La sottomissione della maestrina

Chiara venne avvicinata dal bidello nell’intervallo: “Quando finisci il turno, prima di pranzo, passa dal Preside. Ti vuole parlare. ”Chiara naturalmente lo sapeva. Le era già arrivata una raccomandata dieci giorni prima, quel colloquio riguardava il suo futuro ed in particolare la possibilità di un impiego a tempo pieno nelle scuole elementari della sua città. Sapeva che l’ago della bilancia era il suo preside, un uomo misterioso che nessuna maestra riusciva ad inquadrare. Pur essendo in quella scuola da più di un anno nessuno poteva dire di aver avuto diverbi con lui.

Era pacato, calmo e incuteva sicurezza. Oltre a ciò il fatto che fosse un uomo alto, brizzolato e in forma nonostante la cinquantina incuteva molto fascino, soprattutto pensando che fosse single. Chiara si era vestita meglio che poteva, la sua situazione economica non permetteva di avere troppi vizi, ma aveva tirato fuori degli stupendi pantaloni neri ed una camicetta bianca leggera. Al mattino si era alzata presto per farsi bella e ora si guardava rapidamente allo specchio dei bagni.

I pantaloni uniti al leggero tacco nero mettevano in risalto il suo culo perfetto e le sue gambe lunghe, si crucciava di non avere molto seno per metterlo in mostra. Di cosa poi si crucciava? Una donna di 28 anni come lei, tutta casa, chiesa ed oratorio non sarebbe mai stata a suo agio con le tette in mostra. Per lei era già molto, forse troppo svestita così, coperta da una camicetta. Mentre camminava verso lo studio si disse che da quel colloquio passava gran parte della sua vita.

Doveva andare bene, doveva. Bussò. -Avanti. La voce calma del preside la convinse ad aprire la porta, si presentò e si sedette sulla sedia di fronte all’uomo dopo un suo invito. -Signorina la trovo splendida oggi, come si trova in questa scuola?Chiara si sentì arrossire per il complimento, era una bellissima ragazza ma sembrava sempre volerlo nascondere con i suoi abiti trasandati. Rispose che per lei era il luogo ideale dove lavorare, vicino a casa, pieno di amiche come colleghe e con tanta gioia negli alunni.

Voleva far bella impressione e il preside non mancò di incoraggiarla. -Come saprà abbiamo avuto direttive dalla direzione provinciale, è necessaria una variazione del personale sia per quanto riguarda le entrate che le uscite. Come saprà sono necessarie assunzioni a tempo indeterminato ma anche licenziamenti. Chiara si sentì gelare. Licenziamenti? Lei era convinta di essere lì per un assunzione definitiva. -Signor Preside, la prego io ho bisogno di questo posto. Sono sposata e copriamo appena l’affitto io e mio marito.

Poi sa, abbiamo appena fatto un mutuo per comprare un camion… Mio marito lavora per la ditta di suo fratello, magari lo conosce…-Si certo signorina N. ho presente. Tuttavia la situazione non è rose e fiori neanche per quanto riguarda mio fratello. Chiara era sempre più terrorizzata. Non sono rischiava il posto lei, ma pure il marito. Come avrebbero pagato il mutuo?-Mi dica Signorina- proseguì con voce suadente l’uomo in giacca e cravatta- cosa sarebbe disposta a fare per salvare la sua vita?Chiara non capiva cosa volesse dire quell’uomo, ma la sola cosa da dire in quel momento era “Qualsiasi cosa”.

Si dipinse un ghigno sul volto del preside Mattei. -Vede, suo marito ha avuto una grave mancanza sul lavoro. Mio fratello me ne ha parlato tre giorni fa, lei ne sa nulla?Chiara rispose di no, non le aveva detto nulla, anche se il marito era rimasto molto taciturno negli ultimi giorni. -Ha causato una perdita da circa duecentomila euro. Mio fratello voleva licenziarlo all’istante ma l’ho convito a prendere tempo visto che avevo un colloquio con lei oggi.

-Ci vuole licenziare entrambi?Mattei rise. -Vede è per questo che ho voluto aspettare. Lei ha la possibilità di farsi assumere a tempo indeterminato e di salvare suo marito, oppure di far crollare tutto il vostro mondo. Chiara aveva la gola secca. -Cosa devo fare?Il preside camminava per il suo studio intorno a Chiara. Lasciò passare qualche secondo di silenzio dopo la sua domanda prima di avvicinarsi a lei e posarle una mano sulla spalla.

-Signora N… posso chiamarla Chiara?-Certamente, come preferisce dottore. -Lei è una bellissima donna. L’ho notata da diverso tempo. Questo nonostante lei non faccia poi di tutto per farsi notare. Mentre parlava accarezzava la spalla della donna con una mano, toccando il collo. -Vede io la desidero. La desidero da molto tempo e non è un caso che suo marito non sia stato licenziato. Ho dovuto insistere personalmente con mio fratello. -La ringrazio molto dottore… ma non capisco proprio cosa voglia da me.

Chiara cominciava ad agitarsi sulla sedia. -Sarò schietto e sincero mia cara Chiara. Io voglio lei e la voglio oggi. Voglio che lei si conceda a me in questo studio, questa sera. Chiara sbiancò. Non poteva credere alle sue parole. -Naturalmente dopo il rapporto lei sarà assunta a tempo indeterminato, anche con un cospicuo aumento… Lo stesso accadrà con suo marito, mio fratello mi deve un favore e sarà una bazzecola. Voglio solo che lei capisca una cosa: tutta questo rimarrà tra noi due e noi due soli, nessun altro lo saprà mai.

Lei e suo marito sarete sistemati per la vita con ottimi stipendi e senza pensieri legati al mutuo. Chiara rimase in silenzio sconcertata. -Immagino voglia sapere anche cosa accadrà se lei dovesse rifiutare la mia proposta o spifferare questa conversazione in giro. Chiara spostò appena la testa verso di lui per fargli capire di proseguire. -Lei verrà scartata e di conseguenza ricomincerà a fare concorsi in giro per l’Italia. Il tutto mentre suo marito verrà licenziato all’istante.

Non ci saranno difficoltà visto cosa ha combinato. Il mutuo rimarrà da pagare e si prenderanno la casa dei suoi genitori, facendo andare anche loro in mezzo ad una strada, dopo una vita di sacrifici. -So che è una scelta difficile ma vedrà che le basteranno poche ore per decidersi. Oggi lei finisce alle 16… se verrà in questo studio alle 16:15 saprò che accetta la mia proposta, altrimenti prenderò i provvedimenti necessari. Chiara aveva le lacrime che le rigavano il volto.

Si prese il viso tra le mani mentre crollava davanti all’uomo. -Perché mi fa questo?? Perché?- chiese disperata. -Non le mentirò, perché sono abituato ad avere ciò che voglio. E io voglio lei Chiara, la voglio da mesi. L’unica cosa che posso assicurarle è che le farò provare un piacere che lei mai ha immaginato. Erano le 15:50, Chiara aveva fatto lezione ai bambini per un’ora e mezza dopo pranzo senza rendersi conto di cosa spiegasse… Si era asciugata le lacrime e sembrava la stessa persona della mattina.

Aveva in testa il dottor Capri. Lo odiava e ogni volta che pensava al suo volto mentre le chiedeva, anzi ordinava, di farsi scopare da lui, una vampata d’odio la incendiava. A malincuore sentì la campanella suonare. Attese che tutti i bambini uscissero, poi si diresse verso la sala insegnanti dove tutti fuggivano via come se avessero spaccato pietre tutto il giorno. Si diresse verso il bagno, chiuse a chiave e dirigendosi verso il lavandino si sciacquò il viso.

Davanti allo specchio si fissò. Sapeva cosa avrebbe risposto. Lo sapeva da quando era uscita da quello studio. La sua vita era a scuola, a casa e in chiesa. Avrebbe continuato con l’oratorio e magari fatto qualche penitenza in più. Tutto però passava da un pomeriggio. Sapeva da subito che avrebbe accettato la sporca proposta del preside. Un pomeriggio per essere sistemata per la vita, la scelta da fare era evidente. Si aprì un po’ di più la camicetta… il reggiseno si intravedeva.

Decise di toglierselo. Ora con un bottone in meno era davvero sensuale… era bellissima. Uscì con la sua borsa in mano, per fortuna non incontrò anima viva. Alle 16:15 in punto era davanti allo studio del preside. Prese una boccata d’aria e bussò. Il preside Capri sapeva cosa faceva quando proponeva a Chiara di offrirsi a lui. Era vero che la desiderava da tempo, come un leone desidera la gazzella appena la vede correre.

Chiara era il tipo di donna che piaceva a lui: timida, fisico magro con un culo da favola e soprattutto santarellina. Sapeva che era nel giro dell’oratorio e che probabilmente nella sua vita era stata solo con suo marito, in un noioso alternarsi di baci e posizione alla missionario. Lui adorava dominare le donne come lei. Soprattutto amava ricattarle. Seppe che avrebbe accettato non appena Chiara uscì dallo studio. Per cui si adoperò per nascondere tre telecamere.

Ci vollero quasi due ore prima che le mascherasse bene tra i libri o dentro una borsa sulla scrivania, ma alla fine il set del suo personale porno era pronto. Erano le 16:05, così decise di sedersi sulla poltrona ed attendere la giovane donna. Toc-Toc. -Avanti. Chiara entrò con il cuore che le martellava il petto. -Vedo che ha preso la sua decisione… si sieda pure Chiara. Mentre Chiara si sedeva lui si alzò e molto lentamente si diresse alla porta per chiuderla a chiave.

Poi le arrivò vicino. A questo punto la donna si alzò di colpo e si gettò su di lui baciandolo sulla bocca… Valerio Capri si aspettava qualcosa del genere per cui accettò la sua lingua in bocca approfittandone per posare le sue mani sapienti sul culo di lei… coperto appena da neri pantaloni aderenti. Poi la staccò da sé rimanendole vicino. -Chiara, voglio darti le mie regole e voglio che sia chiaro che le dovrai accettare.

-Punto primo, vorrei continuassi a darmi del Lei. -Punto secondo, voglio sia chiaro che qualsiasi cosa io ti chieda oggi pomeriggio tu dovrai farla, senza esitazioni. -Terzo ed ultimo punto: voglio che mi fissi negli occhi e mi dici “Sono la tua troia”. Chiara si aspettava e accettava i primi due punti ben sapendo cosa le toccava, ma rimase basita alla terza richiesta. Mormorò un “sono una troia” piano vicino a lui e sentì dolore quando arrivò un suo sonoro schiaffo sul suo culo seguito da una richiesta a dirlo più forte.

“Sono la tua troia, ti voglio e voglio che mi scopi… per un lavoro questo e altro” Chiara si stupì del volume a cui disse quelle parole e si stupì di averle pronunciate subito. Evidentemente era già alla sua mercé. Valerio apprezzò molto che la donna avesse rinunciato alle lacrime, l’avrebbe costretta comunque ma le odiava. La fissò negli occhi e le prese una mano, se la portò sul cazzo duro coperto dai pantaloni e le ordinò di inginocchiarsi.

Chiara non aveva mai fatto un pompino in vita sua, però non oppose resistenza. Scese con le ginocchia fino al pavimento, poi con le mani tolse la cintura all’uomo e con modi delicati abbassò i pantaloni, trovando un cazzo senza mutane ad attenderla. Lo prese in mano e si trovò a fissarlo stupita. Era completamente depilato e durissimo, a stento riusciva a chiudergli la mano intorno. Sarà che nella sua vita aveva sentito solo il pene di suo marito (peraltro senza mai vederlo con la luce accesa), ma quel cazzo le incuteva timore, curiosità e, come constatò odiandosi, eccitazione.

-Avanti, prendilo in bocca. Chiara non finse neanche di non aver sentito. Con le ginocchia a terra avvicinò la bocca e fissando quel palo adagiò le labbra su di esso. Non poteva dire che profumasse, ma era un sapore piacevole, soprattutto era liscio a contatto con la sua lingua. Mosse la testa avanti ed indietro sperando di essere nel giusto, poi però le arrivò la prima critica:-Scommetto che è la prima pompa che fai in vita tua, devi segarlo con le labbra facendo avanti ed indietro, ma leccalo con quella bella lingua che ti trovi.

Poi usa un po’ le mani, le mie palle vogliono essere coccolate. Chiara memorizzò velocemente i consigli, con la lingua cominciò ad avvolgere il cazzone mentre oltre ad aventi ed indietro se lo portava sulle guance e succhiava. Con le mani massaggiava le palle e si trovò a sentirsi soddisfatta quando di sua iniziativa leccò le palle dell’uomo sentendosi fare i complimenti. Valerio seppe di aver scelto la donna giusta fin dal primo pompino.

Chiara era visibilmente impacciata all’inizio ma adesso stava tirando fuori la sua troiaggine repressa. Il tocco della lingua sulle palle gli aveva causato un brivido e la donna aveva una bocca immacolata di velluto, il pompino si stava rivelando spettacolare, però voleva portarla un po’ all’estremo. Afferrò la testa di Chiara con entrambe le mani, lei si trascinò con il cazzo in bocca sulle ginocchia per prendere meglio la posizione, credette volesse solo spostarla ma ritornò alla realtà quando sentì che il preside Capri le stava dando un nuovo ritmo.

