Diario di un rapporto molto particolare. – 8

CuckolF – Parte quarta

Ieri sera ho seguito il consiglio di Marisa e verso le 22 mi sono buttato sul divano per guadagnare qualche ora di sonno nell’attesa del loro arrivo.

Verso mezzanotte vengo svegliato dalla luce che si accende all’ingresso: sono loro.
Butto dietro al divano la copertina di microfibra in cui mi ero involtolato per dormire e mi precipito ad accoglierli, nudo come devo essere.
Mi inginocchio come da copione, bacio il cazzone di lui attraverso i pantaloni, poi i piedi di lei, e rimango in attesa di istruzioni.

Marisa mi saluta con un semplice “ciao” e se ne va in camera da letto, bull Bruno non mi saluta nemmeno e passa direttamente a comunicarmi gli ordini per domattina:

-Domani voglio il caffè per le 6. 30 in punto. Vedi di essere già vestita e pronta ad uscire, fighetta, perché non ho intenzione di aspettare che ti prepari. Ora scompari e non farti più vedere fino ad allora, capito?

Detto ciò, raggiunge Marisa e chiude la porta della stanza.

Me ne torno al mio divanetto e cerco di riprendere il sonno interrotto. Non ci riesco subito; dalla camera da letto, sia pure attraverso la porta chiusa, giungono i gemiti soffocati di lei e i grugniti di lui: scopano.
Sento indurirmisi il cazzo nella gabbietta, o meglio cercare di indurirmisi, perché la birdcage fa il suo dovere per cui, dopo qualche minuto di dolorosa lotta, il mio cazzo si arrende e si dichiara vinto, ammosciandosi.

Rimpiango mentalmente i tempi in cui in situazioni come queste me ne sarei potuto stare dietro alla porta di camera, in corridoio, a segarmi beatamente, mi rigiro sul divano coprendomi con la copertina…e buonanotte.
*
Alle 6,30 in punto, come richiesto, servo in soggiorno il caffè caldo a bull Bruno. Marisa è di là che dorme ancora. Indosso il solito abbigliamento: sopra impermeabile, pantaloni e scarpe da ginnastica, sotto autoreggenti, perizoma e pettorina.

I sandali sono appesi, in una busta, alla maniglia della porta di casa. Li prenderò con me uscendo.
Il viaggio si svolge con le stesse identiche modalità della volta precedente, per cui non mi dilungherò a ripeterle. Unica variante, rispetto alla settimana scorsa, è il fatto che per tutta la sua durata, io passi il tempo maledicendomi mentalmente per aver accettato, stavolta , senza nemmeno l’attenuante di non sapere bene di cosa si tratti.

Una volta arrivati però, invece di essere condotto in casa come mi aspettavo, vengo fatto entrare nel capanno attrezzi. Si tratta di una piccola costruzione (abusiva, credo) in muratura, di approssimativamente 2 metri per 2, edificata a ridosso del corpo di fabbrica principale. Ha un tetto spiovente in tegole piuttosto basso, è dotata di una porticina metallica e ha anche una finestrella da cui penetra un minimo di luce. Dentro ci sono, oltre ad un congelatore acceso, una scaffalatura metallica contenente ogni possibile assortimento di ciarpame, e alcune scope, rastrelli e attrezzi da giardino.

Ci sono stato la settimana scorsa per rifornirmi delle scope richieste per la pulizia delle scale; allungo la mano per prenderle. Lui invece, inaspettatamente, mi dice di togliere impermeabile, pettorina e perizoma, con tono che non ammette repliche.
Tolgo ogni cosa, consegnandogliela, e me ne rimango lì in piedi, nudo con solo le autoreggenti addosso, non sapendo bene cosa dovermi aspettare.
Prende qualcosa di metallico dallo scaffale e me lo passa attorno al collo.

E’ un grosso collare da cane in maglia d’acciaio, lo chiude assicurandolo al tempo stesso con un lucchetto ad un guinzaglio, anch’esso metallico, fermato da un altro lucchetto alla scaffalatura.
Sono così sorpreso che non riesco ad abbozzare alcuna reazione.
Ma non è finita qui. In terra, cosa che non avevo notato finora, c’è un pesante tombino in cemento (probabilmente un pozzetto di ispezione fognaria), dotato di un grosso anello metallico che serve evidentemente per sollevarne il coperchio.

