Fine delle trasgressioni.

Eravamo, io e Giulia, quasi arrivate in hotel con i nostri progetti serali.
Nel frattempo mi aveva chiamata al telefono Raul.
“Mi verresti a prendere in areoporto a Roma domani alle 14,20”
“A Roma? Ma sono quasi quattrocento chilometri! Ma ok vengo. Dal momento che me lo chiedi non avrai altre alternative”.
“Grazie Laura. Domani con lo sciopero dei treni sarei stato in difficoltà. La macchina ce l'hai tu. Voli più vicino non ce ne sono”.

“Ma poi torniamo qui. ? Avevo chiesto.
“Come vuoi decidi tu. Sono in ferie fino a Martedì compreso”.
“A me qui piace. Se ci fosse ancora la camera direi di si”
Ceravamo salutati così. Ero su di giri. Tre giorni di vacanza in più!
Ma era arrivata anche la telefonata a Giulia. Era di suo marito.
La figlia aveva la febbre. Niente di grave ma tutto ciò era stato sufficiente a far cambiare il nostro programma.

“Non me la sento di lasciarli da soli. Mi spiace ma devo rinunciare a venire a ballare”. Aveva detto tristemente Giulia.
Come potevo darle torto.
Era preoccupata per la figlia con la febbre. L'avevo accompagnata subito in hotel.
Ero salita in camera da me. Avevo bisogno di riflettere cosa fare.
Per essere a Roma alle 14,20, considerando il traffico sarei dovuta partire almeno per le dieci.
In discoteca avrei fatto tardi.

Poi senza Giulia che ci andavo a fare.
Anna era con Manuela, sarei stata d' impiccio. In più il ginocchio dolorante.
L'alternativa era però di trascorrere la serata da sola.
Con questo dubbio ero andata al chiringuito di Anna.
Parlarne di persona avevo la convinzione di risolvere al meglio la cosa.
C'era solo Cristina. Appena mi aveva visto mi aveva salutata con un abbraccio.
“Siediti, Anna arriverà a minuti, mi siedo con te prendiamo un aperitivo insieme”
Si era fatta sostituire da una sua collaboratrice.

Avevo captato che mi volesse dire qualcosa. Infatti:
“Ti sto guardando. Sei davvero bella. Posso capire Anna. Ma che gli hai fatto? È completamente uscita di testa per te. Non è da lei. Manuela è su tutte le furie. Ma non con te. In fondo tu che colpe hai. Non ho mai visto Anna così”
“Non sarà il caso che io non vada a ballare con loro stasera. Sai non vorrei sceneggiate. Dille tu che stasera io non ci vado a ballare”.

Avevo risposto accennando di andarmene.
“Calmati Laura. Vengo anch'io a ballare con voi. Tranquilla andrà tutto bene. Godiamoci adesso l'aperitivo”. Mi aveva bloccata Cristina.
Nel farlo mi aveva preso la mano.
“Ci divertiremo vedrai. È tutto organizzato”. Aveva aggiunto sorridendo.
Mi metteva tranquillità. Non l'avevo mai guardata da quel lato.
La personalità e la bellezza di Anna la metteva in secondo piano al chiringuito.
Cristina indossava una gonnellina in Jeans coperta da un grembiulino più lungo della gonna.

Chissà perché si era tolta il grembiule. Si era alzata per toglierselo.
L'aveva appoggiato su una sedia e si era poi riseduta di fronte a me.
La gonna era molto corta e lasciare vedere due gambe rotonde, ben tornite e soprattutto morbidose.
Il chiringuito era in strada da una parte ma dall'altra era direttamente sul mare.
L'abbigliamento era adatto.
Non si preoccupava che da seduta sotto la gonna si vedevano le sue mutandine bianche.

Si era accorta che il mio sguardo era caduto tra le sue gambe ma non aveva fatto nulla per coprirsele.
Cristina si avvicinava ai quaranta. Fisico da atleta. Ex giocatrice di pallacanestro.
Era molto alta, due gambe lunghissime.
La donna semplice che trasmette sensualità.
Fisico morbidoso ancora da ragazza ma la sensualità da donna.
La mia fantasia volava alta.
Continuava ad accarezzarmi la mano.
“Ci vieni vero stasera”? Mi aveva chiesto sorridendomi.