La teneva per la testa e faceva andare il cazzo fino alla gola della donna. Sentiva i conati di vomito per quel mostro a contatto con le tonsille vergini. Non pago l’uomo aumentò l’andatura, sembrava la volesse scopare in bocca ma lei non resisteva. Cercò di staccarsi ma in cambio l’uomo strinse ancora di più la testa ed aumentò il ritmo. Sentiva il cazzo pulsare sempre più e ingrossarsi nella sua bocca. Lo sentì forzarle la gola nel tentativo di farlo entrare in tutta la sua lunghezza.

Una lacrima le rigò il viso ma si rese conto che il peggio doveva arrivare quando sentì i gemiti dell’uomo con il cazzo ancora ben piantato in bocca. Arrivarono i primi fiotti di sborra bollente a inondarle la gola. Spalancò gli occhi e guardò il suo padrone. -Ingoia troia. Le scesero le lacrime a quell’epiteto ma si costrinse a chiudere gli occhi per concentrarsi sullo sperma da ingerire. L’uomo arretrò un po’ con il cazzo per aiutarla ad ingoiare e quando fu sicuro che la bocca fosse libero si scansò da lei.

Immediatamente Chiara aspirò tutta l’aria che poteva, sentì il piacere del respiro. Alzò la testa e disse che lei non era una troia, ma immediatamente si tranquillizzò alla vista del cazzo dell’uomo ancora perfettamente ereto di fronte a lei. -Voglio che ti metti a 90 sulla scrivania. -Voglio che si metta un preservativo. Chiara fece la sua prima richiesta. L’uomo rise. -Qui le regole le detto io. -Questa è la mia unica richiesta, altrimenti prendo e me ne vado anche senza lavoro.

Valerio Capri pensò che in fondo poteva divertirsi ancora di più, accettò, ma a patto che lei gli mettesse il preservativo tenendolo sulle labbra. Chiara non aveva ben chiaro cosa volesse dire ma si stupì che non fosse nulla di particolarmente difficile. Teneva il preservativo tra le labbra, il preside le avrebbe infilato il cazzo nuovamente in bocca e sarebbe entrato nel preservativo. In fondo glielo aveva appena succhiato, poteva essere peggio?Capri si sedette sulla sedia e attese che la maestrina buttasse la sua bocca dorata sul suo cazzo.

La ammirò mentre con le narici sentiva l’odore dello sperma di cui era impregnato il suo cazzo, e sentì come con la lingua cercasse di aggiustarlo bene. Alla fine fu stupito della sua bravura. Chiara vedendo che il preservativo era ben fissato si mise finalmente a 90 sulla scrivania. Era stato umiliante doversi spogliare completamente di fronte all’uomo che a sua volta era con la sola camicia. Ora aveva le tettine a contatto con il freddo legno della scrivania, e il culo esposto oscenamente come una puttana.

Capri aveva di fronte a sé uno dei più belli culi mai scopati, ne tastò la consistenza con le mani e lo trovò perfetto. Con le dita passò sul suo ano trovandolo pulito e strettissimo, solo a toccarlo la ragazza ebbe un tremito. Poi scese alla figa, e la trovò un lago. -Vedo che in fondo ancora voi maestrine casa e chiesa amate godere nel farvi sottomettere. -Per favore… mi scopi senza aggiungere altro- lo supplicò Chiara, imbarazzatissima.

A questo punto Valerio Capri fece quello che gli veniva meglio: il bastardo. La maestrina guardava di fronte a sé attendendo il cazzo, allora lui si sfilò velocemente il preservativo buttandoselo dietro e, dopo aver appoggiato il cazzo sulla figa fradicia, la penetrò. Chiara non notò alcuna differenza presa com’era da quel cazzo enorme dentro la sua figa. Si sentì immediatamente piena e le venne da inclinare la schiena per l’ingombro. Trovò le braccia sapienti di Capri a tenerla schiacciata alla scrivania, per poi passare ai suoi fianchi e afferrarli mentre le imponeva un ritmo forsennato di penetrazione.

Chiara letteralmente si reggeva alla scrivania, con le mani si teneva ferma mentre sentiva quel cazzo enorme e sapiente sconquassarle la figa. Era piena, era fradicia, il pene scorreva come un coltello bollente nel burro, non era mai stata scopata così. -AAAAAAA. Si ritrovò in pochi minuti ad esplodere in un urlo liberatorio, per la prima volta in vita sua era venuta e non era più in sé. Capri continuando a fottersela le afferrò i capelli con una mano e la tirò a sé violentemente, all’orecchio le disse maleficamente “Lo sapevo che eri una cagna nata, senti come vieni mentre ti fai scopare per un lavoro, lo sai come si chiamano quelle come te? Si chiamano puttane, e tu sei una gran puttana!”.

Chiara sentiva grondare umori mentre quell’uomo, normalmente così elegante e pacato, la insultava e la scopava senza allentare quel ritmo sfrenato. La spinse nuovamente a contatto con la scrivania, dava colpi talmente decisi da spostare il mobile in legno e causarle ogni volta che arrivava al fondo un urletto. Alla fine non resse neanche più il casanova Capri, con un urlo liberatorio sentì arrivare lo sperma, proprio mentre sentiva Chiara esplodere in un secondo orgasmo.

La maestra presa com’era dal suo godimento ci mise un attimo più del dovuto a realizzare che la sua vagina stava accogliendo un’ondata di sperma bollente. Quando se ne rese conto, a figa ormai piena, si liberò dalla presa dell’uomo ormai sazio e vide il preservativo buttato a terra. -Sei un bastardo! Il preservativo! Come cazzo ti sei permesso di venirmi dentro??-Signorina N. la ricordo che lei deve SEMPRE darmi del Lei, ad ogni modo vedo che ha apprezzato il trattamento.

Chiara si infilò velocemente le mutande e mentre si chinava per raccogliere pantaloni e camicetta con il viso rigato dalle lacrime sentì uno schiaffo sul culo. -Si consideri assunta a tempo indeterminato, ora se ne vada. Vestita a caso Chiara uscì e si sbattè la porta dietro mentre si dirigeva verso i bagni per pulirsi. Valerio Capri appena uscì la donna si diresse con calma alle telecamere e le spense, poi, ancora nudo, si sedette e compose un numero al cellulare.

-Ciao fratellino, ho appena finito con la ragazza. E’ meglio di quanto pensassi, vedrai che ci divertiremo. Agganciò e sorrise pensando a come si sarebbero divertiti lui e il fratello. I sadici fratelli Capri. Chiara cercò di far uscire più sperma che poteva ma non era comunque tranquilla. Arrivata a casa si lavò con calma e cercò di non pensare al godimento che aveva provato. Si vergognava e non sapeva come avrebbe potuto guardare in faccia suo marito.

Alla sera arrivò Carlo, suo marito, e la serata fu di festeggiamenti in quanto oltre a Chiara anche Carlo aveva ricevuto un contratto a tempo indeterminato. Chiara pensò che in fondo il preside Carpi era stato di parola, per cui cercò di essere spensierata e felice quella sera. Andati a letto il marito le disse che voleva fare l’amore. -Carlo… ora che siamo sistemati, che ne diresti di farlo senza protezione?Chiara in realtà voleva farsi venir dentro per paura di rimanere incinta senza essere stata penetrata dal marito, ma Carlo era troppo emozionato per rendersene conto o farsi domande.

Carlo però non era bello come Valerio, era cicciottello e stempiato nonostante i trent’anni. Sudava mentre le stava sopra a missionario e Chiara non provò alcun piacere né mentre la scopava, né mentre le veniva dentro. -Amore, è il giorno più bello della mia vita. Carlo si addormentò di fianco alla moglie dopo averle sussurrato queste parole dolci. Chiara si sentì in colpa. Non tanto per il tradimento, quanto perché il sesso di quella sera era stato ridicolo a confronto di quello fatto nello studio del preside.

Michela e Silvia in un gioco bondageMichela spense il pc dell’ ufficio assai presto quella sera, era stata una giornata che come tante altre in quello studio non le aveva richiesto un impegno particolare. Da qualche giorno le sue incombenze professionali non le davano davvero pensiero, e anzi erano proprio i pensieri che questo vuoto lavorativo produceva a rimescolarle l’ animo come mai le era accaduto prima d’ allora. Si guardò le calze a rete a intreccio per trovarvi qualche improbabile smagliatura e diede un occhiata agli scarponcini griffati col tacco basso che portava da qualche tempo, domandandosi perché e in quale modo si fosse convinta a non indossare più i suoi amati texani originali che d’ inverno erano un suo marchio di garanzia per la sua immagine pubblica.

Uscì e si avviò verso il metrò quando ancora non erano le sei di sera. Quel giorno in ufficio era stata sola fin dal primo mattino e un sottile senso d’ angoscia si era fatto strada nella sua mente nonostante le molte telefonate di lavoro non la lasciassero mai veramente sola. Capiva che la sua ansia derivava dal fatto che avrebbe voluto che loro fossero lì assieme a lei, perché tra tutti i pensieri che le affollavano l’ animo inquieto il più impellente era sapere dove loro fossero e soprattutto sapere quando li avrebbe rivisti.

Era stata assunta come collaboratrice nel piccolo studio legale da appena un mese, ma gli eventi che in questo breve lasso di tempo erano successi, anzi LE erano successi come si stava abituando a pensare, non erano proprio quelli che si sarebbe aspettata da un esperienza professionale da cui si attendeva molto in termini di dare e avere a livello formativo. Al primo colloquio si presentò in un look abbastanza sobrio per quanto glielo permettesse la sua fisicità che non passava di certo inosservata.

Gli immancabili texani le fasciavano le gambe tornite al punto giusto ma piuttosto snelle, come rivelava anche l’ ondeggiare della gonna verde oliva sopra il ginocchio. Aveva deciso per una camicetta bruna non molto aderente invece di un maglioncino scuro più adatto alla circostanza e alla stagione, ma sapeva bene quanto solitamente la imbarazzasse ad un primo incontro il suo seno più che abbondante una volta racchiuso e stretto in vesti troppo attillate. I lunghi capelli castano scuri raccolti in una semplice coda le davano un aspetto abbastanza professionale e poco incline alla tentazione della seduzione.

Era piacente in viso e sapeva di esserlo, ma di quella bellezza più popolana che raffinata, non avrebbe mai posato per un provino di uno stilista ma in compenso attirava a sé in ugual misura l’ attenzione di uomini e donne ammirati dalla sua indubbia femminilità che uno studioso d’ immagine avrebbe definito “mediterranea”. Venne ad aprirle un uomo di media età, alto e leggermente brizzolato, la cui voce maschia e i modi diretti non mancarono di darle quel primo click positivo nella sua esigenza di fotografare mentalmente questo nuovo possibile soggetto di convivenza quotidiana.

Non si poteva dire né bello né brutto, e Michela lo etichettò subito come quel “tipo” di uomo in cui il fascino esteriore era più determinato dai modi e dalle movenze che dal puro aspetto estetico, e comunque formante un insieme che trovò da subito piuttosto armonico e, forse, attraente. Il colloquio con Giulio fu alquanto lungo ma grazie alla pacatezza della conversazione di lui Michela non trovò alcuna difficoltà ad esporre le sue credenziali e a rispondere alle numerose domande che il noto avvocato ebbe la pazienza e la determinazione di porle.

Di certo, si disse, era un uomo assai puntiglioso e di conseguenza esigente sul lavoro. Bene, era pronta ed era quello che cercava, le esperienze precedenti le avevano finora lasciato pochi guadagni materiali e cognitivi ed in compenso la certezza di non avere alcuna certezza per il suo futuro al foro. Durante la conversazione ebbe modo di valutare quella che era una delle cose fondamentali per lei al lavoro, cioè la sua capacità di piacere e la disposizione del suo interlocutore alla volontà seduttiva.

Sapeva bene che non le sarebbe piaciuto accasarsi né con un uomo di cui già da subito intuiva che un giorno o l’ altro ci avrebbe provato, né con un soggetto troppo freddo e indifferente che le avrebbe reso le giornate meno piacevoli e soprattutto prive di quel calore umano, che, diamine, le serviva sempre per sentirsi viva. In questo senso fu soddisfatta dall’ incontro, Giulio le diede l’ impressione di un uomo-uomo, a cui certo piacevano le donne ma i cui modi non lasciavano mai filtrare una parola o un minimo accenno extra-professionale alla sua persona.

A contribuire a darle una buona impressione fu anche la foto che campeggiava sulla scrivania di fronte a lei e che ritraeva una donna dai tratti raffinati e dall’ apparente età di 30-35 anni, quindi di qualche anno più giovane di lui. Nei tratti del viso a colpirla furono soprattutto gli occhi azzurro intenso di lei e lo sguardo enigmatico. Aveva capelli biondissimi, certamente tinti, che si intuivano essere lunghi almeno come i suoi.