Prende un’altra catena dalla scaffalatura e la fa passare dentro l’anello, poi, dopo avermi fatto inginocchiare in terra, con un ulteriore lucchetto ne assicura i due capi alla punta della mia birdcage.

Il risultato finale è che non posso alzarmi in piedi, perché la lunghezza della catena tra la mia gabbietta e il coperchio del tombino non lo consente, e nemmeno posso sdraiarmi in terra perché la catena assicurata al collare me lo impedisce.

Sono obbligato a rimanermene lì in terra, a 4 zampe.

-Ma…perché?

Riesco finalmente ad articolare con voce gracchiante.

-Sei proprio sicura di non sapere perché, fighetta?

Fa lui sarcastico.

In tutta sincerità non ne ho la più pallida idea e cerco di farglielo presente, ma lui non sente ragioni e, dopo aver raccattato tutta la mia roba, esce dal capanno senza nemmeno darsi la briga di richiudere la porta.

Sono basito.

Tempo qualche minuto appena e lo sento rimontare in auto, mettere in moto e andarsene.

MACCHECCAZZO??

Le cose hanno preso una piega del tutto inaspettata ed è una gran brutta piega…
Esaminando attentamente la situazione, mi rendo conto di non avere la benché minima chance di uscirne coi miei mezzi. Le catene e i lucchetti sembrano essere roba solida e nuova di zecca, di rompere l’anello metallico o la scaffalatura nemmeno a parlarne e inizio pure a sentire un po’ freddo.

Non so proprio dove sbattere la testa…

Quell’unica frase rivoltami e soprattutto il tono usato mi fanno pensare che si tratti di una qualche specie di punizione piuttosto che di un gioco erotico in sé e per sé, per cui mi chiedo e mi richiedo cosa mai posso aver fatto di tanto sbagliato per meritare un trattamento che, fin già dall’inizio, promette di risultare inusitatamente duro.
Ripasso mentalmente gli eventi degli ultimi giorni, cercando di individuare qualcosa che possa aver determinato simili provvedimenti, ma non mi viene in mente niente.

Forse qualcosa che gli ha detto Marisa su di me; magari gli ha riferito della mia riluttanza a venire qui con lui da solo. Sinceramente mi sembra un po’ pochino…
Poi un brutto sospetto mi si insinua nel cervello: NON SARA’ CHE L’ALTRA VOLTA CHE SONO STATO QUI MI ABBIA IN QUALCHE MODO CONTROLLATO E ORA MI VOGLIA PUNIRE PER IL MIO CERCARE DI FICCARE IL NASO NELLA SUA VITA PRIVATA??
Più ci penso e più mi sembra verosimile.

Potrei essere stato ripreso senza accorgermene da qualche telecamera nascosta mentre frugavo in casa sua oppure, ancora peggio, mentre esaminavo i suoi filmini porno autoprodotti! Il pensiero mi provoca una sgradevolissima sensazione di paura alla bocca dello stomaco…
Un momento, riflettiamo con calma…non è che non avessi considerato un’eventualità del genere, mentre ero qui a pulire la settimana scorsa; ancor prima di rinvenire i suoi DVD mi ero guardato intorno in più di una circostanza alla discreta ricerca di telecamere nascoste e avevo guardato di nuovo, con più cura, una volta scoperte le sue doti di attore e regista “fai da te”: telecamere nascoste non ne avevo notate…d’altronde è pur vero che se ne avessi notata una avrebbe voluto dire che tanto nascosta poi non sarebbe stata…

Non lo so…magari mi sto facendo dei film mentali e invece quello che mi sta capitando è solo un altro dei suoi tanti modi di tenermi sulla corda punto e basta.

Vedremo. Per ora posso solo starmene qui ad aspettare come un cagnolino alla catena.

A proposito di cagnolini e cagnoni…I CANI CAZZO! Io me ne sto qui indifeso a quattro zampe, per giunta con la porta del capanno aperta e quelli staranno aggirandosi qua attorno famelici!
Allungando una gamba all’indietro alla porta ci arriverei pure, e potrei darle un calcio per chiuderla…sempre che si aprisse all’indentro e non all’infuori come questa.

Me ne rimango lì, inerme, con la testa poggiata ad un ripiano basso dello scaffale, cercando di ripartire come meglio posso il peso del mio corpo su ginocchia e palmi delle mani.