Le avevo risposto con un si con il movimento del capo.
“Wow. Bellissimo”! Aveva esclamato
Si era alzata. Mi si era avvicinata. Prima mi aveva abbracciata mettendomi le mani nei capelli.
Lei in piedi ed io seduta. Era talmente alta che la mia testa era più in basso della sua gonna.
Il contatto con la pelle delle sue cosce già mi aveva provocato una certa agitazione e come se non bastasse successivamente Cristina si era abbassata senza sedersi ma si era rannicchiata sulle gambe.

Posizione che lasciava intravedere ancora di più una passerotta gonfia coperta solo dal leggero cotone bianco delle mutandine molto attillate.
Il cotone attillato nello spacco della passerotta.
Le mutandine erano divise da una riga verticale che rimarcava le labbra della passerotta.
Non riuscivo ad evitare il mio sguardo dalle mutandine.
Se ne era accorta e non si spostava. Si lasciava guardare.
Anzi muovendosi l'impressione che avesse volutamente allargato un poco di più le gambe.

Conoscevamo entrambe le nostre tendenze.
Lei era stata per anni la compagna di Anna.
“Sono contenta. Stasera ti sorprenderò. Mi farò anch'io bella per te”. Aveva detto maliziosamente.
Ero rimasta senza parole. “Ci mancava solo lei per completare l'opera”. Avevo pensato!
Avevo avuto solo la forza di dire:
“Ascolta Cristina. Piccolo problema. Domani devo essere a Roma in areoporto per le due.
Al massimo per le dieci se non prima vorrei partire.

Vorrei anche riposare almeno qualche ora”.
Non mi aveva lasciato il tempo di finire.
“Perfetto. Saremmo già andate con due macchine. Io domani alle sette devo aprire il chiringuito. Anna invece inizia più tardi. Tu verrai con me, non faremo tardi. Io e te torneremo prima. Andremo alla Baia Imperiale, è qui vicino a Gabicce. Cinque minuti di strada. Abbiamo già prenotato un tavolo”.
Speriamo bene pensavo. Ma doveva e volevo che fosse una notte di trasgressione.

Forse l'ultima notte di quella vacanza visto il rientro di Raul.
Avevamo concordato di venderci direttamente per cena in bellissimo locale a Gabicce Monte.
Le avrei raggiunte li con la mia macchina.
Ero tornata in hotel. Un po' preoccupata, ma decisa a vivermi la serata.
Avevo chiesto in reception la disponibilità per ancora qualche giorno di permanenza.
C'era posto ma non in quella camera. Ma io volevo quella.

Avevano detto che avrebbero fatto il possibile per accontentarmi.
La mia camera era già stata pagata fino a Sabato. Avevo solo chiesto il conto degli extra.
Avevo pensato di partire già con le valigie e senza lasciare conti in sospeso.
Se non ci fosse stata la disponibilità di quella camera ci avrei pensato se rientrare oppure prolungare la vacanza in un'altra località.
Così facendo sarei stata libera di decidere strada facendo.

Avevo comprato prima di partire un vestitino a color marroncino chiaro.
Modello tipo premaman corto a metà gamba che lasciava immaginare parecchio.
Molto largo, sembravo incinta. Un vitino alto appena sotto il seno.
Stivaletti estivi con tacco da indossare senza calze.
Volevo stupire quella sera. Mi ero messa al meglio.
Mi vedevo sexy e probabilmente lo ero dagli sguardi che mi sentivo addosso uscendo dall'hotel.

Al ristorante ero arrivata prima io.

Mi ero seduta al tavolo in attesa.
Mi sentivo osservata da tutti.
Non erano sguardi maliziosi.
Almeno quella era stata la mia impressione.
Poco dopo erano arrivate le altre.
Bellissime, Anna semplicemente meravigliosa.
Altissime tutte e tre, con i tacchi superavano abbondantemente il metro e ottanta.
Manuela elegantissima e per ultima in ordine d'entrata Cristina.
Con i tacchi era altissima, almeno un metro e novanta.

Cristina indossava un vestitino a fiori, molto colorato modello tipo bomboniera anche lei a vitino alto e lunghezza appena sopra il ginocchio.
Era super sexy. Quel vitino alto le prolungava visivamente le gambe già lunghissime.
A cena non c'erano state strane situazioni.
Anna sembrava aver capito ed accettato la situazione.
Era stata quasi sempre vicina a Manuela.
Per fortuna c'era Cristina. Era stata lei la vera sorpresa della serata.

