Al supermercato.

Stavo spingendo il carrello del supermercato, pieno della spesa appena fatta, verso la mia macchina parcheggiata nel sotterraneo del centro commerciale.
“Vuole una mano”? Sento chiedere
Era la guardia addetta la controllo, un ragazzone alto vagamente somigliante al calciatore Ibrahimovic.
Ringrazio Antonio, avevo letto il suo nome sul cartellino identificativo, dicendogli che me la sarei cavata da sola. Ma non era stato sufficiente, Antonio insisteva ad offrirsi.
“Dai le borse pesano per caricarle in auto”
Non ero stata in grado di rifiutare la seconda offerta.

Non sapevo come comportarmi, se avessi dovuto lasciargli la mancia ma avevo capito subito che la sua era tutta una scusa per raggiungere
altri scopi. Infatti.
“E' un po' che la vedo, lei è molto carina, mi piacerebbe avere la possibilità di poterti offrire un caffè” passando nella stessa frase dal lei al tu.
Avevo già notato anch'io Antonio, fisico prestante, molto alto, pur superando io abbondantemente il metro e settanta, mi sentivo una nanerottola vicino a lui.

Un giorno qualche tempo prima, Antonio era in pausa pranzo con delle sue amiche, scherzavano sulle sue misure, con loro aveva detto che di piede portava il 52.
Non era l'unica cosa che avevo notato oltre al piede aveva delle mani giganti con delle dita lunghissime ma soprattutto un enorme pacco che sporgeva da sotto i pantaloni.
Prima di rispondere alla sua richiesta, avevo dato un'occhiata ancora al quel pacco davvero notevole, ma sono qualche attimo e rientrando nel mio personaggio gli avevo risposto:
“Forse non lo sai ma io sono sposata, ti ringrazio e direi che non è proprio il caso”
“Non vedo niente di male prendere un caffè, non penserai che io abbia altri scopi”?
“Invece io lo penso e non ho nessuna intenzione di intraprendere una storia con te, torna a fare il tuo lavoro e ti saluto”
“Mi sembri un po' classista, te la tiri di brutto forse perchè giri con bella macchina ed io invece sono solo una guardia” aveva risposto contrariato.

“Dai ti prego non fare il permaloso e il patetico. Sei un bel ragazzo ma io non ho voglia di farmi scopare da te. Se avessi voluto ti avrei già fatto salire in auto, ribaltato i sedili e via. Si sta
comodi sai? Diventa un letto. Però adesso ti ringrazio per l'aiuto ma le nostre strade si dividono qui. OK”?
Antonio non si era dato per vinto e insistendo
” Posso controllare la spesa, Signora? Questo è il mio lavoro”
Seccata gli ho dato gli scontrini e ancora più seccata l'ho mandato al quel paese quando aveva iniziato a fare stupidi commenti sui cetrioli che avevo comprato.

“Certo che gli comprati per infilarmeli dove mi pare, ma se adesso non te vai so io dove infilarteli o preferisci che chiamo il tuo direttore”
Sentendo così si era azzittito. Mi aveva restituito gli scontrini ma solo dopo avere scritto su uno di essi il proprio numero di telefono.
“Se dovessi cambiare idea, chiamami! Sei ancora più bella quando sei incazzata”
“Fuck you” gli avevo risposto, un po' troppo da maleducata forse ma ero insolitamente infastidita e senza un vero motivo.

In fondo voleva solo corteggiarmi ed essere corteggiata deve fare sempre piacere.
Probabilmente quando aveva ironizzato sull'uso dei cetrioli avevo sentito invadere la mia privacy, anche perché in fondo in fondo l'uso del cetriolo per me era quello.
Tornata a casa pensavo a quello che era successo ed ero sempre di più convinta di aver esagerato.
Antonio era un bel ragazzo, non me lo sarei di certo trombato, sono molto sicura e decisa di quello che faccio, ma perché negarsi una trasgressione di un caffè con un bel ragazzo?
Scaricando la macchina, guardavo il suo interno e il mio pensiero iniziava a volare alto.

Ma si sta davvero comodi in questa auto?
Salita a casa mettevo nel frigorifero quanto acquistato.
Naturalmente anche i cetrioli.
Chissà perché il mio pensiero era ancora quello. Facevo una strana similitudine tra i cetrioli e
il pacco di Antonio.
Indossavo un abito in lana lungo e dei stivali. Non indossavo i collant ma dei calzettoni di lana lunghi che arrivavano a metà coscia.
Sentivo che mi stavo eccitando.

