Era il mese di giugno…accadono fatti nuovi

Agosto passò in fretta i primi di settembre ero tornato a casa e di notte spesso ripensavo a quella sera, mi tornava il desiderio e la voglia di riprovare quelle sensazioni che avevo creduto di dominare di sopire e dimenticare mentre, mi accorgevo, erano rimaste li, dentro di me in attesa di esplodere e adesso chiedevano con forza di essere soddisfatte.
Il giorno dopo decisi che sarei tornato alle giostre, dove quella sera cominciò tutto.

Non avevo piani precisi ma i miei amici una volta mi dissero che i vialetti limitrofi alle giostre, erano frequentati da uomini in cerca di ragazzi.
Attesi il pomeriggio e rifeci la stessa strada di due mesi prima. Quando il bus si fermò al capolinea al Piazzale dell’Agricoltura scesi e mi avviai per il viale dell’Agricoltura, sboccai nel viale delle Tre Fontane e arrivai davanti alle giostre, entrai dentro e ne ebbi un’impressione diversa, mi accorsi che osservavo le cose e le persone con altri occhi e con altre aspettative, in un certo senso avevo perduto quella visione spensierata che accompagna l’adolescenza.

Bighellonai per le giostre senza una meta precisa poi mi stancai e decisi di tornare a casa ma pensai di percorrere i vialetti che attraversavano il parco, in realtà ero andato li proprio per quello, ma non volevo ammetterlo, e così mi dissi che avrei fatto solo un giro li intorno e se non succedeva niente sarei andato via.
Avevo cominciato a camminare ritornando sui miei passi, ripercorsi la strada all’indietro per il viale delle tre fontane e risalii per il viale Romolo Murri semideserto, vedevo le macchine passarmi accanto e mi sembrava che le mie intenzioni le avessi scritte sulla fronte e tutti potessero vederle.

Si mi vergognavo e non capivo bene cosa stessi facendo in quel posto triste. Stavo girando per i vialetti da una mezzora, cominciava a fare buio ero stanco e mi appoggiai alla staccionata di legno che separava il marciapiedi dal pratone con i boschetti di lecci e pini mediterranei.
Benché fosse ancora settembre le giornate si erano accorciate, guardai l’orologio erano appena le sette di sera ma era già buio. Mi accesi un’altra sigaretta e mi dissi che finita quella sarei andato via.

Stavo pensando a questo nello stesso istante in cui una Mercedes color crema ,vecchio tipo si accostò con un fruscio e si fermò. Rimase ferma così senza che accadesse nulla, sentivo il cuore in gola per l’emozione, poi un finestrino si abbassò e vidi la persona dentro che mi faceva cenno di avvicinarmi. Gettai la sigaretta in terra e mi avvicinai allo sportello e vidi che alla guida c’era un uomo anziano piuttosto asciutto con un viso affilato capelli bianchi corti ben curati.

Mi squadrò per un momento poi mi disse – Vuoi salire? – Feci un cenno affermativo, mi facevano male i reni dall’adrenalina che avevo in circolo, aprii lo sportello e mi misi a sedere al suo fianco.
La macchina ripartì con un fruscio, silenziosa, imbocco il viale delle Tre Fontane lo percorse tutto poi girò a destra e dopo un po girò ancora a destra, li c’era un parco pieno di eucalipti altissimi, con vialetti e parcheggi, dopo essersi inoltrato nel parco con l’auto si diresse verso un piccolo parcheggio deserto che si inoltrava tra gli alberi, la macchina si fermò felpata, lui spense i fari e il motore, si volse verso di me guardandomi nella penombra, eravamo in silenzio osservandoci reciprocamente.

Dopo un tempo che a me era parso lunghissimo mi disse – Ti spogli tutto? Voglio dire ti denudi completamente?- risposi di si. – baci? – non l’ho mai fatto dissi.
Ah! – fece contrariato.
Tutte quelle domande per me insolite mi rendevano insicuro e mi innervosivano. Guardavo il suo viso affilato e severo, aveva il naso aquilino, le sue labbra sottili si mossero per pronunciare quello che mi sembrò un ordine – spogliati ! con tono che non ammetteva repliche.