Fu peraltro un po’ sorpresa quando lui le disse che la società la gestiva assieme alla moglie, aveva infatti pensato all’ anziano padre come socio. In verità le venne poi da pensare che avrebbe voluto vedervi anche qualche bimbo in quelle foto da scrivania, ma insomma, si disse, la sue pretese non potevano venire esaudite su tutti i punti!. Infatti l’ accordo che raggiunse con l’ avvocato Degiorgi la soddisfò senza lasciarle dubbi, ed il giorno successivo alle 9 in punto cominciò la sua finora breve esperienza presso lo studio “Degiorgi&Degiorgi”.

L’ attività dello studio consisteva soprattutto in studi di cause in materia di crimini contro la persona ed essendo lei specializzatasi da poco in criminologia legale il suo lavoro si svolgeva soprattutto in ufficio allo studio di referti e alla discussione multimediale con i collaboratori e le controparti. Fu nel primo pomeriggio di quel primo giorno che fece la sua prima conoscenza con la socia al 50% della sua nuova occupazione. Per la verità le ci volle non poco tempo per vederla in quanto appena arrivata in ufficio Silvia, così si doveva chiamare dalla didascalia del ritratto nell’ ufficio di lui, si trattenne a lungo al telefono nel suo studio, separato da quello del marito.

Di sicuro la signora portava tacchi abbastanza alti a giudicare dal rumore dei passi, e lei dalla voce se la immaginò più alta di lei anche in relazione alla statura del marito. Fu perciò sorpresa quando le si presentò nel constatare che le rendeva almeno 10 cm in minor statura, quasi del tutto compensata dal tacco dello stivale che effettivamente doveva essere di almeno 9 cm. Rispetto a lui Silvia si avvaleva di una conversazione assai più lenta e meno cordiale, intervallando spesso pause di riflessione durante il loro primo colloquio nell’ ufficio di Michela.

Rispetto alla foto sulla scrivania la notò cambiata in maniera visibile, forse doveva avere passato da poco i 40 anni e i suoi capelli avevano subito un taglio drastico, ora erano corti e lisci ma sempre biondissimi, e ciò metteva ancor più in luce gli occhi intensamente marini che brillavano di una luce propria e, valutò, assai fredda e distaccata. Ciò che però più la colpì fu il suo trucco curato, non l’ avrebbe mai vista senza mascara e rossetto in tinte marcate e la sorpresero le sue mani, molto belle e curate e con unghie decisamente troppo lunghe per un avvocato, e invariabilmente laccate di rosso vivo.

Indossava una camicetta bianca sotto la giacchetta bruna di velluto, (molto tribunalizia pensò!) mentre non avrebbe definiti forensi i suoi jeans scuri di felpa, molto attillati che evidenziavano forme assai morbide dalla vita in giù. Pensò di primo acchitto che fosse una donna che non indossasse quasi mai una gonna ma come poi avrà modo di provare si sbagliava. Di certo Silvia non doveva avere problemi di reggiseni troppo stretti, si domandò se tra lei e la sua nuova datrice di lavoro ci fossero tre o addirittura quattro taglie di differenza.

Come potè notare fin dai primi giorni l’ attività dello studio legale era suddivisa in modo preciso tra i due soci, e se Giulio si occupava prevalentemente di cause in tribunale Silvia era specializzata alla stesura delle tesi e ai contatti informali con la clientela e gli appoggi esterni. Michela avrebbe quindi passato buona parte del suo tirocinio e quindi del suo tempo fianco a fianco con l’ avvocatessa Degiorgi e con la sua capacità professionale, nonché coi molti difetti, o meglio particolarità, che la Dott.

ssa Silvia metterà presto in luce. Al terzo giorno di lavoro Michela fu convocata nell’ ufficio di Silvia, fu il loro primo vero colloquio riguardante anche temi extra-professionali. , e come seppe col tempo fu solo il primo di una serie di conversazioni a dir poco non convenzionali. “Sai da quanto mi dice Giulio le tue credenziali sono tra le migliori che ci sono pervenute, non solo ora che eravamo in cerca di un collaboratore, ma anche da qualche anno a questa parte.

” Michela si schermì simulando un breve imbarazzo, Silvia continuò: ”Il genere di attività che svolgiamo ha ristretto molto il campo dei candidati , quindi…. credo che a prima vista abbiamo avuto una certa fortuna a trovarti subito e disponibile a tempo pieno”. “Spero di ricambiare questa vostra fiducia, Silvia, per quanto mi riguarda c’è da parte mia una gran voglia di iniziare sul serio in questo ramo”. Passati i complimenti reciproci le due donne si soffermarono brevemente a chiacchierare a largo raggio sulle proprie vite e le proprie aspirazioni, senza mai scendere ovviamente in troppi dettagli personali.

“L’ anno scorso sono passate ben tre ragazze in tirocinio qui, non se ne è salvata nemmeno una purtroppo sai…..” Michela tese le orecchie per un attimo, voleva capire se volesse andare a parare da qualche parte. “Bè questo mi fa presagire che da parte mia sia richiesto un impegno a tutto tondo. Per quanto mi riguarda è quello che cercavo. ” “Non ne dubito, cara…. ” Bene, pensò Michela, la mia nuova avvocatessa-capo ama chiamare le sue tirocinanti “cara”, credo che dovrò farci il callo! Silvia continuò: “L’ ultima laureata che ha lavorato con noi, Lisa, se n’è andata il mese scorso.

Credo che adesso…..si mi pare sia tornata nel suo vecchio studio…..per la verità più che andarsene ho dovuto fare in modo di allontanarla io, diciamo che gliel’ ho fatto capire”. Michela ora era certa che qualcosa bollisse in pentola, e all’ ansia di questa conversazione non prevista si univa la curiosità di sapere, e pensò che il modo migliore era di lasciarla proseguire senza troppe domande. Non si sbagliava, Silvia amava dialogare spesso a una voce sola come avrebbe poi imparato, gradendo solo brevi interruzioni ben giustificate dal dialogo e possibilmente non troppo devianti dall’ oggetto della discussione.

“Un pomeriggio torno in studio senza preavviso dopo un mancato volo per Roma, …. ” Si alzò e con teatralità si preparò ad assumere una posa ben precisa. Mi scostò e si mise col ventre appoggiato sul tavolo, sprofondandosi sempre più quasi ad appoggiarsi verticalmente su di esso. “E la trovo così, centimetro più centimetro meno, con mio marito sulla sedia a leggerle una relazione di lavoro e lei attenta a non perdere una parola.

” Mi guarda come per aspettarsi un commento o una reazione, che mi limito a darle con un accenno con lo sguardo come a dire “Ma va!” “Solo che a differenza di me, quel giorno aveva una mini modello ultrashort e appena entrata dalla porta le potevo vedere anche il mal di stomaco che le prese”. Michela non seppe trattenere una breve risatina di cui Silvia si compiacque, le piaceva raccontare ma soprattutto indurre in reazione positiva la sua interlocutrice.

“E davanti aveva una scollatura sul genere passaggio del Mar Rosso, una tetta era praticamente sul foglio di lavoro”, incalzò senza simpatia. A questo secondo particolare Michela fu più cauta e si limitò ad annuire scuotendo il capo in segno di disapprovazione, poi si sentì in dovere di dire la sua: “Immagino tu sia stata molto felice di trovarli così”, disse ironica. “Oh certo cara, anzi ero tentata di tornarmene quatta quatta sui miei passi e lasciare i piccioncini alle loro cose….

peccato solamente che il mio carattere sia troppo burrascoso per soprassedere a certe situazioni”. “Devo dedurne che quella scena abbia influito negativamente sul vostro rapporto di lavoro”, disse Michela, che in realtà avrebbe voluto chiedere se l’ avesse cacciata subito o con preavviso, ma Silvia la sorprese e la anticipò: “No non è come credi, non feci nulla allora per allontanarla da noi, per quella volta se la cavò con qualche bacchettata”. Bacchettata? Aveva capito bene, non c’ era dubbio.

Pensando si riferisse ad una strigliata morale data quel giorno alla sua collaboratrice non potè trattenersi dal compiacersi con lei per la scelta fatta: “Bè non posso certo biasimarti se l’hai ripresa in modo energico, forse avrei fatto lo stesso, Silvia”. L’ avvocatessa la fissò qualche secondo prima di replicare, sentiva i suoi occhi chiari su di lei, la stava studiando come un aquilotta reale segue in volo la corsa della piccola cerbiatta. “Mi fa molto piacere che tu comprenda cara, sai non vorrei passare per una dispotica capufficio e per di più gelosa della prima tipa che prova a ingraziarsi il mio distratto maritino e che per questo trova il pretesto per punirla”.

Michela annuì, e quel riferimento a una pratica lavorativa poco usuale come la “punizione” non mancò di agitarla leggermente, ma certo era una terminologia tipica di lei, non c’era bisogno per pochi accenni innocenti di animare immagini di medioevo e santa inquisizione, e che sarà mai…..nel frattempo Silvia finì di rimettere in ordine le proprie pratiche e invitò Michela a portarle il fascicolo sulla causa che avrebbero dovuto esaminare quel giorno. Quando Michela tornò dal suo ufficio con il materiale si sedette alla scrivania di fronte a lei e solo allora si accorse di qualcosa che la fece sobbalzare sulla sedia interiormente e che per poco non le causò la caduta del fascicolo: a destra di Silvia sopra la Guida Giudiziaria era appoggiata una bacchetta, nera.

O forse era un frustino, sta di fatto che aveva la certezza che fino a un minuto prima non ci fosse. Silvia non pareva far caso a questo momento di incertezza di lei e la sollecitò gentilmente ad indicarle alcuni estremi di quella pratica. Di certo quella bacchetta, o quella…cosa l’ aveva tirata fuori nel breve periodo in cui lei era uscita per prendere la pratica, pensò Michela mentre scartabellava per trovare l’ oggetto del suo lavoro.

Il frustino sembrava di pelle, molto sottile e con l’ estremità biforcuta, come aveva spesso visto nei cavallerizzi o in certe riviste erotiche. Cercò di concentrarsi sul lavoro che per quel giorno la assorbì a sufficienza per non farle pensare a quelle due o tre strane percezioni avute in quel primo colloquio con l’ avvocatessa. Alla sera, stanca ma soddisfatta per quella leggera sensazione di pienezza che suole darci un nuovo ambiente di lavoro che ci promette un buon successo professionale, prima di coricarsi cercò di riflettere su quei pochi punti che oggi in ufficio l’ avevano un po’ sorpresa, in particolare riguardo al carattere di Silvia.

E’ vero che se un lessico come bacchettata o punizione non è usuale, è anche vero che in ambito forense o giudiziario si sente spesso parlare in questi termini simbolici, pensava. E poi nulla le vietava di pensare che Silvia potesse essere un’appassionata di cavalli, insomma un’ amazzone e questo spiegherebbe (in parte) la presenza del frustino. Ma più che altro pensava a questa Lisa, in quel momento era davvero curiosa di sentire la sua versione dei fatti su quell’ episodio pseudo-erotico sulla scrivania del marito di lei.

Le avrebbe telefonato senz’ altro ma diamine non la conosceva nemmeno. Si disse che nei prossimi giorni avrebbe provato a rintracciare le sue generalità in ufficio, tanto così per assicurarsi una maggiore visuale sulla situazione dei suoi rapporti con i due avvocati. Morfeo quella notte la ghermì placida, e per quella strana mistura di realtà e immaginario che solo i sogni sanno creare sognò l passaggio del Mar Rosso, che era in realtà stato compiuto da Tom Cruise, che al suo arrivo in Israele si rivelava però una Nicole kidman distesa su un sudario che doveva essere la Sacra Sindone.

Si diceva che quella donna fosse Lisa, la compagna del Messia, e che fosse stata Maria in persona a volerla presso la Sacra Famiglia, ma che la sua incapacità di dare un erede al Re dei Re l’ aveva ora condotta su quel sudario. Il tutto con le musiche di Brian Eno in sottofondo. L’indomani la giornata si presentò subito impegnativa, sia Giulio che Silvia erano in ufficio tutto il giorno per cui non le rimase molto tempo per pensare ad altro.

L’ avvocato si confermò in quei giorni di carattere abbastanza energico e diretto ma senza mai essere scortese nei toni e nelle circostanze. Dal canto suo Silvia si confermò quella donna dai modi più freddi e distaccati ma registrò comunque un buon affiatamento complessivo con la coppia. Nulla poi che le facesse pensare a quegli strani accenni del primo colloquio con Silvia, non trovò né frustini né riferimenti a punizioni o altre cose anomale nel suo comportamento.

Il tentativo di conoscere maggiori dettagli sulle precedenti esperienze di Lisa e delle altre ragazze che avevano lavorato lì rimase per ora sospeso perché non trovò tracce utili a identificarle. Alla sera di venerdì la sua prima settimana era terminata, e Michela era conscia di avere iniziato un progetto lavorativo che non l’ avrebbe delusa, o almeno non da parte sua. Nelle tarde serate prima di coricarsi era solita guardare agli avvenimenti dei giorni trascorsi, non tanto dal loro aspetto professionale o del quotidiano spiccio ma per quanto il suo intimo ne fosse stato toccato.

