Fantasie avverate (prima parte)

Era il giorno del matrimonio di Luca, un amico di infanzia di mia moglie Anna.
Mia Moglie è una bellissima ragazza di 34 anni (39 i miei), una di quelle ragazze che non passa inosservata e più passano gli anni, più diventa appetitosa.
Capelli lunghi e mossi di colore sempre diversi, 1,72, una terza abbondante di seno, bel culo, gambe toniche e scolpite grazie ai tanti anni di palestra e di scuole di ballo, una mania nel vestire sempre in modo sexy e provocatorio grazie alle sue forme, ma senza cadere mai nel volgare.

Quella mattina si alzò presto per prepararsi per la grande cerimonia, io ero ancora a letto a godermi altri 5 minuti di sonno leggero, ascoltando lo scrosciare dell’acqua della doccia.
Anna uscì dal bagno con l’accappatoio addosso e a piedi nudi si avvicinò al cassettone dove aveva l’intimo, io con gli occhi socchiusi la osservavo tirare fuori calze, mutandine e reggiseni per sceglierne il modello e il colore, quella visione mi fece avere un erezione impressionante e cominciai a massaggiarmelo sotto le lenzuola; lei se ne accorse ma fece finta di niente, fece cadere l’accapatoio ai suoi piedi e infilò un perizoma color crema, poi un reggicalze dello stesso colore con i bordi in pizzo lavorato, poi toccò alle calze; mi guardava con la coda degli occhi, lo sapeva che adoravo osservarla quando si preparava, infilò prima la punta del piede sinistro nella calza color carne e con maestria la srotolò pian piano salendo su per la gamba fino alla coscia dove l’abbottonò alle clips del reggicalze; poi toccò alla gamba destra, curvò il piedino e avvolse pian piano il nylon sulla carne, avevo il cazzo che mi scoppiava!
Fu mentre mi diede le spalle per mettere il reggiseno che scoprii le lenzuola e tirai fuori il mio uccello in tiro, “ti prego fatti scopare”!
Si aspettava quella richiesta e la risposta fu rapida, “No”!
Poi aggiunse: “Oggi voglio giocare un pò con te, chissà che non realizzi qualche nostra fantasia”…….

Per poco non arrivavo.
Quando facevamo l’amore, per rendere i nostri rapporti ancora più intensi e piccanti, ci piaceva fantasticare sulla possibilità che tra noi ci fosse un altro uomo o più persone, in situazioni e in posti particolari ed avevamo orgasmi divini; ma tutto rimaneva nelle nostre fantasie, subito dopo l’amplesso il tutto ritornava nella normalità, non si faceva più riferimento a quello che si era detto e desiderato.
Cercavo di solcare il terreno in giornate di normalità, ma lei evitava sempre il discorso e diceva che erano solo fantasie dette a letto, niente di più; ma la sua fica mi diceva altro!
Ecco perché quando disse quelle parole mi stavo sborrando addosso.

Mi alzai per saltarle addosso, ma mi respinse con una spinta, “No, voglio che mi osservi e che ti godi lo spettacolo!”
Ok, volevo vedere dove voleva arrivare.
Si vestì con un abitino color oro con varie decorazioni, corto sopra il ginocchio, ma molto elegante;
scelse delle scarpe dorate brillantinate con punta scoperta, tacco 10, era uno schianto!
“che dici, passerò inosservata quest’oggi”?
Inosservata un cazzo, replicai io; ma volevo vedere cosa aveva in serbo, aveva voglia di qualcosa di strano, lo intuivo, lo sapevo, del resto era mia moglie da 6 anni, dopo 11 anni di fidanzamento, stavamo insieme da quando aveva 17 anni, quindi chi meglio di me poteva conoscerla?
Scendemmo di casa e prendemmo la macchina, dovevamo percorrere all’incirca 150 chilometri per raggiungere la località situata nella regione vicino alla nostra, la Basilicata.