Accettando quell’imposizione, senza fare domande iniziai a spogliarmi, mi tolsi il maglioncino che avevo a tracolla, mi sbottonai la camicia, la tolsi, slacciai la cintura e abbassai la lampo dei jeans, mi sfilai i mocassini subito dopo i pantaloni, mi tolsi la canottiera e per ultimi gli slip
Rimasi con le calze, lui fece – puoi togliere anche quelle? – annuii e le tolsi.
Ero nudo, lui mi guardava senza parlare, il fatto di essere nudo e disponibile era un’emozione molto forte che mi procurava un’ erezione continua, l’attesa di subire un’iniziativa incognita mi turbava e la visione del mio corpo esposto e offerto per essere usato da uno sconosciuto mi eccitava al punto da provare piacere anche al solo essere guardato.

Con voce calma e decisa mi chiese di voltarmi di mettermi in ginocchio con le gambe un poco aperte sul sedile appoggiando le mani allo schienale.
Dopo avere obbedito restavo in quella posizione in attesa di qualche cosa ma non accadde niente, sentii invece la sua voce chiedermi di rivestirmi.
Dopo essermi rivestito l’uomo mise in moto l’auto e in breve tornammo dove mi aveva fatto salire, nel salutarmi mi mise in mano una banconota dicendomi – Per il disturbo.

Scesi dalla macchina un po’ confuso, non sapevo se accettare o restituire il danaro, ma nel frattempo la macchina era già ripartita, risolvendo così questo mio scrupolo.
Mi misi in tasca i soldi, erano più di un paio di mesi di paghetta, ma restava che ero stato pagato come una puttana e questo in fin dei conti mi disturbava non poco, ero li per assecondare un’emozione, un bisogno di cui sentivo l’impellenza e che trovavo estremamente appagante, proprio per il modo sotterraneo assolutamente casuale e quindi imprevedibile con cui riuscivo a soddisfare questo piacere assolutamente perverso e nel contempo proprio per questo irresistibile, il fatto di essere stato pagato annullava questo percorso, mi faceva sentire come se si fosse trattato di un lavoro e per me questo distruggeva quella imprevedibilità e spontaneità che rappresentava una parte non trascurabile dell’attrazione che provavo per quel tipo di situazioni.

Assorto in quei pensieri mi ritrovai davanti alla fermata dell’autobus senza accorgermene, riuscii a rientrare a casa per le otto e mezzo e ad evitare così i rimproveri dei miei genitori.
Il tempo passava in fretta, arrivò il giorno di tornare a scuola, adesso avrei fatto il quarto liceo e preso dai nuovi programmi e dagli amici ritrovati a scuola non pensai più molto a quello che era successo, in un certo senso rientrai nei binari della mia vita di sempre, quella che conoscevo ed era per me rassicurante.

I giorni senza parere passavano velocemente e così i mesi. In quel periodo avevo preso l’abitudine il mercoledì o il giovedì pomeriggio, di andare al cinema.
Prendevo l’autobus e scendevo nei pressi di un cinemetto sulla via Appia. In genere andavo a vedere film d’azione o storici ma sempre un pò movimentati.
Un mercoledì pomeriggio decisi di andare a vedere un film che mi interessava e adesso che era in seconda visione potevo permettermelo.

Uscii di casa verso le cinque del pomeriggio con l’idea di rientrare per le otto. Quel giorno pioveva a dirotto
Presi l’autobus e scesi alla fermata vicina al cinema. Nonostante avessi con me un piccolo ombrello ero riuscito a bagnami lo stesso.
Arrivai al cinema con un certo sollievo, pagai il biglietto ed entrai nella platea buia, il film era cominciato proprio allora, mi avvidi che nella sala c’erano quattro gatti, mi avviai nel buio verso il centro scegliendo un sedile nella parte sinistra della platea verso l’esterno, che poi era sempre la zona che in genere sceglievo, mi misi a guardare il film e non pensai ad altro.

Finito il primo tempo si accesero le luci, mi guardai intorno e contai nell’enorme sala non più di una ventina di persone un pò sparpagliate dappertutto. L’inserviente con la giacchetta rossa e il vassoio sostenuto da una cinghia intorno al collo con dentro i gelati e i pop-corn girava svogliatamente per il corridoio centrale e visto che non c’era quasi nessuno si fermò e si mise a sedere pure lui, le luci finalmente si spensero l’omino con la giacchetta rossa si alzò e sparì dietro una spessa tenda che copriva una delle uscite al lato del grande schermo.