Passa dell’altro tempo e, proprio quando mi sto convincendo che le belve non sono in giro, ecco che ne arriva una…

Prima ne percepisco lo scalpiccio sul ghiaietto, poi lo vedo stagliarsi sulla soglia: è il maremmano giallastro, forse il più brutto dei tre, sicuramente quello più sporco e dall’aspetto più selvatico.

Se ne sta lì un bel pezzo a studiarmi, non si muove. Continuo a tenerlo d’occhio. Per guardare verso la porta devo tenere la testa innaturalmente piegata all’indietro, comincio ad avere il torcicollo ma non oso staccare lo sguardo.
Entra nel capanno, cauto, annusandone l’aria che sa di muffa. Mi si avvicina.
Sono pietrificato, cerco di non muovere neanche un muscolo, per non irritarlo.
Mi annusa le scarpe a lungo.

Poi alza il muso e mi annusa il culo. Nel farlo mi sfiora e io, teso come una corda di violino, faccio un salto in avanti per allontanarmi da lui.
Avrei dovuto scrivere “CERCO di fare un salto in avanti”, perché la catenella fissata in terra si tende di colpo e l’anello della birdcage quasi mi stacca le palle per il contraccolpo. Mio malgrado sono costretto bloccarmi di nuovo.
Deve essersi spaventato un po’ anche lui perché si allontana di shitto dal mio culo; però non se ne va.

Dopo qualche secondo anzi, mi si affianca guardando alternativamente me, la catena e il collare che porto, l’ambiente in generale.
Soddisfatto forse di quello che vede, si sdraia socievolmente in terra accanto a me e se ne rimane beatamente lì, con la lingua penzoloni.
Ha il pelo incrostato di fango e sporcizia e puzza come un tappeto bagnato. Spero non abbia le pulci.
Non è certo la compagnia ideale, ma almeno non sembra ostile.

Sono confortato che non si tratti del meticcio, che l’altra volta mi era sembrato il più intraprendente (e il più arrapato, anche) dei tre, dato che la posizione in cui mi trovo non è certo il massimo per resistere agli assalti di un cagnone arrapato e intraprendente (non si sa mai, come cagnetta potrei essere il suo tipo…).

Passa un tempo imprecisato che a me sembra infinito. Se inizialmente cercavo di mantenermi il più possibile lontano dal Giallastro, evitando addirittura di sfiorarlo, col passare del tempo comincio ad apprezzare il calore che emana (ho piuttosto freddo a starmene immobile e nudo qui) e scopro che le catene mi consentono di appoggiarmi a lui fianco contro fianco, per scaldarmi un po’.

Inoltre il suo corpo mi fornisce un certo sostegno che mi permette, appoggiando mici contro, di rilassare la muscolatura

Secondo i miei calcoli sarà ormai ora di pranzo e sono sfinito. Il giallastro è andato via già da un pezzo e fortunatamente non ho avuto altre visite canine.
Sento il rumore del cancello automatico e poi quello delle ruote un’auto sul brecciolino.
Non so se esserne contento o meno. Tre ipotesi sono secondo me possibili.

Ipotesi A – la peggiore: gli affittuari del primo piano.
Ipotesi B – quella che non so se sia buona o cattiva: Bull Bruno.
Ipotesi C – quella che vorrei con tutto il mio cuore: Marisa.

La risposta giusta è la…B! Come direbbe il compianto Mike.

-Sei disposta ora a confessare tutti i tuoi peccati, fighetta?

Se ne sta sulla porta del capanno, poggiato a uno stipite, con la solita aria strafottente.

In mano ha una busta di plastica, di quelle del supermercato.

-Ascolta… ehmm…ascolti…ma perché tutto questo? Che cosa ho fatto?

-Mmm…vedo che non ci siamo ancora…va bene, andiamo avanti allora…

Detto questo si allontana dalla porta, scomparendo dal mio campo visivo. Lo sento emettere un breve fischio e, quasi immediatamente, ecco il rumore della corsa di diverse zampe canine. Si riaffaccia, i cani gli sono tutt’e tre attorno, a fargli le feste.

In mano non ha più la busta ma, molto probabilmente, direttamente il suo contenuto: un barattolo di latta già aperto.

-Un momento…davvero…MA CHE COSA HO FATTO??