Per strada parlavamo del più e del meno con la radio a farci compagnia, gli dissi quanto mi era piaciuto e quanto mi aveva eccitato guardarla mentre si faceva bella e gli dissi che una volta arrivati al ristorante avrei trovato un angolino nascosto e riservato e li avrei voluta scoparla; non ottenni nessuna risposta e dopo poco mi disse: ”fermati alla prossima area di servizio, devo fare la pipì”.
Non ripetei quello che mi sarebbe piaciuto fare con lei, perché aveva capito benissimo le mie parole, ma di proposito non aveva risposto, lo faceva apposta.

Arrivammo nell’area di servizio e visto che era domenica mattina, era affollata da un bel po di persone, anche perché era una bella domenica di fine maggio.
Lei aprì lo sportello mentre io stavo raccogliendo il telefono e le sigarette, ma quando alzai gli occhi, vidi che le persone che erano sul lato da dove stava scendendo Anna, guardavano tutti nella sua direzione, dicendo qualche parola incomprensibile per la distanza, ma che si poteva intuire il significato; solo quando incrociarono il mio sguardo abbassarono gli occhi e fecero delle risatine.

Le dissi di venire dal mio lato, che l’avrei accompagnata io in bagno, ma lei mi stupì, ”comincia ad entrare ed ordina un caffè anche per me, vado da sola”;
entrai e feci lo scontrino, aspettai al bancone il suo arrivo e quando si aprì la porta ed entrò, vidi lo sguardo esterefatto di tutti i maschietti che seguivano il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento;
“quando hai aperto lo sportello c’era un gruppo di persone che sono rimaste a fissarti, perché?!?!
E lei con una risatina sul volto: ”questo vestito è bello, ma siccome è corto e stretto, quando sale si intravede la balza delle calze e le stringhe del reggicalze”.

Mi venne immediatamente duro, immaginai la scena di Anna che aprendo lo sportello e mettendo le gambe a terra, aveva fatto salire il vestito, non so se casualmente o di proposito, ma aveva offerto una visione a quegli uomini di due splendide gambe inguainate da calze color carne le quali finivano con una balza merlettata.
“Che troia che sei”, dissi.
“L’hai fatto apposta”!
Mi si avvicinò all’orecchio e mi diede un piccolo morso al lobo, dicendo: “però guardandoti in mezzo alle gambe, mi sembra che ti sia piaciuto”.

“Che stronza che sei”, le dissi.
Aveva ragione e lei lo sapeva, perché anche se mi dava fastidio che gli uomini la guardavano con occhi da lupi, mi provocava un piacere perverso, era lei al centro di tutte le mie fantasie.
Bevemmo il caffè e ci incamminammo verso l’uscita, ma questa volta lei mi prese la mano e così volle farsi accompagnare fuori; quando eravamo entrati aveva fatto fare l’acqua in bocca a tutti, ma adesso che il gioco era finito, voleva far capire che ero io il suo padrone, ero io il fortunato.

Usciti dall’area di servizio ci incamminammo verso la macchina, fummo seguiti dagli sguardi di molti uomini, distratti da quel pezzo di femmina che era mia moglie.
Ripartimmo verso la nostra destinazione, “hai fatto drizzare molti cazzi poco fa”, le dissi, mentre gli lisciavo il nylon delle calze, ma fu quando arrivai con la mano sulle mutandine che notai un certo calore e quando le spostai notai che c’era un lago, era bagnatissima!
Subito mi spostò la mano, quasi imbarazzata per quello che avevo scoperto, arrossì, quasi come se si fosse pentita di come si era comportata, dello spettacolo che aveva dato e di come si era bagnata; in fondo lei era timida su certi aspetti, ma quando si scioglieva, si faceva guidare dall’istinto.

“Sei proprio una zoccola” le dissi, “vorrei che osassi un po’ di più, vorrei che oltre all’esibizionismo, che ti piace tanto, ti spingessi un po’ oltre, fin dove te la senti, senza forzature”.
“Lo so quello che desideri”, mi disse lei, “ma a volte quando sono sul punto di cedere alle voglie,
mi blocco perché penso che potrebbe rovinare il nostro rapporto, che mi potresti considerare come una puttana di strada”.
“Questo non accadrà mai”, le dissi, “le nostre voglie sono un gioco, un gioco di complicità, che vogliamo tutti e due, una voglia di trasgressione che ci farà provare nuove emozioni”.