Simpaticissima, battuta pronta. Era stata lei a tenere banco.

Finita la cena, il tempo di sistemarci nei bagni del ristorante c'eravamo recate in discoteca.
Con me in macchina era salita Cristina.
Mi corteggiava. Mi provocava. Era un inizio di vera trasgressione.
Mi aveva fatto i complimenti.
“Accendi l'aria. Con sto vestito ho un caldo. Non vedo l'ora di togliermelo”.
Nel farlo lo alzava come per farsi aria lasciando intravedere le lunghissime cosce.

“Ti sta bene questo vestito a fiori. Il modello a bomboniera che parte dai fianchi alti fa risaltare ancora di più il fisico. Ma quanto sei alta. Hai due cosce che sembrano un'autostrada. Non finiscono mai”. Le avevo detto.
“Un metro e ottantuno senza tacchi. Ti piacciono le mie cosce”? Nel dirlo si era alzata il vestito fino a far intravedere le mutandine.
Indossava un paio di mutandine in seta rosa pallido.

Non erano attillate. Modello comodo. Tipico delle mutandine in seta che rimangono leggermente arricciate.
Erano terribilmente sexy.
“In effetti sono lunghe ma finiscono. Basta prendere l'autostrada”! Aveva aggiunto. “
“Beh! Al ritorno posso anche prenderla”! Le avevo risposto fissandole le cosce scoperte.
“Guarda avanti diavoletta rossa tentatrice. La strada è piena di curve pericolose” aveva risposto ricoprendosi.
“Bisogna capire di che curve parli. Tra le tue o la strada non saprei quali sono le più pericolose” avevo ribadito.

“Adesso stai attenta a quelle davanti a te. Per le altre c'è tempo”! Aveva risposto sorridendo.

In discoteca Anna era al centro dell'attenzione. Conosceva tutti. Era un continuo salutare persone.
Tra noi poche parole.
Anche a cena Anna non era stata molto loquace nei miei confronti.
Non mi evitava ma neanche intavolava con me un discorso.
Con Manuela invece solo tre parole in tutta la serata.

Ma in fondo io che colpa avevo. Mica potevo sapere il giorno prima che Anna era la sua compagna.
In più se proprio,volevamo dirla tutta era stata lei a tradirla con me.

In discoteca non riuscivo a ballare. Avevo provato ma il ginocchio mi faceva male.
Prima di ritornare al tavolo avevo fatto un giro a vedere la discoteca.
Veramente molto bella.
Cristina mi aveva raggiunta quasi subito.

“Ti stai annoiando? Vero”? Mi aveva chiesto.
In effetti mi stavo annoiando ma mi sembrava brutto dirlo così apertamente.
“No. Mi piace. Poi ci sei tu”. Avevo risposto.
Mi sembrava giusto muovere gli eventi o almeno provare a muoverli.
“Grazie. Anche tu mi sei molto simpatica, oltre che sei la più bella”. Aveva risposto.
Si era seduta su un divano di fronte a me.
Contrariamente da me che ero praticamente sdraiata, Cristina si era seduta sul bordo anteriore del divano.

Diversamente sarebbe stato impossibile sentirci.
Il frastuono della musica copriva la nostra voce.
I divani erano abbastanza bassi e per stare seduta in quella posizione Cristina doveva rannicchiare le gambe.
Erano troppo lunghe. Le sue ginocchia erano molto più alte della seduta del divano.
In quella posizione il vestito copriva le gambe solo davanti ma lasciava completamente scoperto sotto.
La mia visuale era quella di vederle da sotto la gonna le mutandine rosa che coprivano la sua passerotta.

Come nel pomeriggio Cristina aveva notato il mio sguardo sotto la sua gonna ma non si preoccupa.
“Sei sexy con quel vestito. Lo eri anche oggi ma stasera sei un bomba. Mi stai facendo uscire matta” Le avevo detto.
“Laura, diavoletta dove vorresti arrivare”?
“È tutto il giorno che me la mostri. Mi piaci, mi ecciti da morire. Dove vorrei arrivare? Vorrei prendere l'autostrada e vedere dove si va a finire”
Era rimasta in silenzio un paio di secondi.

