. Io obbedivo in estasi.
Allungò i piedi calzati a cingere la mia asta, e cominciò un lento massaggio. Io ansimavo, rantolavo, godevo senza ritegno. Se alzavo lo sguardo, di fronte a me, all’altezza dei miei vedevo la cosce divaricate, e in mezzo la sua grande spacca dilatata dal desiderio, il sugo che colava imbrattando il cristallo del tavolo da colazione.

E sopra il cespuglio argenteo il ventre dalla pelle cadente che ansimava al ritmo del suo desiderio. E ancora più in alto il volto della dea del sesso, stravolto dal desiderio di me, del suo genero, della mai carne ardente.

Ma in realtà mi era quasi impossibile distogliere lo sguardo dal basso, da ciò che vedevo tra le mie gambe: dove un palo rigonfio, la pelle tesa allo spasimo, solcata da grosse vene bluastre, sobbalzava, come dotato di vita propria, tra il sapiente strofinio di due ciabattine calzate dai piedi di mia suocera.

Non riuscivo a lasciare lo sguardo dalla mia cappella turgida che spariva e ricompariva tra la pelliccia fucsia e le dita dalle unghie pittate.
Ero quasi all’apice del godimento quando la suocera sfilò le ciabattine, le lasciò cadere a terra, e restò con i piedi nudi.
Li lasciò lì per un lungo istante, sospesi a mezz’aria, mentre io ansimando come un mantice, anelavo ogni suo gesto, poi mi appoggiò le piante sul ventre.

A quel contatto sobbalzai: non potevo più resistere. Afferrai saldamente le sottili caviglie di mia suocera, godendo nel contatto di quella pelle tesa e un po’ rugosa tra le mie dita, poi con decisione portai quelle favolose piante rugose al mio viso, al mio naso, alle mie labbra.
Ero come impazzito di desiderio: baciavo, leccavo, inspiravo, le labbra a sfiorare i suoi calli, la lingua ad infilarsi in ogni pertugio, il naso avido a insinuarsi tra le sue dita, all’attaccatura, dove più intensi percepivo il fetido olezzo delle sue mature estremità.

Lei mi lasciò fare, gemendo di eccitazione, per lunghi istanti.
Poi ritrasse a sé le gambe e sollevò le estremità verso l’alto.
Per non perdere il contatto mi alzai in piedi, mi avvicinai, sempre di più, e infine con la cappella rigonfia e paonazza, sentii il contatto, prima del cristallo freddo, poi della morbida, fradicia bollente spacca di mia suocera.
Muggendo come un toro appoggiai la punta del mio palo contro la carne tenera e ardente, fradicia e accogliente: senza alcuno sforzo la penetrai, mentre lei si lasciava sfuggire uno strillo acuto di piacere che dovette svegliare tutto il vicinato, per non parlare di mia moglie che dormiva (?) di sopra.

Lei sdraiata sul tavolo di cristallo, le gambe a squadra a premere le piante contro il mio viso e la mia bocca, il ventre avido pieno del mio membro, la bocca a mordersi una mano per non urlare, e io in piedi stravolto dal desiderio, a pompare come un forsennato nella fica della madre di mia moglie, mentre inalavo, ebbro di piacere, i miasmi dei suoi piedi maturi e puzzolenti, incapace di trattenere rabbiosi muggiti di godimento, fino a che, finalmente, un esplosione di liquido caldo si spandeva nell’ampia vagina della matura suocera.

Continuavo pompare anche dopo aver goduto, tanto avevo voglia di prolungare quel contatto, anche se lei, sconvolta dall’orgasmo si era rilasciata, e giaceva spossata sul tavolo di cristallo, la testa ripiegata da un lato, un mezzo sorriso di profonda soddisfazione sul viso.
Ansimando ancora per lo sforzo ed il piacere mi abbandonai anch’io su di lei, il viso tra il suo seno, e per la prima volta mi imbarazzai per quel contatto intimo.

Lei allungò una mano per carezzarmi la testa: “Caro, sei stato proprio bravo, hai fatto contenta la mammina… Mia figlia mi ha sempre detto che ci sapevi fare, ero proprio curiosa di sperimentarlo…”
Arrossii pensando alle confidenze che una madre e una figlia si possono scambiare: “Beh”, balbettai imbarazzato “Lei è una donna talmente sensuale…”.
Mi alzai, gli occhi bassi, lo sguardo a percorrere quel corpo che mi aveva procurato tanto desiderio e tanto piacere: matura e sensuale, splendida donna.

“Temo che ora non sarà più lo stesso. Vivere fianco a fianco, intendo. ”
“Già” mormorò lei fissandomi, e sembrava ancora desiderosa, mentre si leccava le labbra. “Ora non sarà facile resistere”.
“No davvero” approvai io, e già volgevo il pensiero alla possibilità di penetrare anche il suo anfratto più recondito, quel pertugio stretto che le sue natiche ampie, dalla pelle un po’ cadente, circondavano…
“Beh, ora vai su, in camera: magari tua moglie non dorme e vorrà la sua parte”
Per la prima volta non fui terrorizzato al pensiero che mia moglie venisse a scoprire quello che era successo.

Ormai avevo allentato tutte le inibizioni, e il pensiero che lei, magari, si potesse unire, con perversa passione ai nostri futuri amplessi…, mi veniva già duro al pensiero: mia moglie a spompinarmi come una troia mentre io succhiavo i piedi di sua madre…, che sogno!
“Vai su, che è meglio!” insistette la suocera ammiccando, “Vai da tua moglie…”.
“Quanto a me, presto mi trasferirò di nuovo a casa mia. I lavori sono prossimi al termine”.

E intuendo la mia delusione, mormorò con un mezzo sorriso eloquente: “Quando ti fa piacere, vienimi a trovare, caro: sarò davvero felice di accoglierti”.

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