Si allungò verso di me e mi mise le braccia al collo, mi diede un bacio sulla guancia e disse: ”ti amo”!

Il ristorante era una grande villa in stile americano, c’era solo una sala molto ampia con intorno ampi spazi di verde fatti di prato inglese, una macchia di alberi di medio fusto oltre ad una piscina dove a fine serata sarebbe stato allestito l’angolo dei dolci.
Si cominciò con un grande antipasto servito fuori, dove si poteva prendere posto a dei tavoli allestiti sul grande prato; incontrammo parecchi amici e cominciammo a chiacchierare un pò qua e un pò la, dopo poco vidi Anna in compagnia di alcune amiche scomparire dalla mia visuale, passarono circa 15 minuti e vidi le ragazze che prima erano in compagnia di mia moglie da sole; Anna non c’era.

Provai a cercarla un po’ in giro, senza chiedere a nessuno se l’avessero vista, per non fare la figura del marito ansioso, ma di lei non c’era traccia.
Un tarlo mi cominciò a rodere in testa, dove era finità?
Dopo quello che gli avevo detto in macchina, aveva preso la palla al balzo?
Mi sentivo strano, ansioso e incazzato, ma anche eccitato; la immaginai appartata con qualcuno nella macchia di alberi poco distante, in ginocchio a leccargli l’uccello, per poi farsi prendere a pecorina appoggiata al tronco di un albero.

Questi pensieri mi provocarono una grande eccitazione e non mi accorsi, dietro di me, della presenza di mia moglie, ”ehi, hai la testa tra le nuvole?!?!
“Dove eri finita”?
Lei: ”stavo scopando con un uomo nel retro delle cucine” e segui con una risatina.
Scoppiai in una risata e dissi: “troia”.
Entrammo in sala e prendemmo posto, il cibo era ottimo, meglio ancora il vino che cominciò a dare i suoi effetti tra gli invitati, compresa mia moglie, con risate e tanta allegria, accompagnati dalla musica e dal canto di un giovane ragazzo che faceva il piano bar.

Dopo un po’ mi accorsi di lunghe occhiate che questo ragazzo lanciava verso il nostro tavolo, indirizzate a mia moglie, ma feci finta di non accorgermene; lo feci notare ad Anna la quale prese con molto interesse la cosa, “è un bel ragazzo, avrà al massimo 30 anni”.
Dai stuzzicalo un po’, le dissi io.
“Sei proprio sicuro”?
“Si”, le dissi , “ma non fartene accorgere dagli altri invitati”, non volevo fare la parte del cornuto e lei della zoccola.

Il ragazzo girava per i tavoli cercando di coinvolgere gli invitati in balli e musiche, ma dal nostro si manteneva a distanza, nonostante gli sguardi penetranti di Anna; era la mia presenza che lo intimoriva.
Capito questo mi alzai e con la scusa di andare a fumare una sigaretta uscii dalla sala e mi posizionai vicino alla vetrata che faceva da perimetro alla sala, da li potevo vedere quello che accadeva dentro, avevo una buona visuale sul nostro tavolo.

Accortosi della mia assenza, il ragazzo prese coraggio, si avvicinò al tavolo e allungando una mano verso mia moglie, la invitò ad alzarsi e a concedergli un ballo; per gli altri niente di strano, perché tutti ballavano e c’era un pò di calca nella sala, ma io sapevo che in quel ballo c’era qualcosa di più.
Quando partì un lento, vidi che il ragazzo aveva messo le mani sui fianchi di mia moglie e la guidava in movimenti lenti, approfittando della confusione per stringersi a lei e godersi la pressione delle sue tette sul petto; a vicenda si parlavano nell’orecchio per superare il volume della musica e il vocio della gente, poi vidi il ragazzo staccarsi lievemente da mia moglie e guardarla quasi incredulo, per poi fare un accenno di si con la testa.

Anna gli aveva proposto qualcosa, un qualcosa che l’aveva lasciato un attimo incredulo, ma che lui subito aveva accettato; mi si gonfiò l’uccello nei pantaloni.
Buttai il mozzicone ed entrai in sala con l’ansia di sapere cosa stava succedendo, ma quando arrivai al tavolo, Anna non c’era; mi guardai in giro ed anche il ragazzo era scomparso.
Avevo il cuore in gola, l’avevo provocata e lei aveva cavalcato l’onda; non che mi stavo pentendo, ma ero nervoso perché lei mi aveva messo fuori dai giochi, i patti non erano questi.