Si accorse che quel dubbio generato dai comportamenti di Silvia nel primo giorno non si stava dissolvendo, anzi la sua curiosità cresceva con l’ apparente assenza di nuovi indizi su ciò che aveva visto e sentito. Quella donna doveva essere di un’ astuzia inquietante se era riuscita a metterla fin dall’ inizio sull’ avviso su un qualcosa che, peraltro, esulava dalla sfera del suo lavoro. E perdipiù trovando come contropartita da lei frasi di approvazione.

Ci pensò ancora su, in effetti avrebbe potuto capire un simile discorso da parte sua se solo fossero esistiti dei validi motivi per farlo, ma Michela certo non gliene aveva dati finora. Già, finora…. la sua curiosità la stava spingendo a mettersi alla prova e a fare altrettanto con Silvia, del resto v’ era la prospettiva che avrebbero potuto frequentarsi a lungo, forse per anni, e non era bene rimanere con un dubbio così fin dal primo giorno.

Forse si era ingannata, si, aveva colto lei quegli accenni e li aveva amplificati per il semplice fatto che erano inusuali, ma spesso ci sono persone a questo mondo sono ben più strane. Prese la decisione alfine, il dubbio non era mai un buon compagno di viaggio. Lunedì, complice la stagione che avanzava, si sarebbe presentata in ufficio con un look ben meno castigato di quello di questi giorni, voleva sapere…. chiarire…. indagare su di lei e sui suoi nuovi colleghi.

Giulio fece per prendere la cartuccia di toner scaduta che stava in fondo allo scaffale nel disimpegno dello studio, e così chinandosi l’ occhio fotografò un immagine di Michela che subito giudicò inedita per quel poco che la conosceva. Stava infatti attraversando il suo ufficio di ritorno dal bagno e sfoggiava quel lunedì mattina una splendida silhouette fatta di autoreggenti a doppia rete e stivale basso color nocciola scuro, che ben si intonava con la gonna di camoscio lunga qualche dita sopra il ginocchio.

L’ avvocato tornò al suo ufficio e alle sue telefonate rallegrato che la nuova assistente si fosse presentata oggi sotto una luce più attraente, in fondo il loro lavoro consisteva in buona parte di relazioni pubbliche e la cosa non avrebbe certo guastato. La pubblicità è l’ anima del commercio e molti dimenticano che commercianti lo siamo tutti, non solo il fruttarolo…..loro vendevano competenza in materia legale piuttosto che radicchio di primo taglio. Un avvocato di bella presenza non vincerà certo più cause per questo, ma alla causa successiva ci saranno più persone che si ricorderanno di lui…o di lei in questo caso.

Silvia arrivò in tarda mattinata poco prima della pausa pranzo, giusto in tempo per un fuggevole saluto a Giulio e a Michela che si concluse senza un minimo accenno o commento al nuovo look di lei, anche se la giovane si accorse bene per quei pochi secondi di essere squadrata da capo a piedi dai belli e gelidi occhi blu dell’ avvocatessa. Rimase contraddetta da quella freddezza a dir poco scortese, e il suo istinto reagì a sua insaputa, così mentre colloquiava con Giulio su certe questioni di lavoro si lasciò andare con lui a una serie di risate e battute abbastanza informali, ed era la prima volta che lo faceva con lui.

Quando tornò verso le due era sola in studio, come ormai solito i due soci solevano intrattenersi più a lungo a pranzo. Entrò nell’ ufficio di Silvia per prendere certi documenti, e ancora una volta fu sorpresa dalle circostanze. Il frustino nero era là sopra la sua scrivania, nell’ identica posizione in cui lo vide la prima volta la settimana precedente. Era passata più volte di là durante la mattinata, ed era certa che non vi fosse.

Stavolta si, ne era sicura, niente più dubbi. Ma non se l’ aspettava, era questo che ora le tormentava la mente. Avrebbe voluto prevedere le sue mosse, le loro mosse, perché nei giorni si era comunque fatta strada nella sua mente la convinzione che qualcosa di strano doveva esserci in quella donna, mentre di lui ancora aveva un immagine troppo vaga. Era forse succube di lei? Non si curava delle stranezze della sua cara mogliettina? Difficile per lei darsi una risposta, dopotutto c’ erano una quindicina d’ anni di differenza tra lei e la coppia e non avrebbe forse capito quali e quanti vincoli di complicità o d’ indifferenza reciproca potevano esistere in un legame che, pensava, doveva essere di lungo corso.

Anche se sapeva che si erano sposati solo tre anni fa la foto di lei sulla scrivania di Giulio risaliva ad almeno una decina d’ anni prima, questo era evidente. Mise in preventivo nuovi pensieri e riflessioni per le prossime serate, ma ora l’ unica cosa da fare per non pensarci più era gettarsi sul lavoro, e questo non le mancava davvero lì dentro. Il pomeriggio scorse piuttosto tranquillo, quando Giulio e Silvia tornarono si chiusero nello studio di lei per un esame di un importante causa da svolgersi l’ indomani in tribunale.

Nel contempo Michela era andata un po’ avanti con altri lavori ed ora le sarebbe servito un input per continuare, avrebbe preferito lavorare in gruppo quel giorno. Le pareva per assurdo che quei due si fossero messi d’ accordo per metterla nella condizione di pensare e di rimuginare su qualche cosa proprio quel pomeriggio. “Non divagare fuori dalla realtà Michi, non è successo nulla e lo sai. Fa la brava ok?” pensò mentre si guardava nell’ elegante specchio settecentesco che dominava il corridoio d’ ingresso allo studio, unico superstite dei fasti di un signorile palazzo d’ epoca.

Intanto nell’ ufficio di Silvia l’ importante riunione dei due soci proseguiva con grande solerzia. Come amava fare nei momenti d’ intimità con lui Silvia si era accoccolata sulla poltrona tra le sue braccia, era la posizione che preferivano durante i loro dialoghi intimi diurni, sia che fossero in una stanza chiusa come ora sia che fosse una limpida giornata di primavera e si trovassero in qualche anonima panchina di un deserto parco pubblico.

“Allora che mi dici della nuova silhouette della nostra tirocinante? Se avessi voluto essere sincera con lei le avrei riversato un fiume di complimenti per la scelta dei capi, ma ovviamente non le ho dato questa soddisfazione” “Ovviamente cara…. comunque mi trovi d’ accordo, oggi Michela avrebbe tranquillamente potuto essere in cartellone alla Cosmoprof come donna-immagine”. “Già. Quindi mi devi un drink, gioia”. “Mmmmm…. ok te lo sei guadagnato, ero persuaso che la ragazza si sarebbe subito intimidita dei tuoi “strani” messaggi e avrebbe fatto la fina di Lisa e Serena, in fuga dalla strega cattiva seppur col malloppo.

Ma forse Michela è più sveglia e più combattiva, e questo mi piace. Ti do atto che hai avuto ragione nella tua tesi, lei ora vorrà sfidarti”. “Oh lo so che ti piace, ma dimmi non vorrai che quella giovane donzella così elegante e di bell’ aspetto possa un giorno sconfiggere la tua vecchia strega nel tuo cuore di ghiaccio”. “Uhuh rimango sempre stupito quando fingi di non conoscermi fin nelle pieghe più nascoste tesoro….

sai bene che altro posto non c’è in quell’ iceberg del mio cuore al di fuori della mia unica strega, solo lei è rimasta intrappolata lì quando sopravvenne la glaciazione. Sono certo che la strega tirerà fuori le unghie e vincerà la sua battaglia, la conosco fin troppo bene, le piace vincere. ” “Hmm già sai sempre come attutire i colpi di una sconfitta tu. La verità è che non credevi che Michela abboccasse al mio gioco.

Però ora che con tutte le apparenze lei ha raccolto la sfida mi sento stimolata a vincerla questa battaglia, e non dubito tu mi aiuterai in questo, gioia…. ”. “E come non potrei amore, è un gioco che mi stimola in ugual misura lo sai…”. Le parole lasciarono allora posto a quei baci prima teneri e poi sempre più languidi che i due amavano scambiarsi a lungo nei momenti di giocosa tenerezza, mentre le loro mani cominciarono a giocare con la pelle e la sensibilità del partner.

L’ indomani e i giorni successivi furono giornate dense di urgenze nello studio legale, e Michela si gettò alacremente sul lavoro assieme a Silvia, mentre il comportamento apparentemente tranquillo di lei non mancava di farla rintanare nelle sue fantasie nei momenti prima del sonno. A dire il vero qualcosa di nuovo era accaduto anche se come sempre non facile da interpretare in quell’ ambiente. Silvia martedì si era presentata in ufficio in un completo nero e per la prima volta la vedeva in minigonna e stivale, certo tutto l’ insieme denotava buon gusto ma pensò che in fondo era più un abbigliamento da sera quello di lei.

Il fatto che avesse scelto quei capi così appariscenti non la stupiva certo, anche lei amava talvolta per il suo semplice piacere vestirsi in modo un po’ meno formale anche sul lavoro. Però non le sfuggì che Silvia cambiò look proprio il giorno seguente al suo cambio di abiti, e questo per quanto poco la conoscesse ancora sembrava in linea col personaggio dell’ avvocatessa. Ma non avendo Silvia datole altri motivi per farla pensare a qualcosa di nuovo e torbido nell’ aria si sentiva via via più agitata, come se intuisse che il succedersi degli eventi non fosse in suo possesso e dovesse quindi essere costretta ad attendere le prossime mosse di lei per capirci di più.

Ma non era nel suo carattere essere troppo attendista, così decise di stimolare in qualche modo le sinapsi della sua collega, voleva farla uscire dal guscio. Quel pomeriggio di mercoledì erano intente alla stesura di una causa piuttosto complessa e non mancarono momenti di pausa per affrontare meglio l’ intricata questione legale. Fu Michela a decidersi di parlare dell’ abbigliamento di lei davanti a un thè freddo, non l’ avrebbe fatto in una situazione diversa vista la malaccorta scortesia di Silvia del lunedì precedente, ma non si sentiva in grado di resistere a ciò che poi considerava normale in un dialogo con una collega.

“Bello lo stivale, è di Ridolfi?”“Si l’ ho trovato lunedì all’ emporio a Vallechiara – disse l’ avvocatessa guardandosi i tacchi. ” “Io faccio un po’ fatica a trovare quelli giusti perché amo i colori bruni e meno il nero, e adesso va quasi solo il nero”. “Vero, infatti io nero…. sempre. La gonna è di Prada, ne ho viste anche come la tua da She-lady dove l’ ho beccata”. “Brava proprio lì l’ ho presa anch’ io.

Com’è che si chiama, She-lady anche taglie comode, vero?”. “Hm hm si si,” disse guardandosi la cintura non prima di aver assestato un occhiata di ghiaccio a Michela. Era la sua prima frecciata andata a segno e in quel momento ne godeva intimamente. Quando il discorso cadde su competenti discussioni su moda e ultimi gridi Silvia ne approfittò per tentare la prima vendetta dopo l’ affondo sulle taglie comode di lei. “Sai secondo Elenya le modelle giovanissime che si stanno preparando al grande salto nel circuito lavorativo rischiano di trovarsi disoccupate in massa.

” “Eh? E come mai?”, Michela sgranò tanto d’ occhi fingendo genuino stupore. “Bè pare che le tendenze non solo del gusto collettivo ma anche elitario vadano decisamente verso le forme generose nei prossimi anni. Lui la chiama la controrivoluzione delle chiappe morbide ahahah”. “Ah ah si secondo me non si sbaglia, comunque non credo che avrò problemi in tal senso, anche perché se metto su qualche chilo da qualche parte esplodo”. “Hm hm si cara, dovremo stare molto attente a non esplodere troppo o rischiamo di doverci poi farci sgonfiare da qualcuno”, al che le due donne rientrarono alle loro carte, entrambe soddisfatte di questo loro secondo duello verbale.

Michela passò prima per il bagno, e quando tornò nello studio di lei ancora una volta non seppe prevedere il colpo. Il frustino era di nuovo lì, accanto a loro sulla scrivania, e questa volta era presente anche Giulio al suo fianco. La provocazione di lei era ormai evidente, e Michela non potè resistere oltre: “Tu vai a cavallo, Silvia?”. “Come, cara?”, le rispose con tanto d’ occhi lei. “Mi chiedevo se vai a cavallo, ho già visto quello altre volte”, indicando quell’ oggetto che fin dal primo giorno le aveva sollevato un velo d’ ansia e pian piano una qual morbosa curiosità.

“Oh…oh no”, disse prendendo in mano il frustino e lisciandone la superficie vellutata, “Figurati ho sempre avuto un certo timore dei cavalli da quando da piccola mi spaventai a morte per esserci quasi caduta sotto”. “E’ un oggetto da collezione, per quanto di uso piuttosto comune”, disse lui mentre lei riponeva il frustino sul tavolo. Ripresero il lavoro e fino a sera non vi furono altri accenni in proposito. Di uso comune, pensò Michela quella sera mentre rivedeva la scena del pomeriggio.

Pensava a quale fosse l’ uso di cui parlassero, anche se dentro di sé si dava dell’ ingenua: “Stanno giocando con me, ora ti è chiaro Michi”. Ma più ci pensava più la sua riflessione sembrava confondersi con la sua fervida immaginazione. Le pareva di ricordare che Giulio fosse entrato nell’ ufficio solo quando lei ebbe fatto la domanda sul frustino. O era già lì? E Silvia non aveva forse fatto un impercettibile gesto nella sua direzione quando impugnava quello strumento per lei così misterioso? Si assopì nella fusione dei suoi pensieri verso l’ assoluto dell’ inconscio.