Mi rimisi a guardare il film e mi avvidi che qualcuno che si era messo a sedere qualche fila davanti a me, non facendoci caso continuavo a seguire la storia sullo schermo ma non potei fare a meno di notare che la persona seduta avanti a me si era alzata e dopo avere fatto un largo giro era tornata dove era prima ma nella mia stessa fila nel primo sedile verso il corridoio esterno, continuai a guardare il film e dopo pochi minuti il tizio si alza percorre i pochi sedili che ci separano e viene a sedersi proprio accanto a me, fatico a far finta di niente e continuo a guardare il film quando sento la sua gamba ogni tanto premere sulla mia, non reagisco e resto immobile pensando che ci sta provando, dopo poco sento che il tizio ha incollato la sua gamba alla mia e non la toglie più, anzi ogni tanto dà qualche piccola spinta, continuo a ignorarlo restando in attesa della sua iniziativa, adesso sento che struscia apertamente la sua coscia sulla mia, non oso voltarmi e guardarlo, continua con le sue manovre e appoggia la mano sulla sua gamba e senza parere prova a toccarmi la coscia con le dita, notando la mia assenza di reazione mi mette la mano sulla coscia e comincia a tastarmi.

Comincia dal ginocchio e poi con la mano sale fino alla coscia, li si ferma un poco va su e giù poi scende verso linterno della coscia, la sua mano continua a salire fino all’inguine per poi tastarmi il cazzo che nel frattempo è già duro e rigido da un pezzo, lo prende nella mano attraverso i pantaloni, e lo tiene stretto tra le dita facendo scorrere la mano su e giù, sento il suo respiro ansimante e vicinissimo, avvicina la sua testa alla mia e mi sussurra all’orecchio – Ti aspetto dietro la tenda, prima vado io dopo qualche minuto vieni pure tu – Appena pronunciate queste parole si alza e camminando lentamente lungo parete del cinema scompare dietro una delle pesanti tende dove nel buio brilla flebile la scritta luminosa uscita di sicurezza.

Aspetto qualche minuto poi mi alzo anch’io e mi dirigo verso la tenda che è in una delle parti del cinema più buie, sollevo il pesante lembo di stoffa rossastra e scivolo dentro. La tenda copre un’uscita di sicurezza e nello spazio tra la porta che da verso l’esterno e la tenda vedo l’uomo di prima che nel frattempo ha tirato fuori il suo membro e si masturba lentamente. Dalla tenda filtra la flebile luce che viene dallo schermo in sala e illumina fiocamente l’angusto spazio.

Sotto quella flebile luce vedo l’uomo che mi sta davanti, avrà sui cinquant’anni tarchiato capelli ancora neri ma corti e radi quasi calvo, un naso adunco e uno sguardo fisso su di me, abbassai lo sguardo e gli guardai il pene era corto ma grosso con una cappella gonfia e grossa che sembrava il doppio di tutto il resto.
Appena entrato dietro la tenda mi si avvicinò col respiro affannato e mi chiese di abbassarmi i pantaloni mentre mi accarezza con l’altra mano tra le gambe.

Questa situazione mi eccitava molto, perché inaspettata e poi l’idea di spogliarmi dietro la tenda di un cinema con il rischio di essere scoperto mi intrigava.
Mi abbassai i pantaloni e le mutande fino alle ginocchia e mi sollevai la maglia e la camicia fino al petto.
Lui si avvicinò mi prese il pene in mano e cominciò a masturbarmi mentre con l’altra mano mi carezzava il culo. Osservavo come distaccato tutte queste manovre sul mio corpo ma le assecondavo provando grande piacere nell’essere manipolato in quel modo.

Vidi l’uomo avvicinarsi e toccare con il suo pene il mio poi con una mano unire i due cazzi e masturbarli insieme, mentre compiva queste operazioni mi si avvicinò maggiormente per sussurrarmi – come sei bello, da uno come te mi farei fare qualsiasi cosa – Poi si inginocchiò e prese il mio cazzo in bocca, sentii la sua lingua e la sua saliva sulla mia cappella, la sua bocca andare avanti e in dietro, poi prese a leccarmi le palle, mi infilò la testa tra le gambe e mi leccò l’ano.