Provai a cercarla, anzi a cercarli, ma nella sala niente; provai nei salottini che erano situati sopra la sala che servivano da sale di riposo per prendere ossigeno tra una portata e l’altra, ma c’erano solo coppiette e bambini che giocavano; fuori non erano potuti uscire, perché c’era una sola uscita e da li ero entrato io.
I bagni, non poteva esserci altro luogo dove potevano andare, i bagni!
Quello degli uomini erano situati in fondo alla sala, entrai nell’antibagno dove c’era un lavandino e di fronte avevo tre porte con i rispettivi gabinetti; due porte erano aperte, la terza era chiusa.

Mi avvicinai alla porta tendendo l’orecchio per cercare di ascoltare il minimo rumore, ma dall’interno non proveniva nessun suono, poi ci fu lo scarico dello sciacquone; mi rifugiai subito nel bagno adiacente e socchiusi la porta, usci un uomo, ma del ragazzo e di mia moglie, non c’era traccia.
Andai verso quello delle donne, ma dubitavo che Anna fosse tanto pazza da portarselo proprio la; dopo vari appostamenti fuori dall’antibagno (certo non potevo nemmeno immaginare di entrarci), mi decisi di tornare in sala, quando notai che all’inizio del piccolo corridoio che portava al bagno delle donne, c’era una porta chiusa con sopra un etichetta che diceva riservato.

Incrociai un cameriere e gli chiesi con una stupida curiosità cosa ci fosse li dentro, mi disse che era un corridoio che portava a delle stanze adibite a spogliatoi, riservate ai fotografi e ai musicisti; bingo!
Aspettai che il cameriere si allontanasse e aprii la porta senza fare rumore; mi ritrovai in un corridoio con poca luce, le luci erano spente, in fondo c’erano due porte, una di fronte l’altra.
Mi avvicinai con passo leggero, appoggiai l’orecchio alla porta alla mia sinistra, ma fu quella di destra ad attirare la mia attenzione, era di alluminio, quindi poco insonorizzata e non ci fu bisogno di appoggiare completamente l’orecchio vicino; sentivo lo strusciare di qualcosa, tipo lo sfregamento di vestiti, poi dei bisbigli, la voce di mia moglie: “ti piace così o vado troppo veloce”?!?!?
“Siiii….. vai bene cosi, continua.


Lei: “Ti piaceva guardarmi le cosce in sala vero? Avevi l’acqua in bocca!!!
Lui: “Si, mi piaci un casino, mi stava scoppiando il cazzo e tu lo facevi apposta ad allargarle e a far salire su la gonna”, “se non ci fosse stato tuo marito, ti avrei portata fuori e ti avrei scopata fra gli alberi”.
Lei: “Come corri, neanche ci conosciamo, accontentati di come te lo sto tirando. ”
Lui: “Si mi piace, mi piace tanto di come me lo seghi, si vede che ci sai fare, ti prego prendimelo in bocca”!
Io ero li, ad un metro da loro, diviso da un muro di cartongesso, mi stavo massaggiando il cazzo da sopra i pantaloni, con gli occhi chiusi ad ascoltare tutto quello che stava accadendo all’interno; il cuore mi batteva talmente forte nel petto che avevo paura che si potesse sentire dall’interno.

Ad un certo punto sentii Anna gemere.
Lui: “sei un lago, sei inzuppata, stai sbrodolando”.
Lei: “aspetta che le tolgo”.
Sentii il rumore del tacco che batteva a terra, poi l’altro; si era tolta le mutandine.
Il Cazzo mi faceva male nei pantaloni, li sbottonai e lo tirai fuori, cominciai a menarlo.
Dall’altra parte del muro sentivo il rumore inconfondibile delle dita che sbattevano velocemente nella fica bagnata di Anna, piu’ aumentava il rumore e più lei gemeva forte; ad un certo punto sentii la mia dolce mogliettina emettere un lungo grido per poi abbandonarsi ad un lungo e profondo orgasmo.