Doveva prendere una decisione.
Probabilmente non era pronta ad un attacco così diretto ma aveva risposto:
“Sei micidiale oltre che bella. Mi eri piaciuta subito dal primo momento che ti avevo visto ma non volevo mettermi contro Anna. Continuava a parlarmi di te. Ti va se andassimo da me? Ma alle altre che cosa le diciamo”?
“Ti crea problemi”?
“Beh con Anna ci lavoro”!
“Non mi sembra che lei si crei molti problemi con te.

Non le diciamo o meglio non le dirai niente. Sono quasi le due, siamo stanche e domani mattina dobbiamo alzarci presto. Mi sembra già un buon motivo per andarcene”. Avevo risposto.
“Dai andiamo” aveva detto.
Salutate Anna e Manuela erano uscite dal locale.
Mancava ancora a mio modo di vedere un feeling sensuale.
Una provocazione più naturale.
Sembravamo due persone che andavano a fare sesso senza una passione particolare.

Penso che anche lei pensasse la stessa cosa.
Nel tragitto per andare in macchina nessuna carezza. Nessun gesto di affetto.
Salite in macchina avevo preso io l'iniziativa.
“Togliti le mutandine”. Le avevo chiesto in modo imperativo.
Non si aspettava una richiesta simile.
Mi aveva guardato e sensualmente si era alzata la gonna e si era sfilata le mutandine.
“Fatto” aveva risposto sventolandomi le mutandine sotto il naso.

Aveva riabbassato la gonna e era rimasta seduta al suo posto.
Aspettavo a mettere in moto la macchina.
Mi ero avvicinata a lei. Ribaltato il suo sedile, l'avevo fatta sdraiare e l'avevo baciata.
Non se l'aspettava. Era rimasta sorpresa ma mi baciava con passione.
Non si aspettava neanche la mia mano sotto la sua gonna.
Le mia dita erano già dentro la sua passerotta già umida.
“Tu mi farai impazzire.

Dai andiamo da me”. Mi aveva detto.
C'eravamo sbloccate. In viaggio mi accarezzava, mi coccolava.
“Dai fammela toccare adesso”. Diceva.
Avevo guidato con l'elastico delle mutandine spostato e due dita che mi vellicavano la passerotta.
Non era distante casa sua.
Una villetta. Mi aveva fatto parcheggiare sul retro.
Probabilmente non voleva che qualcuna potesse vedere la mia macchina.
C'eravamo s**tenate appena entrate in casa.
In tre secondi mi sono trovata senza il mio vestitino.

Mi aveva slacciato il reggiseno.
“Voglio vederti nuda”. Aveva detto mentre mi abbassava le mutandine.
“Sei bellissima” aveva aggiunto per poi continuare “dai vieni di la”.
Mi aveva preso per mano e mi trascinava in camera.
Ma io indossavo ancora gli stivaletti e le mutandine non si sfilavano.
Non riuscivo a camminare con le mutandine alle caviglie.
Le mutandine si intrecciavano con gli stivaletti. L'elastico mi impediva di fare dei passi lungi.

Cercavo di alzarle ma Cristina non mi dava il tempo.
Avevo camminato completamente nuda con piccoli e veloci passi fino in camera.
“Sei sexy con gli stivali e le mutandine abbassate”. Aveva detto.
Passando c'era uno specchio, mi ero guardata.
Vedermi nuda con i leggeri segni dall'abbronzatura sul seno, sul culetto e passerotta quasi mi eccitava guardandomi.
“In effetti”. Avevo pensato.
Arrivate in camera mi aveva fatta sdraiare sul letto restando con il culetto in su.

Avevo ancora gli stivaletti e le mutandine alle caviglie.
Ero stata attenta a non sporcare le lenzuola.
“È stata la prima cosa che ho pensato quando ti ho visto”. Mi aveva detto. E concluso:
“Quella di baciarti così”.
Aveva affondato la sua lingua tra le mie chiappe.
Non voleva che mi togliessi gli stivaletti, evidentemente vedermi con le scarpe e le mutandine abbassate alle caviglie la eccitava.
Solo successivamente, quando mi aveva fatto girare, mi aveva spogliata completamente.

