GRAN BEL PASTICCIO cap2

CAP 2
Dentro le mie nuove scarpe da ginnastica, camminai per qualche minuto a fianco di quella splendida ragazza.
Ci dirigemmo, in silenzio, verso il porto del borgo in cui ci trovavamo. V'era un paesaggio notevole che la luce, ancora diffusa, del crepuscolo, rendeva suggestivo e romantico. In lontananza, la sul mare, si cominciavano a scorgere le lampare dei pescherecci e delle piccole imbarcazioni di turisti che si dilettano alla pesca notturna. Il tramonto aveva lasciato quell' aura velata che avvolgeva il porto in una atmosfera da cartolina, quasi surreale.

Il tintinnio calmo degli armi delle barche a vela, cullava i pensieri e dava ritmo alla vita attorno, che lenta si preparava alla notte. Il dolce tepore dell'aria, il braccio di quella splendida ragazza che cingeva il mio, il suo respiro, appena percettibile, calmo e deciso, i miei pensieri, fecero gonfiare il cavallo dei miei pantaloni estivi.
Nonostante quello splendido e suggestivo paesaggio, il mio silenzio era dovuto ai pensieri che mi ronzavano in testa, tutt'altro che nobili.

Mi stavo già immaginando il proseguo della serata. Seduti in riva al mare, con la brezza che ci accarezzava, si sarebbe avvicinata per riscaldarsi. Con quel poco di coraggio che mi era ancora rimasto, l'avrei baciata, tenendole dolcemente la nuca ed accarezzandole i capelli, avrei assaporato il dolce sapore delle sue labbra, cercando di invitare la sua lingua a danzare assieme alla mia, in un ballo sempre più carico di eros.
Con l'altra mano mi sarei dedicato ad accarezzarle il viso, sulle guance, lisce e tese, per poi scendere sul collo curvato all'indietro e giù, sulle spalle, dolcemente, scostando la spallina del top leggero ed attillato che le copriva a stento il seno già desideroso.

Piano le avrei slegato il nodo della camicia che le cingeva la vita e abbracciandola le avrei baciato il collo e quella fossetta sexi che si forma con la clavicola, centimetro dopo centimetro in cerca di tracce di sale lasciato dal mare. Curiosando con le dita sopra il top, poi, mi sarei soffermato sul seno alla ricerca di quel frutto desideroso e desiderato, cullandolo delicatamente fino a completa maturazione, per poi assaporarne golosamente con le labbra, la sua freschezza.

Piano, dolcemente, fino a sentire il suo corpo fremere tra le mie braccia, fino a che il suo bacino non si sarebbe spinto contro di me, strusciandosi sui pantaloni di lino bianchi, desideroso di attenzioni. Sempre più avvolto da quell’atmosfera empia di patos, scostando, il misero slip, già completamente zuppo del dolce miele prodotto da quella rosa purpurea, avrei accolto fra le mie dita, tintinnandolo, il tumescente pistillo, frugando nel cono di quel fiore desideroso di donarsi.

Raccogliendola fra le braccia, poi, l’avrei adagiata su di uno scoglio e avvolti dal tepore che ancora diffondeva, l’avrei spogliata e assaggiando ogni parte del suo corpo, sarei andato a bere quel dolce elisir che il suo desiderio voleva donarmi, affondando la mia lingua fra le delicate labbra, su fino al pistillo, procurandole idilliaci spasmi di piacere. E giù di nuovo, frugando fra le sue gambe, cercando il fondo di quell’oscuro pozzo che attirava la mia lingua e odorando fino all’estasi, il profumo dolce dei suoi fianchi.

Così, avvolti dall’oscurità e dal dolce cullare delle onde, regalando momenti di gioia e volute di piacere, mi avrebbe freneticamente tolto i vestiti per possedere la mia verga nerboruta e desiderosa di trovare il suo posto fra i petali di quel fiore. Con vorace appetito si sarebbe data, fino in fondo, aprendosi, come un fiore apre i propri petali al sole, prendendosi ogni millimetro di profondo piacere, spingendosi dentro e ancora di più la mia verga pulsante, che i dolce nettare già avvolgeva e nutriva di nuova vitale ostinazione nel cercare il piacere concessogli nelle profondità di quel corpo caldo e fremente.

Sempre più eccitati, esplorando i nostri corpi ed esplodendo, infine, in un’estasi d’amore, godendo all’unisono del seme di quel nervo che irrorava di vita e caldo piacere la profonda cavità dei suoi fianchi.
Preso da questi pensieri, quasi, non sentivo le sue parole.
– Può andare il locale che c’è laggiù, vicino al porto?- ridestò le mie fantasie riportandomi alla realtà
– OK- risposi, anche se in cuor mio non mi piaceva l’idea di un baretto per scapoli ubriaconi.

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