“Adesso me lo prendi in bocca”!
Non era più una richiesta, glielo stava ordinando!
“Hai sborrato talmente tanto che ho la mano tutta impiaccicata, adesso tocca a me”.
Sentii un piccolo gridolino di mia moglie, poi il rumore di risucchi; probabilmente l’aveva presa per i capelli e accompagnava con la mano il ritmo del pompino.
Io ero li, come un segaiolo che si tirava il cazzo ascoltando sua moglie che sbocchinava un ragazzo che non conosceva; tutto per gioco o per voglia, ma mi piaceva quella situazione, più di quanto avessi immaginato.

Più volte stavo sul punto di scoppiare, ma mi trattenevo, volevo che quel momento, quella situazione durasse ancora un po’ di tempo.
“ahhh…ahhhh…. come lo succhi bene, si, passa la lingua anche sotto, si, anche le palle, lungo tutto l’asta”.
Al tempo stesso sentivo i lamenti soffocati dalla bocca piena di mia moglie, stava godendo anche lei, con gli occhi chiusi riuscivo anche a percepire l’aumentare della velocità con cui glielo stava sbattendo in bocca, poi:
“Madonna non ce la faccio più……noooo, noooo, non ti togliereeeee…..”
“aaahhhhhhhh….

aaahhhhhhh…..aaaaaaahhhhhh”
In quel momento non potei piu’ resistere, svuotai le palle sul muro e sulla porta alla quale ero appoggiato per origliare mia moglie che faceva la zoccola con un perfetto sconosciuto.
Mi resi conto che non avevo neanche un fazzoletto per pulire le ultime gocce di sborra che mi penzolavano dall’uccello e dovetti rimetterlo così dentro i boxer.
Nel frattempo dall’altra parte:
“stronzo, mi hai sporcato le calze”!
Lui voleva arrivargli in bocca, ma lei si era staccata dal cazzo divincolandosi, facendolo sborrare nel vuoto, a terra; per come l’avevo sentito gridare, la sborra doveva essere stata tanta, alcuni schizzi erano arrivati sulle calze color carne di mia moglie.

“Puliscimelo! gli chiese il ragazzo, e lei disse:
“ io ingoio solo lo sperma di mio marito”!
Quelle parole furono come il cemento per il nostro rapporto di coppia, mi fecero scomparire qualche senso di colpa o pentimento per quello che l’avevo spinta a fare; lei mi amava, le mie labbra si distesero in un gran sorriso.
Mi sistemai e a passo felpato mi diressi verso la porta dalla quale ero entrato, la aprii e la richiusi dolcemente, mi avviai verso i bagni degli uomini, volevo darmi una sciacquata al viso, mi sentivo stordito da quello che era appena accaduto; entrai e mi guardai allo specchio, ero rosso in viso, l’acqua fresca sulla faccia fu un sollievo, il fuoco della trasgressione si stava lentamente spegnendo, ma non ero pentito di quello che era appena successo, anzi, ero contento che mia moglie si fosse lasciata andare, aveva accettato quel gioco che da sempre ci eravamo promessi di fare, ma che un po’ per il coraggio, un po’ per le occasioni, non eravamo mai riusciti a realizzare; quelle parole mi riecheggiavano ancora nella testa, ”No, io bevo solo quello di mio marito”, era la prova che lei amava me, solo me, il resto era solo un gioco.

Ma una cosa non riuscivo a capire, perché mi aveva lasciato fuori dai giochi?
Perché non mi aveva avvertito di quello che aveva intenzione di fare?
Avrebbe dovuto immaginare che l’avrei cercata, una volta notata la sua assenza, ma visto dove si erano imboshiti, sarebbe stato difficile per me trovarli.
Gli avrei posto queste domande al ritorno a casa, in macchina, adesso non volevo far sfumare l’ebbrezza di quello che era appena successo.

Uscito dal bagno mi diressi in sala, era li, seduta al nostro tavolo che si scolava tutto di un fiato un calice di vino bianco; quando mi avvicinai mi accorsi che aveva il viso umido di acqua, come me, si era data una sciacquata in bagno, ma aveva ancora un colorito rosso, i segni dei bollori che aveva appena provato.
“Dove sei stato”?
Iooooo? Gridai nella mia mente, ma feci il vago.