Era di primo mattino ed entrava nell’ ufficio di Giulio, lui non c’ era e le carte sulla scrivania erano in tale disordine che pensò quasi ci fosse stata una recente colluttazione. Doveva trovare la pratica dei coniugi Zeller e lì sotto sarebbe stato un terno al lotto riuscirci. Frugò tra le varie carte, man mano che le toglieva dalla scrivania pareva sgombrarla ma si accorse che le scartoffie che gettava via poi ricomparivano in un altro angolo della scrivania e per quanto si impegnasse a liberarle si ammucchiavano sempre più massicce.

Provò ad allungarsi sul tavolo per raggiungere le carte, finchè lentamente si distese quasi completamente al di sopra di esso, supina. Le sue mani cercavano la pratica ma allungandole toccò Giulio, che ora era seduto alla scrivania e la osservava senza stupore ma con una sorta di interesse professionale per ciò che lei faceva. Si accorse che in quella posizione, le gambe distese ed aperte, il seno compresso sul freddo legno di radica della scrivania, stava cominciando a provare piacere e non potè trattenere una mano che scese a sfiorarsi le parti intime mentre con l’ altra cercava sempre di toccare Giulio, che però lentamente si allontanava da lei.

“Hai trovato la causa, Lisa?”, le domandò severo, e un palpito d’ angoscia la assalì assieme al piacere, non avrebbe saputo come rispondergli. Con l’ altra mano cercò in modo frenetico la pratica richiesta, ma tra tutta quella confusione le era quasi impossibile e perdipiù ora la scrivania sembrava ondeggiare. Le carte cominciarono a svolazzare via e il tavolo ora traballava in modo furioso, presa dal panico si aggrappò ai bordi della scrivania e chiuse gli occhi, si sentiva quasi perduta e pensava che certo sarebbe stata sbalzata giù.

Anche la sensazione di freddo aumentava, e dopo una lunga corsa sentì il suo corpo perdere contatto con la materia e si ritrovò a terra, nella campagna. Alzò il capo e si trovò di fianco a un gigantesco cavallo di marmo bianco, e quando appurò che era immobile la sua angoscia svanì, anche perché si rendeva conto di non essersi fatta nulla in quella che doveva essere stata una caduta di molti metri. Dalla sella su in alto Silvia la osservava con un sorriso diabolico, e brandiva un frustino lungo almeno due metri, che le pendeva minaccioso vicino.

“Sai Lisa, anche Michela è caduta in questo punto, è molto pericoloso”, disse la bionda in tono apprensivo, “aggrappati alla mia frusta o il cavallo ti schiaccerà”. Lei così fece e si arrampicò sulla pelle del lungo serpente nero, a mò di palo della cuccagna. Era così lungo che si ritrovò a due metri da terra e ancora lontana dall’ impugnatura, e mentre Silvia le impediva di raggiungere la cima scrollando la frusta, lei le si strinse attorno attorcigliandosi come un’ anguilla.

Non poteva andare né su né giù, in alto impedita dalla volontà di Silvia e in basso perché sarebbe stata certamente schiacciata dal gigantesco cavallo marmoreo. Rimase stretta alla lunga frusta e si adattò a quella posizione, finchè pian piano una sottile sensazione di piacere cominciò a sostituire l’ angoscia, quell’ oggetto era morbido e le carezzava la pelle, anzi ora quasi le intrappolava il corpo girandole tutt’ attorno più volte, e lei si sentiva sicura in quella posizione lontana dai pericoli che la circondavano.

Si passò un lembo di frusta in mezzo alle cosce e si abbandonò ai sensi socchiudendo gli occhi…..“Mama take this badge of me, i can’t use it anymore”. Le note di Bob Dylan sul suo cellulare la destarono come d’ abitudine alle 7. 30. Un guazzabuglio di immagini le si dissolse dinanzi agli occhi, e a rilento riprese possesso della realtà di una mattina di metà settimana in cui gli avvenimenti diurni sarebbero stati ben più prevedibili del sogno di quella notte.

Quello che le rimaneva era la scia di piacere che ancora filtrava attraverso la sua pelle e la sua mano ancorata al suo sesso umido come una sera d’ autunno. Erano anni che non provava sensazioni notturne inconscie così forti, ma non ebbe il tempo e la voglia di analizzarle e si ritrovò invece affamata a divorare un’ abbondante colazione a base di latte burro e pasta sfoglia, e l’ immancabile caffè nero a dare l’ ultimo tocco di sapore al suo palato.

Quando spalancò le imposte si trovò davanti una giornata più che primaverile, e non ebbe dubbi nella scelta dei capi per quel giorno, indossò una mini in velluto blu notte chiusa in vita da una cintura in pelle e collant trasparenti, era dall’ autunno scorso che non lasciava libere e visibili le sue gambe all’ aria aperta. Scelse poi scarponcini bassi color crema con tacco basso e sottile e una camicetta arancio con scollatura comoda completò il suo look di quel giorno.

Tenne sciolti i lunghi capelli scuri, era la prima volta che non li legava recandosi al lavoro. Al suo arrivo in ufficio era sola, e si recò subito nell’ ufficio di Giulio, constatando con una certa apprensione che la scrivania era in perfetto ordine. Verso la tarda mattinata arrivò Silvia, pareva di buonumore e non mancò di farle notare senza malizie la scelta azzeccata del suo look odierno, il che la mise in una strana condizione di irritabilità, non era quello il modo di fare dell’ avvocatessa.

Quasi le dispiacque non aver notato disappunto nei suoi sguardi e nelle sue parole. Arrivò anche Giulio e subito fecero un break a base di caffè durante il quale fu Giulio a riservarle per la prima volta un sincero apprezzamento per l’ abbigliamento di lei quel giorno. “Credo che avrai un grande successo in tribunale domani Michela…. sempre che tu non decida di tornare alle tue gonne castigate e ai maglioncini della nonna”. “Ahahah, è tutto merito di mia nonna in effetti, in famiglia era lei che aveva davvero buon gusto nel vestire”.

Silvia intervenne sorridente e coi suoi occhi intensi accentuò il concetto delle espressioni: ”Si concordo caro, Michi è una vera bomba sexy oggi, e dovremo convincerla a mettere in soffitta tutto ciò che non renda giustizia alla sua figura. Con le buone o con le cattive, s’ intende ahahah”. “Ah su questo non c’è dubbio, glielo faremo capire già oggi come un avvocato di grido non possa prescindere da certi dettagli per vincere le cause.

”. Michela si schermì e rise alle loro uscite, replicando che Anche Silvia oggi era davvero in gran forma. In effetti la bella giornata aveva stimolato anche la voglia di Silvia di essere più libera, e aveva optato per una mini nera sotto una camicetta bianca e leggera stile maestrina, con gli immancabili stivali neri da equilibrista a fasciarle le calze nere a doppia rete. Forse non erano così inquietanti quei due, pensò, basterà sciogliersi un po’ e le mie paure svaniranno.

Così pensava durante la pausa pranzo e realizzò che forse il sogno di quella notte avesse liberato un po’ di tossine d’ ansia che le stagnavano dentro da qualche tempo. Nel primo pomeriggio si doveva preparare una lunga relazione processuale per l’ indomani, e data la complessità della causa Michela fu incaricata di redigere la stesura mentre la elaborava assieme a Silvia. Seduta al pc mentre l’ avvocatessa le dettava gli appunti le due donne cominciarono il loro lavoro.

Intanto era arrivato Giulio che di tanto in tanto si univa alle due per darle utili consulenze. Dopo una prima mezz’ ora di proficua produzione vennero i punti più complessi della relazione, in cui la presenza del più esperto avvocato si rese necessaria. Durante la battitura Michela cominciò a notare la differenza dei toni di Silvia mentre le indicava i punti salienti della causa. Se quando erano sole il loro dialogo era molto spedito e armonico, in presenza di lui Silvia tendeva ad esacerbare i toni della voce che si facevano più secchi e diretti, e che non fosse un’ impressione lo testimoniava il fatto che durante le assenze di lui la conversazione tornava più fluida e meno monocorde da parte di lei.

Proseguendo nel loro impegnativo compito a tre si trovò di fronte a un obiezione di Silvia che le parve del tutto illogica: “Scusa Silvia ma il Decreto Legge 192/05 non è riferito alle proprietà terriere” ma alle sue osservazioni sulla necessità di modificare questa parte del testo l’ avvocatessa la zittì in modo netto affilando il tono di voce ed avvicinandosi al suo viso. “Decreto 192/05, cara. Punto. ” Lei rimase un attimo interdetta, chiedendosi se in fondo non s’ aspettasse qualcosa del genere prima o poi.

Giulio annuì dando ragione alla moglie, e questo le parve ancor più incomprensibile, era CERTA di avere ragione su quel punto. Per colmo di apprensione ora Silvia camminava per la stanza e oltre alle carte si era procurata il frustino nero, e vi giochicchiava con la mano sinistra. La sua agitazione interiore raggiunse il parossismo, quei due la stavano ora sottoponendo a un gioco crudele, nessuna possibilità di errore su questo. Ma era così strana quella situazione che nemmeno per un momento lei dal temperamento così battagliero pensò ad alzare bandiera bianca o a rompere quel gioco.

Si preparò a una prossima stoccata meditando una controffensiva, ma non vi furono altri screzi e lei diventò via via più silenziosamente nervosa. Ma la pressione del lavoro era tale che non riflettè troppo prima di decidersi a lanciare lei un attacco per saggiare le intenzioni e la forza del nemico. Ma che volevano da lei, provocarle un desiderio nuovo e indurla ad altri sogni come quello della notte passata? A ripensarci la notte scorsa oltre all’ angoscia era sopravvenuto il piacere, ma come centrava tutto ciò con quello che stava succedendo ora? Si alzò per sistemare alcuni degli appunti di quella lunga causa, e in un momento di impasse si appoggiò al tavolo e partì all’ attacco: “Scusa Silvia, ma cos’ aveva Lisa che non andava? Da come me ne avete parlato tu e Giulio sapeva fare il suo lavoro molto bene qui dentro.

” L’ avvocatessa non mostrò segni di sorpresa anche se certo non si aspettava quella domanda, almeno non in quel momento. Continuò a guardarla come fosse sicura delle sue ragioni, e in fondo già le aveva accennato alla vicenda di Lisa in termini chiari. Fu Giulio a intervenire avvicinandosi alle due donne: “Secondo me Lisa aveva il difetto di non essere coerente coi suoi comportamenti. Insomma un giorno era ghiaccio e un giorno luce.

Capisci Michela?” Non ebbe il tempo di replicare perché Silvia le tolse il tempo: “Vero caro, l’ incostanza era un difetto di Lisa. Si, era molto scostante. ” Terminò la frase rivolgendosi di nuovo a Michela. Ora la guardava come mai aveva fatto prima, sentiva i suoi occhi blu mare trafiggere il suo sguardo attento e non poteva capire il perché, o almeno non un perché razionale. Sentiva ora come un alito gelido sulle spalle, non avrebbe pensato mai di potersi trovare in una situazione di agitazione interiore così forte senza poter addurre precisi motivi.

Mentre i secondi passavano il silenzio le sussurrava che quella notte avrebbe avuto gli incubi, e non è detto che un eventuale piacere l’ avrebbe consolata. No non poteva davvero permetterselo , era diventato troppo subdolo quel gioco, la stavano terrorizzando, si. Doveva uscirne ad ogni costo. “Forse Lisa portava troppo spesso la minigonna e a te dava fastidio, Silvia? E’ per questo che non è più qui?” La frase le uscì quasi in apnea ma era ancora cosciente.

L’ avvocatessa ebbe una lieve increspatura delle labbra e le parve non un sussulto di rabbia ma di compiacimento. Pochi secondi le bastarono per risponderle in tono suadente, quasi da maestrina che riprende l’ allieva indisciplinata: “Oh si cara, era un altro difetto di Lisa questo. Non mi piaceva affatto come si vestiva e, di fatto, si esibiva. ” Michela non se l’ aspettava. Avrebbe puntato tutto su una risposta ipocrita, ora si sentiva lei in difficoltà.

Non c’ era altro da fare che scoprirle le carte, a costo di perdere la partita. Un suo sguardo fuggevole verso Giulio parve attirare la replica di lui: “Silvia ha ragione, Lisa amava esibirsi anche troppo, e lo faceva con una malaccorta grazia. Sai secondo me la temperanza è una dote, e Lisa ne era sprovvista. ” Pensò a Lisa conciata in chissà quali sensuali vesti da meretrice indegna e le veniva da ridere.

E si sentì osservata da entrambi, i suoi occhi non riuscivano ad evitare di incrociare sempre più spesso il frustino tra le mani di Silvia, mentre la sua voce non poteva più trattenersi dal pescare direttamente dal suo inconscio ora risvegliato: ”E suppongo che per questi motivi abbiate ripreso Lisa in qualche modo. Voglio dire se gliel’ avete fatto notare”, disse rivolta a lei. “Vuoi dire se l’ abbiamo punita, non ti veniva quella parola vero?”, la incalzò Giulio.