Era stata lei a prendere l'iniziativa. Mi baciava ovunque.
Mi piaceva il suo contatto di pelle. Era morbidosa.
Nonostante fosse molto brava ed io avevo più volte raggiunto l'orgasmo, Cristina non riusciva a a coinvolgermi emotivamente come volevo.
Avevo provato ad essere meno passiva. Accarezzavo le sue forme morbidose.
Ma avvertivo sempre qualcosa che non mi lasciava libera nella mia fantasia.
Fino a quando la mia mente libidinosa era andata a riprendere l'immagine delle sue mutandine in seta sotto la gonna.

“Vorrei vederti con le mutandine e sfilartele io lentamente”. Le avevo chiesto.
“Wow. Adoro essere spogliata” aveva risposto cercando e poi indossando le mutandine.
Erano mutandine che mi facevano sballare.
In seta, modello largo un po' arricciate. Lasciavano vedere e non vedere ma che facevano volare in alto la mia fantasia.
Le avevo baciato la passerotta da sopra le mutandine.
Le avevo volutamente bagnate con la mia saliva a cui si era aggiunto il nettare rilasciato dalla sua passerotta.

Si intravedeva il suo pelo castano ormai incollato alla seta.
Il solco ben delineato della labbra gonfie della passerotta.
Solco che allargavo accarezzandolo con le dita.
Aspettavo a sfilarle. Era troppo eccitante.
L'avevo fatta girare. Volevo scoprirle e ammirare il suo punto di forza:
Il culetto formoso e morbidoso.
Nel girarsi Cristina si era messa un cuscino sotto la pancia.
L'avevo interpretato che a lei piaceva mostrarlo e magari a farselo manipolare.

Un culetto bianco. Le forme perfette. Lo accarezzavo, lo baciavo.
Il nostro silenzio era stato interrotto da una sua richiesta:
“Lo usi dildo”?
“Personalmente no. Perché ce l'hai”. Avevo chiesto.
“Allungati è nel primo cassetto”. Mi aveva detto.
Personalmente non ero molto pratica di quel tipo di oggetto ma non ci voleva sicuramente una laurea per saperlo usare.
Cristina era rimasta in quella posizione.
Mi ero messa a cavalcioni su di lei.

Vedevo il suo culetto scoperto e le mutandine rimaste a metà coscia.
Delicatamente le avevo infilato il dildo nella passerotta.
Lo muovevo su e giù e nel farlo mi muovevo anch'io.
Muovevo i miei fianchi in sincronia con il dildo.
Avevo raggiunto l'orgasmo così. Strofinando la passerotta sulle sue cosce.
Cristina invece continuava a spingere il culetto in alto verso di me e successivamente in basso contro il cuscino.

Muoveva su e giù il bacino. Sentivo i suoi sospiri sempre più veloci.
I suoi lamenti di piacere sempre più forti.
I suoi mugugni che si trasformavano in vere e proprie grida.
Era esplosa in un orgasmo con delle vere e proprie urla di piacere.
Per fortuna che la casa era una villetta, altrimenti avrebbe svegliato i condomini.
Ma penso che qualche vicino l'abbia sentita per quanto erano state alte.

Stanche e rilassate, tra una carezza e qualche bacetto c'eravamo successivamente addormentate.
Me sembrava di essere appena addormentata quando era suonata la sveglia.
In effetti avevamo dormito si e no due ore.
Alle sette lei doveva aprire il chiringuito.
Per lasciarle la sua intimità mi ero rivestita in fretta per tornare in hotel.
Mi sarei fatta la doccia da me. Volevo dormire ancora un paio d'ore.
Salutata con un classico ” è stato bello e ci vediamo dopo” ed un' ulteriore raccomandazione da parte sua di non farmi sfuggire nulla con Anna mi ero diretta in hotel.

Avevo guardato il mio telefonino che prima avevo messo in silenzioso.
Una chiamata persa e parecchi messaggi.
Coccolone iniziale, una chiamata di notte fa sempre spaventare.
Erano tutti di Anna, anche la chiamata delle quattro e dieci.
I primi messaggi dopo la chiamata erano abbastanza offensivi nei miei riguardi.
Con quelli successivi si era scusata.
“Mi manchi. Sto immaginando che sei da lei. Ti prego non farlo.

Ti voglio. Mi hai stregata” e così via.
L'ultimo messaggio però era diverso.
“Portami via con te. So che non puoi portarmi via nella vita, ma almeno portami con te a Roma.
Dai ti faccio compagnia durante il viaggio. Fammi sentire tua finché saremo da sole. Ti prego Laura non ce la faccio più. Mi manchi”
Per quanto sono fredda di natura un messaggio del genere non mi aveva lasciata indifferente.