Lei continuò, “qui al tavolo non c’eri”.
Aveva la testa bassa facendo finta di guardare qualcosa sul telefonino, non mi guardava in viso;
“Sei rossa in viso, sembri accaldata”, gli risposi io; in quel momento partì la musica di un lento e lei subito si alzò dalla sedia per evitare la risposta, “alzati” mi disse, “balliamo”.
Mi prese con la mano e mi portò al centro della sala dove c’erano altre coppie che si stringevano e danzavano, Anna si strinse forte a me, con la testa appoggiata sul mio petto mi accarezzava la schiena, “tutto bene”? Gli chiesi io e lei “si, si”; in quel momento alzai la testa e vidi che quel ragazzo ci fissava da lontano, ma appena incrociò il mio sguardo abbassò la testa.

Tutte le donne, sposate e non, se lo contendevano nei balli, la sua bellezza contagiava tutte ed io avvicinandomi a lui con Anna, giocai la mia carta: “amore concedi un ballo al tuo fan”!
In poche parole gliela consegnai tra le sue braccia.
Quando feci staccare Anna dal mio petto, mi guardò quasi a dire, ma cosa fai?!?!
Lui ne approfittò al volo, la fece girare verso di se e la strinse al petto per farla danzare, ogni tanto alzava lo sguardo verso di me, quasi incredulo per avergli ceduto mia moglie per un ballo, più di una volta gli strizzai l’occhio per fargli capire che era tutto ok.

Preso un calice di vino mi godevo lo spettacolo appoggiato ad un pilastro della sala e mi divertivo vedere mia moglie che scambiava domande e risposte con quel ragazzo, anche lei era incredula al gesto che avevo fatto; potevo immaginare cosa si stavano dicendo.
Quando cominciai a vedere che lui aveva preso coraggio, scendendo sempre di più con le mani sfiorandogli il culo, decisi che il gioco era finito, ora la volevo io!
Le strinsi un braccio intorno alle spalle e la attirai a me, “mi riprendo mia moglie”, dissi al ragazzo e dopo un paio di passi di danza, mi avvicinai al suo viso e le misi la lingua in bocca.

Ero infoiato, quella scena di lui che la stringeva mi aveva fatto tornare duro l’uccello.
Dopo un po’ mia moglie si ritrasse, “c’è gente che ci conosce” mi disse; allora andiamo fuori le risposi io e senza aspettare una sua risposta, la presi con il braccio e ci incamminammo all’esterno.
Fuori era cominciata a calare la sera e l’aria si era rinfreshita; “dove mi porti”, mi chiese, ma io continuavo a camminare senza rispondergli.

Arrivammo alla macchia di alberi che avevamo visto la mattina e ci addentrammo in quel po’ di boscaglia, “voglio fotterti”, le dissi, e cominciai a sbottonarmi i pantaloni.
“No dai, aspettiamo di tornare a casa”.
“No un cazzo”, le risposi, fai la troia con lui e non con me.
Lei mi guardò con un aria interrogativa e mi disse: ”sei tu che mi hai messo nelle sue braccia”.
“Non intendevo il ballo in sala”.

Abbassò subito lo sguardo e divenne rossa in viso.
Mi chiese, “Cosa vuoi dire?
Ed Io: “dimmi la verità”!
Come una forsennata mi si fiondò addosso e mi mise la lingua in bocca, con la mano mi tirò fuori l’uccello e cominciò a tirarmelo.
“Vuoi sapere cosa ha fatto questa troia di tua moglie?”
“Ho fatto quello che tu mi hai spinto a fare. ”
“Mi stai stuzzicando da stamattina e la carne è debole.


“Volevo farti un regalo, quello che hai sempre desiderato. ”
Mentre mi diceva queste cose continuava a tirarmi il cazzo e mi passava la lingua sul collo,
“Quando sei uscito fuori a fumare, lui ne ha approfittato per invitarmi a ballare e complice l’ebbrezza del vino, mi sono lasciata andare alle sue lusinghe”.
“Con la scusa di ballare mi stringeva forte per sentire le tette, mi parlava nell’orecchio……. e sentivo il suo fiato sul collo, mi sono eccitata talmente tanto che gli ho detto se gli andava di farsi fare una sega”.