“Beh si…questo volevo dire. ” Silvia si mosse verso la scrivania mentre le parlava: “Oh si naturale che è stata punita. Più volte e, almeno da parte mia, con grande piacere. Ma la nostra causa si attarda Michi, non vorrai farci passare la notte qui. ” Lei si risedette al pc ma ormai il suo spirito era in tumulto, altro che incubi…. Tornò a esaminare quell’ urgente questione di lavoro ma si sentiva quasi straniata da quel contesto, le parole e gli atteggiamenti dei suoi due colleghi l’ avevano messa nella condizione di non poter più rimandare un chiarimento definitivo sulle loro intenzioni.

E ora avvertiva di desiderare che ciò accadesse. Non era coinvolto il suo rapporto professionale con loro in ciò, ma solo quella parte di sé che era stata ridestata e spinta ad una curiosità morbosa da ciò che stava accadendo. Via via che la normale conversazione riprendeva piede si sentì invadere da una nuova calma diversa dalla solita, e rilassò le membra allungando le gambe sotto il tavolo e riassettandosi più volte la gonna durante la scrittura della relazione.

Percepiva su di sé gli sguardi interessati di loro due e ciò le dava un sottile fremito di piacere. Ora voleva provocarli, irretirli, quella loro finta freddezza la stizziva e la eccitava allo stesso tempo. Nel mentre Giulio e Silvia si scambiavano brevi accenni di disapprovazione sulla lentezza di lei nel redigere la pratica, avrebbero fatto di certo molto tardi di questo passo. Appoggiò la schiena con più comodità sullo schienale e allargò le gambe già semidistese mentre con sguardo molle si rivolgeva ad entrambi:”Ma forse Lisa non era così brava nel suo lavoro, è per questo che poi l’ avete punita, vero?”.

“Oh tutt’ altro Michela, Lisa era in gamba nella sua professione, né più né meno che te a dire il vero”, disse Giulio. “Era il suo atteggiamento a non essere di nostro gradimento,cara” replicò subito Silvia con tono leggermente piccato sempre squadrandola con quegli occhi gelidi. Lei si carezzò le cosce allargando ancora di più le gambe, si sentiva ora invadere da un piacere sempre meno nascosto, la sua curiosità la stava facendo prigioniera di quel gioco ambiguo.

“Ah capisco. Era il modo di fare di lei che non vi piaceva, vero? Forse si lasciava andare troppo ai suoi pensieri ogni tanto. ” Silvia avanzò verso di lei di un paio di passi facendo schioccare i tacchi sottili sul pavimento. “Esatto cara. E non mi meraviglia la tua curiosità su Lisa visto in che modo hai deciso di sistemarti su quella sedia”. “Suppongo che per molto meno Lisa sia incorsa in un vostro provvedimento punitivo”, disse mentre la sua mano ormai senza controllo risaliva l’ interno delle cosce e con l’ altra si slacciava un bottoncino della camicetta lasciando trasparire il seno generoso le cui estremità sensibili andavano visibilmente ingrossandosi sul tessuto aderente della camicetta.

“Non sbagli sai, non pare anche a te cara che Michela assomigli sempre più a Lisa in certe sue manie indecenti?”, fu Giulio a rivolgersi a Silvia avvicinandosi a lei a sua volta. “Decisamente caro, concordo. Questa ragazza sta offrendo uno spettacolo a dir poco sconveniente”. “Sono letteralmente atterrito dalla dimostrazione di licenziosità che ci stai dando, Michela. ” Le loro parole avevano avuto l’ effetto di condurre la sua sottile eccitazione ad uno stato avanzato, ora per lei contava solo quanto piacere sarebbe riuscita a ricavare da questo gioco equivoco a cui si era prestata un po’ scettica.

“Sono davvero spiacente, signori. Non so cosa mi abbia preso, e me ne scuso vivamente. Immagino mi riteniate meritevole di un procedimento penale nei miei confronti adesso”, disse continuando a carezzarsi e a massaggiarsi le parti basse senza più alcun ritegno. “Tu che ne pensi, amore? Le leggi in materia di costumanza le conosci meglio di me in fondo. ”, disse Silvia. “Cara, a me pare evidente che si tratta di un reato piuttosto grave il suo, e per di più reiterato sotto gli occhi del corpo giudicante.

” “E’ vero, l’ imputata non mostra alcun cenno di volersi dissociare dai reati contro la morale che sta mettendo in atto. Propongo una pena abbastanza severa per lei, caro. ” “Concordo. Sono favorevole ad infliggerle una pena che sarà di entità variabile in base agli atteggiamenti che la scostumata imputata assumerà nel corso del processo stesso. ” Nel frattempo gli occhi di Michela non si scostavano dalla loro conversazione che l’ aveva se possibile ancor più stimolata, l’ altra sua mano ora cercava di entrare tra le pieghe del reggiseno per saggiare la consistenza della sua sollecitazione mammaria.

Giulio le si avvicinò e lei notò che Silvia gli aveva passato il frustino…. anzi no ora erano due, si erano moltiplicati! “In quanto a lei imputata, ha qualcosa da dire a sua discolpa?” Michela lo guardò e non riuscendo a celare una piega di un sorriso chinò il capo: “Mi dichiaro colpevole, signori della corte. ”“Mi dichiaro colpevole, signori della corte. ” Che frase grottesca le era uscita , e le sarebbe scappato da ridere a pronunciarla se non fosse stata in quel frangente dominata da una altra preoccupazione, quella di un incombente piacere.

Ma ormai da qualche minuto la sua natura razionale aveva ampiamente derogato il controllo della sua mente e del suo corpo a quel potente elisir che produce il nostro istinto quando è stimolato nei suoi punti più sensibili. Era scivolata dentro in quel loro gioco opponendo dapprima un certo scetticismo, poi cercando di opporsi in un modo abbastanza prevedibile ma mai contrastandolo in maniera netta. Si era divertita molto di più a saggiare le sue capacità di lettura di quel diversivo quotidiano.

Ora era stata sorpresa dalle sue stesse reazioni, e si sarebbe poi domandata come mai troppo spesso le persone si ostinano a rifiutare le situazioni che poi si dimostreranno per loro le occasioni più deliziose per conoscere il proprio lato nascosto. Nascosto da chi e cosa poi? Ma certo, la risposta la sapeva! Tutto ciò che rappresentava per le persone uno strumento di liberazione dagli incubi quotidiani era da sempre stato messo all’ indice dall’ etica, dalla morale sedimentatasi in secoli e millenni di storia ad uso e consumo di una casta dominante.

Il piacere secondo questa imperitura casta era qualcosa da standardizzare secondo regole che si adattavano alle esigenze della mediocrità, perché solo in questo modo la mediocrità stessa di chi dettava queste regole non ne sarebbe stata messa in cattiva luce. In fondo si trattava dell’ eterna lotta tra l’ amore e l’ odio, e non tanto tra il bene e il male come poi venne a sostenere qualcuno. L’ odio è figlio primigenio dell’ invidia, e nessun argomento umano è capace di destare maggiore astio e risentimento che la mancante capacità di dare e ricevere piacere.

Invece il bene e il male convivono in ciascuno di noi, ed armonizzarli al nostro interno è l’ unica prova di moralità possibile. Armonizzarli, non separarli per distruggerne uno dei due a seconda delle convenienze del momento. Ma queste riflessioni Michela le avrebbe certo fatte in un momento successivo, nelle sue tarde serate alle prese con l’ imminente sonno quando la sua razionalità era nel momento più alto di unione con la sua capacità immaginativa.

Ora gli unici pensieri su cui voleva focalizzarsi erano che lei era lì, mezza stravaccata su una poltroncina in similpelle con le gambe allungate e divaricate e una mano che non ne voleva sapere di sganciarsi dal suo sesso sempre più famelico di emozioni. Prese il dito che stringeva il capezzolo e lo portò alla bocca, come per assaggiare i suoi umori corporali e guardare eccitata le reazioni di quei due amanti da cui era stata sottilmente catturata.

Giulio e Silvia le si avvicinarono ancor di più, ognuno al lato opposto della sua poltrona. “Bè tesoro, per fortuna che questa scostumata ha ammesso le proprie responsabilità, non l’avesse fatto avremmo dovuto procedere d’ ufficio, non credi?” “Oh senza dubbio cara, basti vedere in quali pose smodate la signorina si va atteggiando per togliere qualsivoglia dubbio sulla sua colpevolezza”. Li sentiva parlare mentre aveva voglia di socchiudere gli occhi e lasciare che quella irreale conversazione continuasse, sopra di lei e dentro di lei.

Sentiva che qualsiasi conclusione avessero raggiunto i due avvocati l’avrebbe comunque portata a un piacere inedito e fino ad ora mai sperimentato. Ma non poteva sottrarsi nemmeno al gioco verbale ora: “Signori cercate di capire. E’ vero che le prove della mia reità sono sotto i vostri occhi che mi stanno severamente giudicando, ma dovete considerare la complessità della natura umana che, come ben sapete, non è fatta di sole regole da rispettare ma anche di emozioni che non si possono controllare.

” Intanto percepì la mano di Giulio muoversi verso di lei mentre lo guardava, e una sensazione di solletico immediatamente susseguente che le fece roteare leggermente le gambe verso l’ interno. Chiuse per qualche secondo gli occhi mentre l’ estremità del frustino le carezzava l’ interno della coscia collantata, provocandole una sensazione di totale abbandono. “E’ inaudito come non ci sia più alcun freno nella integrità di questa ragazza, caro. Alla minima sollecitazione sia essa verbale o fisica sembra raggiungere un nirvana a noi sconosciuto.

” E così dicendo Silvia allungò il suo frustino verso il braccio disteso di Michela, carezzandolo fin sulle spalle e il collo e duplicando il piacere e l’ ansia di lei nel sentirsi sempre più tra due fuochi. Lei si sentiva ormai di burro, si chiese come sarebbe riuscita ad allungare ancora per molto il suo piacere che invece pareva voler esplodere sotto la sua pelle ambrata. Una leggera pelle d’ oca le increspava le braccia ora, e non era il freddo.

“Si, devo ammettere che Michela si dimostra capace di provare e al tempo stesso esibire reazioni e sensazioni che in un'altra persona bisognerebbe attendere a lungo. Ora però mi par chiaro che la sua discesa nel vizio ha assunto modi e tempi irrefrenabili e sia il tempo di porvi un deciso freno. Tu avvocatessa che ne pensi?” “Davvero la tua analisi non fa una piega, amore. Guarda solamente come si agita ora il suo corpo di fronte a un semplice lembo di pelle che le sfiora le membra.

Si è ora di arrestare la sua discesa verso gli abissi della turpitudine. ” Giulio si rivolse a Michela:”E lei, imputata, ha qualcosa da dire a sua discolpa? Le ricordo che qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei. ” Lei nel mentre aveva piegato ancora le gambe verso l’ interno e un altro bottoncino della camicetta si era slacciato sotto la pressione delle sue tette generose che andavano gonfiandosi sempre più. “Signori giudici, come già vi dissi non ho scusanti da addurre se non quelle già citate.

Se ritenete di dover adottare nei miei confronti provvedimenti restrittivi sono disposta ad accettare il vostro verdetto. Con una sola preghiera, che queste piacevoli sensazioni che destano tanto giustificato biasimo da parte vostra non vengano interrotte. ” E li guardò languidamente mentre non cessava il suo instancabile lavorio di polpastrelli. “Vieni cara, aiutami a spostare l’ imputata più in là, avremo più spazio per il procedimento penale da cui è attesa. ” Silvia si mosse all’ unisono con lui nello spostare la poltroncina di Michela, che fu portata di fianco alla finestra dell’ ufficio, vicino al grande armadio di ciliegio che dominava la sala.

“Ma…. dove mi portate, signori giudici?”, ridacchiò lei la cui curiosità era in quel momento talmente forte che avrebbe volentieri vestito da giudici togati i due subdoli complici per vivere al meglio quella fantasia che stava diventando una piacevolissima storia. “Dove potremo finalmente ricondurti alla sobrietà, cara”, disse Silvia mentre lui le prendeva il braccio e dolcemente lo sollevava al di sopra delle spalle di lei. “Oooh…no vi prego…perché…. ”, fece moine lei intanto che il suo polso veniva fasciato da un drappo di seta finissima e l’ altra estremità legata alla maniglia della porta-finestra.

“Su cara, vedrai che se non riusciremo a mettere un limite alla tua sregolata attività ormonale quanto meno metteremo le tue mani in condizioni di non nuocere. ” Fu Silvia a parlarle mentre si apprestava a fare l’ identica cosa con l’ altro braccio di lei, portandolo in alto ed assicurando il drappo di seta agli anelli di ferro delle porte dell’ armadio. “Hmmm…. era la cosa più crudele che potevate farmi…. sapete bene che non sto più resistendo….

vi prego signori della corte, siate clementi. ” Nel frattempo Giulio si era avvicinato a Silvia e i due mostravano i primi visibili segni di eccitamento reciproco, forse Michela si stava dimostrando una giocatrice più abile di Lisa. “Uuh la senti caro, l’ abbiamo solo per un attimo sottratta a quel lungo esercizio autoerotico che si era regalata e subito lei si lamenta. Io trovo che sia molto egoista da parte tua, Michi. ”, le disse chinandosi verso di lei seduta, mentre Giulio da dietro cominciava a slacciare la camicetta bianca dell’ avvocatessa.