Fa due passi verso di me, i cani gli saltano intorno puntando alla lattina che ha nelle mani: cibo per cani, bocconcini di carne, per l’esattezza.
Ignorando la mia concitata domanda, sporge un braccio e me ne versa il contenuto sul culo nudo, tra le natiche.

Sobbalzo…ma con moderazione (nella mia breve, ma intensa, prigionia ho imparato che i movimenti bruschi possono provocare dolorosissimi strappi alle palle).

Faccio appena in tempo a percepirne l’umida consistenza che le tre belve si slanciano sopra di me (sopra il mio culo esposto, per la precisione) e iniziano a lavorare di lingua e di mandibola. Il rumore prodotto dalle loro ganasce ha il potere di terrorizzarmi e il contatto con le loro lingue raspose mi fa perdere letteralmente ogni prudenza, spingendomi a tendere al massimo la catenella assicurata al mio cazzo ingabbiato

-PER CARITAA’…BASTA, BASTA! CONFESSO QUELLO CHE VUOLE…CONFESSO…CONFESSO TUTTO MA LI ALLONTANI DA MEE!!

-Allora avanti fighetta, dai…sono tutto orecchi…

Non li ha ancora allontanati da me, ma ora sono intenti a disputarsi i pezzetti di carne caduti in terra, sostanzialmente ignorandomi se non per qualche occasionale lappata al sughetto che ancora imbratta il mio culo.

Ciò mi dà modo di trovare un minimo di fiato per affrettarmi a recitare con voce strozzata:

-Ho trovato i DVD, lo confesso, è vero…

Poi però ho la cattiva idea di aggiungere, cercando di barare:

-L’ho fatto per spolverare! Non ho idea di cosa ci sia dentro!

Grave errore. Mi rendo conto, non appena pronunciate queste parole, che non avrebbe senso confessare una cosa del genere senza averli visionati…

-Hai ancora voglia di sparare cazzate, fighetta? Allora mi sa proprio che, per fartela passare per sempre, dovrò concedere le tue grazie a Spartaco, qui…lui è abbastanza di bocca buona per apprezzare anche la figa anale, di una bella cagnetta come te…Spartaco non si formalizza per la mancanza di una vera figa…

Non ho la minima idea di chi dei tre sia Spartaco, e non ho nemmeno l’intenzione di scoprirlo, per cui mi sbrago del tutto:

-OHCCAZZONO!! HA RAGIONE!!! LI HO GUARDATI, CONFESSO CONFESSO!!!

-Hai visto fighetta? Liberarsi la coscienza fa sempre bene…almeno per il momento.

Più tardi magari potrebbe anche fare un po’ male…ma per il momento hai ottenuto di poter passare dalle catene alle pulizie…

Ciò detto, apre i lucchetti e mi fa alzare in piedi.
Non sono stato mai così contento come in questo momento di essere tanto apprezzato come colf.
*
Ho versato ogni stilla di sudore del mio corpo e profuso tutto il mio impegno e la mia abilità nel rendere la casa uno specchio.

Ci sto lavorando da ore, con ancora collare e guinzaglio addosso.
Per tutto il tempo Bull Bruno se ne è stato stravaccato davanti alla tele (evidentemente ha fatto sistemare l’antenna) a vedere nell’ordine: pre-partita, partita, commenti alle partite.
Non ci siamo più scambiati una singola parola, ma ho potuto notare che la shitola coi DVD non c’è più. Inoltre mi sono fatto convinto che non deve essere stata una questione di telecamere nascoste a tradirmi, ma piuttosto la mia dabbenaggine nel non rimettere nel giusto ordine i DVD all’interno della shitola.

Sono sicuro infatti di non averlo fatto, l’altra volta, mentre è evidente che un ordine, forse cronologico, doveva pur esserci.
Finito di sistemare anche l’ultimo dettaglio, mi affaccio alla stanza in cui si trova Bull Bruno e rispettosamente azzardo un timido:

-Io…avrei finito.

Mi guarda con occhio assonnato, si riscuote un po’ e mi dice:

-In cucina, fighetta. Aspettami piegata sul tavolo come sai. Piegati sul lato lungo, stavolta.

Vado, mi piego e aspetto circa un quarto d’ora, chiedendomi perché proprio sul lato lungo.
Finalmente arriva, con calma prende il guinzaglio-catena, lo fa penzolare oltre il bordo, lo passa sotto al tavolo e infine lo fissa con un lucchetto alla gabbietta che penzola tra le mie gambe, bloccandomi così al tavolo stesso.
Non mi aspetto niente di buono.

