Da “Opus Pistorum” – Henry Miller

Trovo Ernest a letto.
Lo vedo che sta sulle spine. Forse aspetta qualche visita di fica. Non s'è mosso
dal letto e sta sdraiato coi ginocchi alzati. Gli domando se si sente poco bene. No,
benone — risponde — solo un po' stanco — e simula uno sbadiglio. Beh, allora
me ne vado, faccio io, ma proprio in quella qualcosa si muove sotto le coltri.
Mai visto Ernest tanto imbarazzato.

“Di che sesso è?” domando.
Lui getta indietro le coperte e scopre una pargoletta di dieci ? undici anni,
annidata fra i suoi ginocchi.
“Se resisteva altri due minuti, l'avrei fatta franca,” dice il mio amico. “Ma, Alf,
mi raccomando, non dir niente a nessuno. Non mi mettere nei guai. “
La pargoletta si raddrizza sulla schiena e getta all’indietro i lunghi capelli
bruni. Si deterge il sudore della fronte col lenzuolo.

Faceva troppo caldo, dice, lì
sotto. A momenti moriva soffocata. Siede sulla proda del letto e mi guarda.
“Cosa usi come esca? Le caramelle?”
Ernest non ride della mia battuta. È la figlia dei gestori del bar qui vicino, mi
dice. Poi, sulla difensiva: “Mica viene soltanto da me. La conoscono tutti nel
quartiere. E nessuno ha più niente da insegnarle, sai, Alf. Prova a farle qualche
domanda. “
La pargoletta allarga le gambe e mi mostra la purchiaccolina calva.

“Puoi
scoparmi tu pure, se vuoi. Però prima tocca a mister Ernest. “
“Ti chiava spesso, mister Ernest, pupa?” le chiedo.
“Questa sarà la terza ? quarta volta. Stava giusto per montarmi, quando lei è
arrivato. “
“Fate pure, mica sono un guastafeste,” dico io.
La pargoletta ha cominciato a gingillarsi con la passerina e, con l'altra mano,
dà noia all'uccello di Ernest.
Ernest seguita ancora a vergognarsi.

Per rianimarlo gli dico che, al suo posto,
io… eccetera eccetera. Si rinfranca subito.
“Perdio, Alf. Ci dovresti provare. Non me lo sarei mai aspettato, da me stesso.
Campassi mill'anni, dicevo… E invece! Sapessi che sfizio. ” Allunga una mano e
accarezza il culetto alla pargola. “Guardala! Non è un tesoro? E dovessi sentirla,
quando attacca a dire zozzerie. Racconta certe storie… Non ci credo, alla metà.
Ma l'altra metà basta a farti rizzare i capelli in testa e il cazzo dalla parte opposta.

La sorcetta è senza peli ma Ir puzza già di fica, appena appena. Prova ad
accostarci il naso. “
La pargoletta smette di disturbare se stessa e gli agguanta l'uccello con ambo
le manucce.
Se n'intende abbastanza, di cazzi, per capire che cosa li fa grossi… si china e
lascia che i suoi capelli lo solletichino mentir lei fa scivolare le dita su e giù.
“Non è così che mi piaceva chiavare,” seguita Ernest.

“Cazzo, no! Ci provo solo
tanto per cambiare. E lei è grande abbastanza… non le fa alcun male ? che. Gesù
Cristo, Alf, si fa scopare comunque, lei… tanto vale che ci provo e che scopro che
effetto fa. “
Si metterebbe a cantare l'inno nazionale fra un minuto, ma la ragazza lo ha
tanto eccitato che comincia a balbettare. Lei porta la bocca molto vicina al suo
cazzo, più volte, e poi la ritrae proprio mentre le sue labbra stanno per toccarlo.

“Vuole un extra per il pompino,” spiega Ernest. “Ma poi se ne scorda e lo
ciuccia ugualmente. “
“Si fa dunque pagare!” esclamo, esterrefatto. “Alla sua età. Cristo, quand'ero
bambino io…”
“Si fa pagare, sì. Ma ciò non rende meno bella la scopata. “
La pargoletta smette di giocare con il bischero e torna ad occuparsi della sua
passerina.
“La vedi? Ne va pazza, di quella sua fighetta. I soldi sono solo di contorno.

La
pietanza è il piacere che ci prova. Il piatto forte è la sua patonzina. Cristo, Alf!
quando glielo metti in corpo, quando lei comincia a muoversi sotto di te, a
strofinarti il pancino addosso… t'assicuro, è la fine del mondo. “
“Basta chiacchiere, è ora di chiavare,” dice la pargoletta, imbronciata.
“La senti, Alf? Ora guardala, quando lo piglia su. Diresti che la schianta,
invece no. È capace, dentro.