Michela scoprì con sorpresa che al di sotto ella nascondeva un insospettabile bustino in pizzo nero che le fasciava la vita, relativamente stretta in proporzione ai fianchi ben più forti. Quella donna inquietante…. mai avrebbe pensato fino a pochi giorni fa che trovarsela in una siffatta circostanza non solo l’ avrebbe trovato confacente al carattere di lei ma soprattutto che le sarebbe piaciuto da morire esserci coinvolta. “In effetti l’ imputata ha finora pensato solo al suo piacere personale disinteressandosi del tutto di ciò che le persone a lei vicine potessero provare.

”, disse lui rivolto a Silvia, “E lo trovo un atteggiamento molto disdicevole. Non le farà male per un po’ di tempo rinunciare a questo suo egoismo dei sensi. Potrà sempre consolarsi osservando i suoi giudici di giuria prendersi le loro soddisfazioni. ” Giulio le sfilò la gonna e si tolse a sua volta la maglia per esibire un torace piuttosto atletico e una vita piatta, doveva essere un uomo abituato a fare sport per mantenersi un quella forma invidiabile, pensò Michela mentre avvertiva sempre più intenso e lontano il piacere che le si addensava giù in basso, dove ora non poteva arrivare.

Quella seta che le legava i polsi era così morbida…..avrebbe voluto esserne fasciata su tutto il corpo per assaporare a pieno la carezza di quel tessuto sulla sua pelle bianca e liscia. Ora aveva proprio bisogno che qualcosa di avvolgente, di calmante le passasse sopra la muscolatura che per lo spasimo incipiente di piacere era tutta in tensione. Fece l’ atto di muovere le braccia come per liberarsi, sapeva che li avrebbe eccitati: “Uhh hmmm…..Vi prego signori, liberate queste mie membra incatenate, vi do la mia solenne promessa che non mi rigetterò a compiere quei gesti osceni che hanno turbato la vostra raffinata sensibilità.

” Intanto le mani di Giulio si stavano spingendo più in profondità tra le pieghe di Silvia, sfilandole il gonnellino corto mentre lei si sganciava le autoreggenti. “Tu che ne pensi caro, l’ imputata mostra segni di sincero ravvedimento o è solo un subdolo trucco per giungere alla sua liberazione…. ?”. “Liberazione che certo le consentirà di tornare a dare empio spettacolo incurante del ludibrio interiore ed esteriore a cui sottoporrà lei stessa e anche noi.

”, ribattè lui mentre lentamente snodava il busto sulla schiena di lei. “E’ vero sai, questa scostumata allieva non merita la nostra generosità ora. Obblighiamola ad osservare i suoi giudici mentre si dedicano al vero piacere carnale, che lei mostra di saper raggiungere solo con il suo egoismo. ” Il busto di Silvia cadde a terra, scoprendo i suoi seni aristocratici, due coppette di champagne larghe ed arcuate che non avevano alcun bisogno di essere sorrette nemmeno dopo 40 anni di esistenza.

Michela li osservò per qualche secondo, a lei che aveva sempre trovato un po’ ingombrante il suo petto florido parvero quasi due boccioli appena fioriti e molto eleganti. In realtà sapeva che questa sua formosa peculiarità era desiderata da molti uomini ed invidiata da altrettante donne, e trovò piacevole ora questo contrasto scenico con l’ ambigua avvocatessa. “Oh no perché siete così crudeli con me, signori, costringermi ad assistere al vostro piacere mentre io languo nel mio tormento interiore….

se proprio non debbo essere liberata, almeno potessi evitare di guardare, mi sarebbero risparmiate le sofferenze di un piacere negato. ” E voltò il capo dall’ altra parte socchiudendo gli occhi, e per essere certa che il suo velato messaggio fosse colto ribadì questa sua intenzione: “Non fatemi guardare, ve ne scongiuro. Farò ciò che il vostro capriccio desidera ma risparmiatemi questo supplizio. ” I due soci si guardarono per un attimo sorridendo lievemente e mentre i primi baci di lui raggiungevano il collo e le spalle di lei, si intesero che avrebbero soddisfatto al più presto la richiesta di Michela.

Giulio si recò nel cassetto della scrivania e ne estrasse un fascio di seta rossa, e portandosi dietro la sedia di lei lo arrotolò e le cinse la fronte nascondendole la vista. Questa nuova sensazione di essere ora anche bendata si aggiungeva alle tante che già le scuotevano i sensi, e sentì che sarebbe andata presto in fibrillazione se qualcuno non le avesse almeno sfiorata la pelle entro pochi secondi. Il suo desiderio di stimolazione era ora talmente evidente sottopelle che i due avvocati non poterono rimanerne indifferenti.

Tra l’ altro questa nuova condizione di lei legata e bendata aveva alzato di un gradino il loro stesso incombente piacere, e decisero di sperimentare un gioco che già conoscevano ma che mai li aveva annoiati in passato. Li sentì camminare attorno alla sua poltroncina, i tacchi di lei e le suole morbide di lui. Li immaginava scambiarsi baci e carezze e silenziosi cenni d’ intesa, la eccitava questa loro perversa complicità e soprattutto il fatto di essere al centro delle loro attenzioni, indispensabile protagonista di quel gioco che adesso credeva fosse iniziato chissà quanto tempo fa.

Passò un attimo di silenzio e poi un suo gemito di piacere reagì a un sottile sfioramento delle sue cosce, per qualche secondo poteva sentire nell’ aria solo i suoi respiri vocianti e le sue gambe tornarono a piegarsi verso l’ interno costrette dalle carezze del frustino. La sua pelle era solleticata in modo appena percettibile da quell’ inedito strumento di piacere, essere così stimolata le dava sensazioni prima inimmaginabili, era come una minaccia e una delizia allo stesso tempo.

Non finì di gemere e già un'altra sensazione simile e molto più vicina la sorprese, ora era il suo collo ad essere sfiorato dallo stesso attrezzo, come un serpente ne veniva avvolta e lo lasciava libero di muoversi verso l’ incavo del suo petto. Ma i serpenti ora erano due e questo la stava facendo quasi impazzire di piacere. Avrebbe venduto l’ anima al diavolo in questo frangente pur di sentire su di sé una mano, un corpo che placasse quell’ adrenalinica sensazione di estatica tensione che come un magnete la stava attirando verso un buco nero denso di piacere.

Sentì una mano risalirle la vita per catturare i bottoni della sua camicetta ancora allacciati e lentamente liberarli dalla prigionia della stoffa color arancio. Era da qualche settimana che non sentiva su di sé una mano maschile, quell’ ultima sua storia con un ex compagno di studi era durata poco e si era ripromessa di mettere in secondo piano le prospettive relazionali almeno finchè non fosse riuscita a salire i suoi primi gradini di aspirante avvocatessa.

Ma era davvero una mano maschile quella che finì di slacciarle l’ ultimo bottone e le scostò delicatamente di lato la camicetta? Non avrebbe saputo dirlo con nessuna certezza, ma sapeva anche che le importava ben poco di chi fosse quella mano finchè le avesse dato percezioni epidermiche così gradevolmente graffianti. Sentì un brivido caldo sull’ addome nel sentirsi liberata da uno dei tanti soavi vincoli a cui era in quel momento sottoposta. “Uhhh gaudentemente delizioso, non trovi cara?”, disse lui rivolgendosi alla sua compagna.

“Si Michela questa volta ha superato sé stessa in buon gusto, dovrai assolutamente dirmi dove hai trovato quel reggiseno cara. ”. Stavano ammirando il suo pezzo forte di quel giorno, aveva deciso di indossarlo quella mattina quasi presagisse senza reali motivi di poterlo far ammirare a qualcuno. Era un reggiseno di pizzo rosato, con interno sfoderato e si intonava splendidamente con il suo incarnato chiaro. Le piaceva sempre di più sentirsi al centro del ring, essere osservata e desiderata per la sua sensuale bellezza e la sua eleganza in un modo che non credeva di poter mai sperimentare.

I suoi capezzoli svettavano ora in mezzo alle grandi aureole dei seni, erano talmente sollecitati che pareva volessero bucare il delicato tessuto intimo che li comprimeva. Avvertì l’ estremità del suo seno lambita da qualcosa di leggero che si insinuava attorno al capezzolo, e la sua bocca non seppe trattenere un sorriso di traverso da cui uscì un lungo gemito. Le gambe ripresero a roteare e a sollevarsi senza freni inibitori, il piacere ora le stava affluendo verso sud con un’ intensità di una tempesta tropicale.

“Bastardi hmmmm…..finirete col farmi delirare, perché lo fate…. hmmmm…. ” “Caro credo che l’ imputata voglia interrompere questo processo sai?”, disse Silvia sorridendo verso di lui. Prima che potesse ribattere fu Michela a replicare: “No…. no non smettete ora, ve ne prego signori……hmmm…..è già così in fase avanzata il tormento che mi state infliggendo ora che interromperlo sarebbe un delitto. ” Percepì due dita sganciarle il ferretto del reggiseno. “Hai visto tesoro, Michela non diceva sul serio.

Ella è certo consapevole di quanto giusta, e a quanto pare gradita sia la pena che le stiamo regalando. ”, disse Giulio mentre Silvia le si avvinghiava attorno alle gambe baciandolo sul collo e sul petto. “Si se questo processo è inevitabile vi chiedo almeno che vada fino in fondo…. sono disposta a scontare la pena che deciderete di infliggermi ma non fermatevi ora, non resisterei……..” Dopo qualche attimo in cui li sentiva amoreggiare a due passi da lei fu di nuovo il silenzio, e di nuovo dopo il silenzio quella sensazione sulla pelle.

Ora i frustini erano due, e roteando lentamente attorno a ciascun seno ne raggiungevano il centro sopraelevato, stimolandolo con la lingua biforcuta e facendolo ballare nell’ incavo, solleticandolo e imprigionandolo alternativamente. Michela ora gemeva in modo quasi lamentoso, senza nemmeno più supplicare di poter raggiungere il piacere in altra maniera che non questa. Le sue mutandine erano ormai un temporale di agosto e Giulio le sfilò la seta dal polso destro mentre abbracciato a Silvia continuavano a produrre nella ragazza le sensazioni più intense col solo ausilio di quel sottile strumento di piacere.

La mano di Michela schizzò come un’ anguilla verso il suo sesso per carpire con il tocco delle dita il flusso del suo fluido erotico che in quegli attimi era incontrollabile. I gemiti e le sensazioni di lei piano piano si ammorbidirono mentre lasciava scorrere il frutto del piacere al suo interno e la pelle le si distendeva dopo un prolungata tensione a cui si era sottoposta, con quello che credeva solo un impulso di una curiosità passeggera.

Pensò per un attimo da quanto tempo doveva essere seduta lì, le pareva da tutto il pomeriggio almeno ma la pendola sopra le scrivania segnava le 16. 30. Il tempo le si era amplificato nella sua percezione, troppa era stata la sorpresa e la carica elettrica di quell’ inedita partita di piacere. Ora i due avvocati si erano scostati leggermente dalla sua postazione, li udiva sospirare tra loro e dovevano essersi disinteressati di lei una volta provocatale quell’ intensa eruzione erotica.

Chissà che facevano, si chiese, e subito si diede dell’ ingenua, era chiaro che dopo essersi eccitati giocando con lei e su di lei stessero ora godendo del frutto carnale più pieno. Certo in quella circostanza si sarebbe rilassata ancor meglio osservando le movenze erotiche dei due soci piuttosto che con la benda di seta rossa che ancora la teneva al buio, un’ oscurità che peraltro trovava ancora piacevole. Le parve riconoscere dal suono dei gesti e dei loro sospiri che la bionda avvocatessa dovesse essere impegnata ora a soddisfare un esigenza erotica di lui sotto il basso ventre, e le sembrava di avvertire la sua sagoma piegata o inginocchiata di fianco alla scrivania.

Rimase ancora un po’ di tempo su quella comoda poltroncina finchè li sentì riavvicinarsi a lei, e vide finalmente tornare la luce al tocco di Giulio che le tolse la benda. “Come prevedevo caro, questa maldestra signorina non ha saputo resistere a dare sfogo ai suoi istinti più torbidi, hai visto che spettacolo ci ha offerto prima?”, disse Silvia mentre lei li osservava per la prima volta nel loro costume adamitico originale. I neri stivali di lei erano gli unici indumenti che ancora avevano addosso.

Non doveva toglierseli mai, pensò ironicamente Michela. Li trovò entrambi piuttosto attraenti , non solo i loro modi insinuanti erano piacevoli ma anche la loro carnalità era ben disegnata nelle curve sinuose di lei e nell’ asciutta silhouette atletica di lui. “In effetti non credevo di essere costretto a slegarla per permetterle di sfogare la sua libido incontrollata cara, avevi ragione tu quando mi dicevi che Michela era priva di qualsivoglia freno inibitorio. ” Rieccoli nelle loro ambigue analisi, pensò, che se da un lato trovava del tutto artefatte dall’ altro non mancavano mai di provocarle una reazione stuzzicante nella sua mente e nel suo corpo.