-Allora fighetta…

E intanto mi ripassa davanti, di modo che possa vederlo bene.

-…quello che prima hai confessato di avere fatto…

Prende una shitola da un cassetto e la poggia sul tavolo, a mezzo metro dal mio volto.

-…è davvero grave, ne converrai con me…

E’ una shitola di profilattici, misura extralarge, ovviamente. La apre e ne prende uno.

-…hai ficcanasato in cose che non ti riguardavano…

Si slaccia la patta dei pantaloni e se lo tira fuori.

-…hai tradito la mia fiducia, e pertanto…

Se lo mena un po’ con la mano destra per farselo indurire. Come al solito le sue dimensioni mi intimidiscono.

-…devi essere punita. Spero che accetterai la tua punizione con animo lieto…

Apre la bustina del condom e lo estrae.

-…perché dai propri errori si deve sempre imparare. Sono sicuro anzi…

Se lo appunta sul cappellone turgido e lo srotola lungo l’asta.

-…che mi ringrazierai.

Detto ciò, passa un’altra volta alle mie spalle.

Tutta la pantomima del preservativo mi ha lasciato un po’ perplesso perché, da quando lo conosco (e a sentire Marisa anche da prima) non si è mai preoccupato di cose del genere. A lui piace schizzare il seme direttamente nella femmina che sta possedendo, senza preoccuparsi di interporre barriere a scopi profilattici o anticoncezionali (va anche detto però che mia moglie, per via di una sua malformazione congenita, non può avere figli).

Lo sento aprire un pensile alle mie spalle. Torcendo il collo, con la coda dell’occhio, gli vedo prendere una bottiglietta dall’aria vagamente familiare, stapparla. Se ne sta versando il contenuto sul cazzone inguainato nel condom. Non ho la più pallida idea di cosa sia.
Lo sento puntare la bestia al mio sfintere, giusto il tempo di pronunciare:

-Preparati ad espiare, cagna.

E me lo infila dentro con un unico movimento.

Rimango senza fiato, come sempre, mentre lui inizia a pompare.
Dopo qualche decina di secondi, capisco il perché dell’aspetto familiare di quella bottiglietta: lo capisco perché il bruciore improvviso che sento invadermi l’ano non può essere provocato altro che da TABASCO.

CAZZZZZZZZZOOOOOOOOO!!!
Sto letteralmente andando a fuoco, mi sembra di impazzire, urlo, impreco, batto la fronte sul tavolo e cerco di divincolarmi, ma la catena collare-gabbietta fa il suo lavoro e i miei sforzi non ottengono altro risultato che quello di farmi quasi strappar via i coglioni da solo.

Mentre continua a pomparmi con metodo, schiaffeggiandomi crudelmente le natiche, non riesco a trattenere le lacrime, sbavo letteralmente sul tavolo e non aspetto altro che di morire.
Sento il suo cazzo irrigidirsi e schizzare, seppur inguainato nel condom, con le solite numerose contrazioni, dentro di me.
Si sfila e, mentre sono ancora in preda ad un feroce bruciore, toglie il condom e me ne versa l’abbondante contenuto in faccia, nella bocca, sugli occhi.

-Ascolta bene, cagnetta…se dici una sola parola a Marisa riguardo ai DVD o a quello che è successo qui oggi, a queste…

E mi stringe le palle, che fuoriescono dalla gabbietta, a morte.

-…puoi dire addio per sempre…ti porto da un mio amico veterinario e…ZAC!

Poi apre il lucchetti, mi restituisce la mia roba e conclude:

-Adesso puoi pure chiamare un taxi.

***

Sono appena tornato.

Marisa è di là a guardare la tele, l’ho frettolosamente salutata e mi sono precipitato in bagno a fare un bidet gelato. Sarei rimasto lì tutta la sera, ma non volevo che potesse sospettare qualcosa, per cui, mio malgrado, dopo troppo pochi minuti di sollievo, ho dovuto darmi una sistemata e tornare di là.

-Com’è andata? Hai fatto tutto? Tutto a posto?

-Tutto a posto…

Le rispondo sforzandomi di sorriderle.

-Visto? Che ti dicevo io? Alle volte sei proprio paranoico.

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