Appoggiato alla parete con i pantaloni abbassati fino alle scarpe e la camicia e il maglione sollevati fino al mento, le mani dell’uomo mi frugavano ovunque, mi baciava sulle guance e sulle labbra mi infilava la lingua in bocca a cercare la mia, mentre il suo cazzo tra le mie cosce andava avanti indietro, mi fece girare, mi appoggiai al muro con le mani, mi afferrò per i fianchi e tirò il mio sedere verso di lui, sentìì la sua saliva bagnarmi l’ano una, due, tre volte poi le sue dita entrarmi dentro su e giù, finalmente pensò di avermelo allargato abbastanza perché sentii il calore della sua cappella appoggiarsi al mio orifizio lubrificato e spingere con forza al punto di entrarmi dentro senza sforzo, ecco adesso mi stava inculando, ansimava sulla mia schiena mentre mi teneva per i fianchi.

Il suo cazzo spingeva dentro sempre più velocemente, io lo sentivo grosso dentro di me e stringevo il culo per sentirlo meglio, poi l’uomo fece una specie di rantolo, lo sentii irrigidirsi dentro e subito dopo avvertii i fiotti della suo sperma inondarmi.
Subito dopo mi girò dopo avermi masturbato prese il mio membro in bocca e mi fece godere così, prese tutto il mio seme nella sua bocca poi fece uno starno gesto, alzo il viso e inghiottì tutto, osservavo questa scena mentre sentivo il suo seme uscirmi dall’ano, mi toccai con la mano e la ritrassi bagnata.

Ci rivestimmo rapidamente mentre la sua sborra mi colava lungo le gambe.
Quando tutto finì mi disse di aspettare un poco prima di uscire, detto questo scostò la tenda e scomparve nel buio della sala. Dopo un pò uscii anch’io e non senza imbarazzo passai davanti alla cassiera e al bigliettaio con la sensazione che sapessero tutto. Finalmente fui all’aperto. Fuori era buio ma non pioveva più. Stavo andando verso la fermata dell’autobus quando scorsi l’uomo del cinema.

Adesso lo vedevo bene, illuminato dalle luci dei negozi, si avvicinò e cominciò a parlarmi – Ti ho aspettato, speravo che uscissi……volevo invitarti a casa mia, sai abito qui vicino – Gli spiegai che stavo andando a casa, e che non potevo proprio fermarmi. Ci demmo un appuntamento generico davanti al cinema per la domenica pomeriggio successiva, improvvisamente mi prese una mano e sul palmo ci scrisse un numero con una penna biro blu– puoi telefonarmi quando vuoi anche stasera, in qualsiasi momento.

– Annuii salutai e andai via.
Mentre ero sull’autobus ripensavo a tutto quello che era successo al cinema e come l’altra volta mi stupivo di non provare alcun senso di colpa o rimorso, non avevo la percezione di essere un depravato, al contrario mi sentivo bene quello che contava all’ultimo era stata l’emozione di avere ancora una volta superato il limite, spostato l’asticella del proibito ancora un pò più su.

Arrivato a casa e dopo avere cenato e rivisto i compiti per la scuola andai a letto, mi denudai sotto le coperte e con le dita della mano mi toccai l’ano era ancora umido di sperma ne percorsi i contorni con un dito, costatando che era ancora tutto gonfio e aperto rabbrividivo di piacere, eccitato ebbi un’erezione immediata mi masturbai ancora, poi finalmente presi sonno.
La verità è che vivevo due realtà parallele e in quanto tali destinate a non incontrarsi mai.

Almeno così credevo. La mia vita procedeva normale, frequentavo la scuola con profitto, uscivo ogni tanto con gli amici e tutto sembrava normale, ma c’era anche l’altro aspetto che conoscevo solo io, la realtà di un ragazzo che si faceva adescare da uomini e aveva con questi rapporti sessuali.
Queste due realtà in apparenza inconciliabili riuscivano invece a convivere perfettamente in me, l’una non disturbava l’altra, e questo bastava.
Il tempo intanto passava, gli avvenimenti si susseguivano costanti giorno dopo giorno il più delle volte banalmente uguali e senza grandi sorprese, lo studio gli amici le ragazze.

Vista dal di fuori la mia vita era come quella di tanti altri della mia età, dall’episodio del cinema erano passati alcuni mesi e ormai l’inverno si poteva dire passato, nell’aria ancora fredda si cominciava a percepire la dolcezza primaverile. Certo in quei momenti non immaginavo che di li a poco un incontro avrebbe rivoluzionato la mia piccola realtà che mi ero illuso di costruire al centro di comode certezze.

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