Le piaceva questo gioco teatrale, ormai le era perfettamente chiaro. Ed era sempre Silvia ad attizzare in modo malizioso la discussione, notò ad alta voce: “Ditemi voi signori se nella condizione in cui mi avevate posto mi era possibile resistere a soddisfare il giusto piacere che mi avete provocato. E non posso non notare come nelle cause riguardanti la pubblica decenza, le donne siano sempre in primo piano in termini di severità giudicante. ”, disse rivolta a lei che si compiacque di quel complimento.

“E’ vero, e la storia giudiziaria lo dimostra, sappiamo essere le più inflessibili giudici della moralità ogni volta serva la nostra competenza in materia. Ma lo imparerai tu stessa sulla strada del tuo tirocinio, cara. ” “Comunque ora come da te richiesto in precedenza ti sarà data la possibilità di osservare senza veli il nostro piacere, spero vivamente che ce ne darai la possibilità visto che hai già avuto la tua parte in merito.

”, fu Giulio a rivolgersi a lei mentre nuovamente Silvia gli si avvicinava con feline movenze. Le mani di lei furono sui suoi fianchi, sulle sue natiche e sulla sua schiena mentre lui si gongolava armeggiando con la bocca sulle spalle e il collo di lei, scendendo pigramente sui seni per baciare e mordicchiare la sua pelle di velluto rosa appena abbronzata. Erano di fronte a lei e Michela tornò ad agitarsi interiormente per quel nuovo spettacolo che le veniva offerto.

Il suo piacere non si era ancora sopito del tutto che già questo loro nuovo gioco tornava a destarne le tracce. Ora guardava Silvia avvinghiarsi e stringere il corpo statuario di lui e indugiare a lungo sulla sua pelle con la lingua e i palpeggiamenti sempre più arditi. Le provocazioni della bionda sortirono ben presto gli effetti da lei sperati e Giulio si attivò nel reagire agli assalti di lei con una passione via via più tenera e violenta, che in breve tempo la imbrigliò in un vortice di mani impetuose che la aggredirono dolcemente non risparmiandone che pochi lembi di pelle.

Silvia si lasciò cadere sulla poltrona sotto la spinta sempre più veemente di lui. Michela li osservava sentendo una nuova scossa interiore risalirle verso l’ esterno, quei due non solo sapevano giostrare molto bene tra i preliminari fatti di parole e accenni ma anche nella seconda fase dell’ amore la loro abilità era pari alla mancanza di fretta che palesavano. Ancora una volta la sua mano discese pigramente sull’ addome e tastò con le sue dita affusolate la sensibilità del suo clitoride che diventò subito ricettivo a quel nuovo impulso.

Aveva appena iniziato un movimento tra l’ adagio e l’ allegro sul suo sesso che i due accesi amanti decisero di cambiare posizione e staccarsi dalla poltrona, chissà che avevano in mente questa volta, pensò. Silvia carezzava la superficie liscia e dura della scrivania e con l’ altra mano il sesso turgido di lui, non avrebbero mica….. Ma prima di verificare le loro intenzioni diedero un lungo sguardo congiunto verso Michela. Lei li guardò entrambi con occhi già molli per il nuovo imminente piacere che la circondava in ogni angolo di quella stanza.

“Hai visto, caro, ancora una volta non si è saputa trattenere quella scostumata, eccola dare di nuovo spettacolo davanti a noi. ” Ci risiamo, pensò Michela, il gioco proseguiva, volevano ancora coinvolgerla in qualche strana situazione per aumentare il loro piacere che già pareva voler consumarsi. Stavolta non avrebbe più nemmeno simulato sorpresa per ciò che le andavano preparando perché sapeva già che qualsiasi cosa fosse stata le sarebbe piaciuta, così li anticipò sempre intenta nel suo gesto autoerotico: “Vi chiedo scusa, signori.

Le mie mani non possono davvero resistere davanti all’ allettante spettacolo che mi state dando, perdonatemi se potete. E se proprio non potete vi scongiuro di non negare stavolta che le mie mani siano libere di vagare per il mio corpo, non potrei accettarlo e sono sicura che nemmeno il vostro ego erotico lo potrebbe. ” I due amanti valutarono le sue parole avvicinandosi a lei e non staccando mai i propri corpi stretti in un abbraccio intricato.

“In effetti gli argomenti dell’ imputata hanno una loro logica, non credi cara? Ella lega la propria possibilità di piacere alla nostra e di conseguenza ci stimola a dare il massimo, non sarebbe giusto negarle il piacere che noi stessi le provocheremo. ” Silvia ora la guardava con occhi freddi e divertiti, mentre rispondeva a lui: “Si ammetto che il piacere è l’ unica cosa che non potremmo negare alla nostra imputata, ma c’è il pericolo che liberandola ella fugga.

Non deve succedere, non trovi?” Chissà cosa andava progettando adesso quell’ affascinante vipera, meditò Michela, la stava occhieggiando con malignità. La riteneva responsabile di aver interrotto quel duetto con Giulio, e ce l’ aveva con lei. Di questo Michela ne provava ulteriore piacere. “Faremo in modo che possa godere dei nostri sollazzi e nel contempo non possa essere tentata di parteciparvi direttamente. ”, ribattè lui. “Ottimo, avvocato, io propongo di legarla ben stretta, non voglio correre alcun rischio”, disse lei sorridendo crudelmente a Michela che la guardò quasi con riconoscenza, ogni nuova parola di lei non faceva che aumentare il suo desiderio di sentirsi in loro potere purchè non le negassero il piacere.

“Si abbiamo qualcosa che fa per lei, cara. Mi pare siano nel secondo cassetto in basso della scrivania. Vorresti prenderle per cortesia?” “Subito, mio caro. Approvo la tua scelta. ” Nel frattempo Giulio liberò la mano sinistra di Michela dalla seta che ancora la intrappolava, per la prima volta dopo un’ ora era completamente libera, anche se le sembravano passati secoli. Lei si liberò rapidamente della camicetta e si sfilò la gonna rimanendo solo con le sue mutandine abbassate sulle cosce in una posa da studentessa di prima liceo ai primi approcci con le proprie fantasie erotiche.

Silvia tornò facendo schioccare accortamente i tacchi, e le si presentò davanti con un lungo fascio di cordicelle che pareva senza fine. “Con queste non scapperai da nessuna parte, cara. ”. le disse con quel suo mezzo sorriso irridente. Lei la guardò stupendosi della sua stessa reazione giustificata solo dalla sua sempre più viva eccitazione:”Hmmm…. lègami pure si, è solo in questo modo che potrai impedire che io partecipi ai tuoi giochi amorosi. Sono certa che tuo marito non disdegnerebbe, Silvia.

” “Bene cara, credo allora sia la cosa migliore da fare!”, le disse con tono secco e stizzito. Passò una delle due cordicelle a Giulio e si misero accanto alla poltroncina di Michela, lei di spalle e lui di fianco. Vide la corda tesa tra le dita di Silvia scendere dinanzi al suo viso ed appoggiarsi sui suoi seni mentre Giulio la passava sulle sue cosce e sotto la poltroncina. Lei allargò ancor più le gambe per garantirsi un movimento più agevole attorno al suo sesso.

Al secondo giro di corda di Silvia sentì una forte compressione sui seni che le fece rizzare ed indurire i capezzoli già in fibrillazione. Quella gentil dama stava stringendo con energia e il suo viso colorito segnalava che ne stava provando piacere: “Scusa se non ti ho legata sull’ addome cara, sai temevo che avresti avuto problemi di pancino. ” “Mmmm…..sei una carogna sai…. e mi piace da morire”, le replicò titillandosi subito un capezzolo mentre la bionda finiva di legarla assicurando le corde dietro lo schienale della poltrona.

Silvia non resistette all’ eccitazione indottale dalle sue parole e le prese l’ altro capezzolo stringendolo e torcendolo tra le dita per qualche secondo, non mollando la presa prima che Michela ebbe lanciato un acuto urletto liberatorio. Ora era impacchettata per bene, era la prima volta che provava quelle strane sensazioni ma le trovava estremamente piacevoli, specie quella morbida stretta sulle sue tette le piaceva, e il fatto di avere le mani libere le consentiva di assaporarne appieno gli effetti.

I due avvocati nuovamente eccitati ricominciarono le loro moine fatte di toccamenti e sospiri davanti a lei, ella li guardava compiaciuta delle conseguenze tattili che aveva su di lei quell’ esibizione. “Caro andiamo sulla scrivania…. ”, disse Silvia a bassa voce ma non abbastanza per non farsi udire da Michela. “Uhmm…. ok ma starò in posizione comoda se non ti dispiace…” “Questa piccola impudica invece se ne starà qua, le sarà consentito di guardare…se vorrà”, disse lei voltandosi un attimo verso Michela.

I due fecero per allontanarsi da lei ma furono subito richiamati dai gemiti lamentosi di lei, che senza parlare indicava con la mano il frustino appoggiato sul tavolo. “Credo che Michela si stia innamorando del nostro strumento preferito, tesoro”, disse lui. “Bè penso che non dovremo negargli quella soddisfazione , anzi sono certa che col tempo saprà apprezzare sempre di più le possibilità che le offre quel bell’ oggetto di pelle”, ribattè lei fissandola gelidamente.

Era innervosita dalle continue moine di Michela che attiravano l’ attenzione di lui, in quel momento avrebbe voluto eliminarla dalla scena. Imbracciò il frustino e si diresse verso di lei che continuava a toccarsi senza pudore, guardandola ora interrogativamente. Il primo colpo la raggiunse sul seno sinistro, secco, preciso. “Aaahh…”. A breve una seconda staffilata raggiunse le sue cosce, e a seguire altri cinque colpi ritmati, lenti, sui seni. “Vediamo se te ne stai buona ora, gioia.

” “Aaaahh…ti prego…. basta!”, supplicò Michela continuando peraltro ad assaporare la sua eccitazione con le dita galeotte. Dopo una dozzina di colpi energici dati tra i seni e le gambe di lei, Silvia era diventata rossa in viso per il piacere, finalmente aveva eguagliato la sua collega-rivale nella dose di adrenalina circolante in corpo. Si rilassò mentre le appoggiava il frustino sul bracciolo della poltrona. Giulio aveva assistito alla scena in uno stato di crescente stimolazione e afferrò letteralmente Silvia in un violento intreccio carnale.

I due amanti ormai prossimi a raggiungere quello stadio avanzato di voluttà reciproca si trascinarono sulla scrivania avvinghiandosi l’ un l’ altra in un abbraccio inestricabile di membra e umori tattili. Lui si distese sulla dura base di radica del mobile e lei sopra ad assaporare il sesso rigonfio di lui e le sue mani forti sui suoi fianchi e sui suoi piccoli seni, mentre quelle di lei gli esploravano il torace, il viso in una ricerca spasmodica dell’ armonia delle forme.

Michela li osservava rapita da quel turbinio di passione, di carne e spirito fusi nella ricerca dell’ assoluto. Scrutò attentamente l’ impugnatura del frustino, la sua sagoma elegante e compatta, nera e lievemente rugosa. Le sue mani che già da tempo pregustavano una seconda ondata di piacere ebbero un sussulto e decisero di riposare le dita in quell’ assalto finale al nirvana dei sensi. Impugnarono il nero strumento dalla parte opposta e lo avvicinarono furtivamente alla bocca del suo sesso, saggiandone il gradimento.

La prima impressione fu subito deliziosa ed ella fece lentamente risalire il manico lucente del frustino entro di sé, notando con grande piacere come fosse più lungo di quanto appariva, sembrava non finire mai. Il suo ritmo si impose di allinearsi a quello dei due amanti stretti sul tavolo, voleva una sintonia perfetta tra il suo e il loro piacere. L’ altra mano le massaggiava i seni compressi da quel giro di corde che crudelmente lei le aveva imposto e che le manteneva i capezzoli costantemente in stato di incendio imminente.

I gemiti di Silvia e i mugugni di Giulio stavano arrivando al capolinea, lo percepiva, e il suo ritmo aumentò di pari passo col loro, ora lo stantuffare del frustino dentro lei raggiungeva ritmi frenetici e con esso il suo umido piacere affluiva verso il basso. Giunse al punto di massimo sforzo e gradualmente rallentò il ritmo proprio mentre i due soci si abbandonavano agli ultimi sospiri spostandosi sul divanetto e rilassandosi uno sull’ altra e rigirandosi in quella superficie ora ben più morbida.

Quando i loro corpi si fermarono del tutto nel silenzio più dolce dell’ amore ella aveva finito le residue energie, era sfinita e mai le era capitato di esserlo in modo più estasiante che in quel lungo pomeriggio. Quando si furono rivestiti e riassettati guardò la pendola, erano le 18 e 20. Forse c’era ancora il tempo per terminare quell’ importante relazione di lavoro prima di cena. L’ avrebbero fatto?.

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