In fondo Anna era il mio personaggio. Avevo già detto che eravamo state create per stare insieme. Stesso carattere, stesso modo di vivere.
Insieme eravamo perfette. Riuscivamo a trascinare tutte le persone che circondavano.
L'altra metà della mela.
Avevo bisogno di riflettere.
Portarla a Roma mi vincolava il ritorno nelle Marche.
Non potevo di certo lasciarla a Roma.
C'era pure lo sciopero dei treni.
Portarla con me era anche continuare una trasgressione con lei.

Anna, la più bella di tutte.
Io e lei in viaggio.
Ci saremmo divertite da matte.
Con Raul non sarebbe stato un problema.
Potevo sempre dirgli che si lei era offerta per farmi compagnia in viaggio e poi a lui piaceva Anna e gli avrebbe sicuramente fatto piacere.
Dovevo decidere in fretta.
Se avessi deciso di partire sarei dovuta partire subito.
Sicuramente Anna sarebbe passata più tardi in hotel e tutto sarebbe stato più difficile.

Non riuscivo a decidere.
La voglia di Anna era forte.
Ma dovevo e volevo ritornare alla normalità.
In due giorni avevo messo sotto sopra la cittadina.
Ero agitata.
Rientrata In hotel in reception c'era Michele e con il classico dare del voi aveva detto:
“Signorina Laura buongiorno e ben tornata. Volevo dirvi che la vostra camera è disponibile fino a Martedì compreso”
“Ecco, già ero indecisa prima, figuriamoci adesso”.

Avevo pensato.
“Signorina Laura. Allora che fate partite o restate? Signorina Laura partite? Ma che fate partite.
Signorina Laura rispondete per cortesia che fate partite”?
Avevo guardato fisso Michele. Stava per scapparmi una lacrimuccia.
Ero riuscita finalmente a dargli del voi anch'io quando gli avevo risposto:
“Michele. Secondo voi la felicità sta nelle mura dove viviamo o nella trasgressione”?
Aveva impiegato qualche attimo a rispondermi:
“Fate buon viaggio Signorina Laura”.
Era un osso duro Michele.

Ne aveva viste di partenze. Non era rimasto lì.
Si era allontanato subito. I duri non piangono o almeno non vogliono farsi vedere piangere.
Ero salita in camera, alla fine non avevo ancora deciso.
La camera era pagata fino a domani. Potevo sempre telefonare da Roma o in viaggio e confermare o meno la rimanenza fino a Martedì.
Ma dovevo fare in fretta. Se fosse arrivata Anna non sarei stata capace di rinunciare a lei.

Solo il tempo di sistemarmi nella mia intimità. La valigia era già pronta.
Ero andata sul terrazzo. Guardavo il balcone di Giulia, era tutto chiuso.
A quell'ora dormiva. Ma io la vedevo li.
Ballava con le sue mutandine, ballava felice in quei pochi momenti che aveva di felicità. Era bellissima mi sorrideva.
Guardavo a sud, vedevo lo stabilimento di Manuela. La immaginavo che giocava a beach volley con il classico costume da atleta.

Rivedevo la sua medicazione e la sua dolcezza quando mi aveva soccorso ed aiutata a rialzami dalla caduta. Quegli occhi azzurri e quel bellissimo sorriso.
Guardavo a Nord. I palazzi erano diventati trasparenti.
Vedevo il Chiringuito con Anna ed i suoi super mini short. La nostra passeggiata nella spiaggia isolata.
Ed infine Cristina con la sua gonnellina ed il grembiule. Quel vestitino a fiori. Quelle sue gambe lunghe rotonde e morbidose.

” Mi sembrano un'autostrada”. Le avevo detto.
Ma le dure non piangono.
“Vado. Al limite ritorno”. Mi ero detta.
Avevo preso la mia valigia e quella di Raul ed ero scesa in garage.
Ma dovevo prima avvisare e lasciare le chiami in reception.
Non c'era Michele. C'era una ragazza ed era al telefono.
Avevo ascoltato la telefonata:
Certo si è liberata una camera adesso. Terrazzo vista mare. È la nostra Suite.

Signore, che fa l'accetta”?
Le dure non piangono. Sarà poi vero!
Laura.

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