Non lo prende nella fica, ci si avvolge tutta intorno.
Sta' a guardare. “
Si mette in posizione. Lei non guida l'uccello con le mani. Gli agguanta il pelo
pubico, un ciuffo per mano, e gli va incontro con la passeretta, inarcandosi sulla
schiena — a becco aperto, per così dire. Il grosso uccello incomincia a imboccare
la piccola passera affamata. Entra dentro con tutta la cappella, e si spinge ancora
oltre, lentamente.

“La prima volta, Alf, mi son messo paura. La spacco, dicevo, l'ammazzo… Ma è
così che le piace, a quanto pare. Lo vedi? Cristo, ero solito tenere uno specchio
dietro il suo culo, giusto per guardarlo. Riesci a vedere l'intero meccanismo con
questa piccola fica, neppure un pelo che nasconda i fatti della vita. E dovresti
vedere…”
Qualunque cosa sia che io dovrei vedere, Ernest se ne dimentica. La ragazzina
ha cominciato a dimenarsi.

A ogni guizzo di culo l'uccello progredisce nella fica,
inesorabilmente. Ernest dal canto suo non fu frodato, quando distribuirono gli
uccelli. Ce l'ha bello grosso. Non finisce più di entrare nella tana. Ora la sdruce —
pensi — ora la squarcia.
La sua fichetta si dilata e si dilata, finché è più di due volte il formato che
dovrebbe essere in grado di raggiungere. Ma non un gemito, da quel topolino…
essa scuote la fica e stringe le gambe intorno a Ernest come una veterana.

Quando smette di entrar dentro di lei è perché non ce n'è più… tutto ciò che ha
Lisciato fuori di sé… eccetto Ernest… è un ciuffo di peli e un paio di palle. 26
“Dai un'occhiata adesso, guarda bene, Alf, dai,” mi prega Ernest. “Proprio per
fare un favore personale a me. Voglio che gli dai un'occhiata e poi dimmi ch'è
possibile. Cristo, ho fatto brutti sogni al riguardo, di notte, ma non posso
lasciarla in paté.

Ah, piccola puttana, ecco quanto. Dimenati ancora un po'!
Gesù, non m'era mai capitato niente che fosse come fottere una biscia…”
“Cosa Cristo farai quando la metti incinta?” gli domando.
E lui, senza smettere di fottere: “Ma che dici! È troppo piccola. Non ha ancora
il pelo! Mica può restare pregna. “
“Altroché! Il pelo non conta. Dentro ha tutto l'occorrente. Non mi dire che non
prendi precauzioni, Ernest. “
“Oh! Ma chi se ne frega.

Eppoi non sono l'unico, io, a chiavarla. Casomai, Alf,
trascino in tribunale tutto quanto il caseggiato. Da non credere, a quanti l'ha
data. Anche a parecchie donne, se è per questo. Tutta gente perbene. “
Egli giace là con il cazzo infilato nella fica della ragazza e discute con me in
merito alla possibilità di metterla incinta. Ma la ragazza si stufa di sentirci
parlare… vuol essere chiavata, dice, e se Ernest non la chiava al modo giusto, lei
non verrà più a trovarlo.

Sicché lui le radazza alcune volte la fichetta e poi gliene
rifila un paio che avrebbero potuto storcerle tutti i denti.
“Beccati questo,” dice. “Vedi come le trema il culo, pressappoco? Lei giura che
sta venendo quando fa così. Pensi che veramente se ne venga? Questo è tutto
quel che accade…” Si rimette a fotterla di buona lena. “Ma Gesù santo, quando
me ne vengo in questa piccola puttana…”
Le agguanta il culo e mezzo la solleva dal letto.

Il suo cazzo entra dentro e il
letto geme… o forse è Ernest. La ragazza seguita a tener le gambe allargate per
aiutarlo a entrare fino in fondo come gli pare, e io m'immagino di vederle il ventre
riempirsi…
“Dio, ne prende a galloni,” dice Ernest. “Galloni imperiali…”
A me tremano le gambe, quand'è finita. Sto peggio in arnese di Ernest, e lui
non ha certo l'aspetto di una mammola.

La ragazza prende tutto ciò con
innocente noncuranza. Vuol sapere se desidero chiavarla, adesso!
“Fatti sotto, Alf,” mi consiglia Ernest dal letto. “Non ti capiterà più niente del
genere. Ma dovrai arrangiarti sul pavimento, da qualche parte… Io semplicemente
non posso muovermi di un centimetro da dove mi trovo…”
No — dico alla bambina — adesso no, un'altra volta, magari.

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