“Il resto lo conosco”, le risposi io; finì di baciarmi e mi guardò in viso senza parlare.
“Vi ho sentiti, che peccato non aver potuto guardare”!
La presi per i capelli e la feci inginocchiare, “adesso succhialo come hai fatto con lui”!
La guardai mentre apriva la bocca per riceverlo e notai un sorrisetto malizioso sul suo volto.
Cominciò a succhiarmelo con foga, lo voleva, lo desiderava; la afferrai per i capelli e guidavo il ritmo del pompino, la sua saliva mi colava sulle palle, poi cominciai a scoparla in bocca!
Sentivo i suoi lamenti soffocati dal mio uccello, la sua bocca mi divorava il cazzo.

“Ti è piaciuto il sapore del suo uccello”?
“Era grosso quanto il mio”?
Più che domande, le mie erano affermazioni per sbatterglielo più forte in bocca.
Si alzò di shitto rimanendomi con l’uccello in tiro, si girò e si alzò quel po di gonna “adesso fottimi a pecora”!
Quando mi avvicinai con il cazzo al suo culo girato, mi accorsi che non aveva il perizoma che gli avevo visto indossare quella mattina.

“Dove è finito il perizoma”?
La sua risposta per poco non mi fece sborrare: “l’ha voluto lui per ricordo, per masturbarsi sentendo il mio odore”!
Affondai il cazzo dentro una fica fradicia di umori, era talmente bagnata che più volte dovevo rimetterlo dentro perché scivolava fuori.
Eravamo li, in mezzo ad una macchia di alberi che nascondeva la visuale alle persone che distavano da noi non meno di 150 metri; noi potevamo vedere loro, ma loro non potevano vedere noi.

La afferrai per i capelli continuando a fotterla da dietro, più volte dovetti metterle la mano libera davanti alla bocca per soffocare le sue grida che crescevano sempre di più in conseguenza dell’aumentare del ritmo con il quale la stavo scopando.
Volevo guardarla in faccia, mi piaceva guardare sul suo viso le smorfie di godimento, allora tirai fuori l’uccello e la feci girare, ci avvicinammo ad un grosso albero e la sbattei con la schiena al tronco; le alzai di nuovo la gonna fin su alla balza delle calze, fu in quel momento che vidi una chiazza di bagnato all’interno della coscia destra, sulla calza, la sborra del ragazzo; la sollevai da terra facendomi stringere le gambe intorno alla vita e con forza glielo ficcai dentro.

Cominciai a sbatterla come un pazzo, caricato da tutto quello che era successo e visto quella mattina; gridava, godeva e mi leccava tutto il viso.
Non ce la feci più, volevo arrivarle dentro, ma mi ricordai di quello che aveva detto al ragazzo: “Io ingoio solo lo sperma di mio marito”; volevo quel sigillo, un sigillo d’amore, il marchio che mi apparteneva.
Le tolsi il cazzo dalla fica e la posai a terra, la rifeci inginocchiare e prendendola per i capelli le spinsi la testa verso il cazzo, aprì la bocca e se lo fece sparire dentro; bastarono tre colpi e mi svuotai dentro la sua gola con un lungo e profondo grido di liberazione.

Dalla bocca non le uscì neanche una goccia, aveva mandato tutto giù.
Restammo qualche secondo in silenzio, tutto quello che era successo, tutto quello che avevamo provato; lei si alzò e mi mise le braccia intorno al collo, si strinse forte a me e mi poggiò la testa sul petto.
“Ti amo”, mi disse, le presi il volto tra le mani e le misi la lingua in bocca; potevo sentire il gusto del mio sperma, fu il bacio più bello che le avessi mai dato.

Andammo prima verso la nostra macchina, dove Anna si era portata il trucco da casa e si diede una sistemata, poi rientrammo in sala, soddisfatti ed appagati.
Questo fu l’inizio delle nostre avventure trasgressive.

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