Mi guardavo dentro il riflesso del forno posizionato a colonna nella cucina.
Mi vedevo sexy.
Avevo alzato la gonna, preso un cetriolo e l'avevo messo dentro le mutandine.
Mi guardavo nel forno, vedere quel cetriolo dentro le mutandine mi eccitava.
Avevo poi di nuovo coperto il tutto con l'abito.
Avevo fatto il pacco insomma.
Continuavo a guardarmi nel forno, non si vedeva proprio bene.

Ma questo mi eccitava ancora di più, perché il non vedere bene aumentava la mia immaginazione, dovevo sembrare un uomo e il non vedere in qualche modo mi aiutava a confondere la cosa.
Da sopra l'abito avevo iniziato a strofinare il cetriolo, prima lentamente poi sempre più velocemente.
Pensavo che fosse l'uccello di Antonio, glielo stavo strofinando sempre più forte, su giù, su e giù, su e giù.
Il movimento della mia mano diventava sempre più veloce, su e giù, su e giù, su e giù.

sarei andata avanti per ore, mi eccitava quel movimento. Sembrava proprio che stessi facendo una sega ad Antonio.
Non ce la facevo più, mi faceva male il braccio.
Avevo allora alzato una gamba come se l'avessi avvinghiata ai fianchi di Antonio e con l'elastico delle mutande completamente spostato mi stavo infilando un cetriolo nella passerotta.
Non era lo stesso che mi ero infilata nelle mutandine ma un altro che avevo abbondantemente leccato e salivato al punto giusto.

Per me era l'uccello di Antonio che mi penetrava nella passerotta.
Lui in piedi che spingeva ed io che lo sentivo sempre più dentro.
Spingevo il cetriolo quasi a farlo scomparire, me lo sentivo quasi in gola.
Davo dei colpi forti, come se Antonio me lo stesse spingendo sempre più a fondo.
Gli orgasmi erano a ripetizione ma ero sempre eccitata. non avrei smesso su e giù su e giù.

Talmente ero in estasi che vedevo Antonio li di fronte a me, addirittura gli parlavo.
Adesso tocca a te gli dicevo.
Avevo tolto il cetriolo dalla passerotta e immaginando Antonio in piedi mi ero inginocchiata davanti a lui e messo in bocca il cetriolo che prima era nella passerotta.
Non l'avevo neanche pulito.
Lo baciavo avidamente, quasi mi sembrava di stringere a me Antonio.
aprivo la bocca e cercavo di prenderlo più profondamente possibile.

Con l'altra mano sgrillettavo la passerotta ma ormai non ne poteva più e avevo allora finito di toccarla.
Volevo l'orgasmo di Antonio.
Con una mano avevo il cetriolo e con l'altra lo sfregavo sempre più velocemente a qualche centimetro di distanza dalla mia bocca completamente spalancata come se fosse in attesa della schizzata.
“Dai vieni, dai vieni , ti prego vieni” dicevo, cosa che non poteva chiaramente verificarsi ma la mia fantasia non aveva limiti..
Sul tavolo erano rimasti degli yogurt bianchi.

Ne avevo aperto uno ed avevo pucciato il cetriolo nel vasetto. Avevo creato un effetto sperma.
Avevo ripreso in bocca il cetriolo imbrattato di yogurt.
Mi guardavo nel riflesso del forno conciata così. Sembrava proprio che avessi ricevuto una schizzata sulle labbra e sul viso. Succhiavo il cetriolo e lo ripulivo dallo yogurt come se avessi avuto in bocca un enorme uccello da sgocciolare dopo una schizzata.
Mai mangiato e leccato un yogurt così buono.

Mi ero ricomposta soddisfatta, avevo messo ogni cosa al suo posto e svuotato la pattumiera. Dico questo perché è un particolare importante.
Era rimasto in giro solo lo scontrino con il numero di telefono di Antonio. Sorridendo l'avevo letto e dopo aver pensato qualche secondo l'avevo buttato nella pattumiera vuota.
In pratica nella pattumiera c'era solo quello.
Prima di buttarlo avevo detto dentro di me che mi sarei dovuta scusare con quel ragazzo.

In fondo solo per un caffè non ci sarebbe stato niente di male.
Ero sempre stata sicura di me e da quando mi ero sposata con Raul, non l'avevo mai tradito almeno con un uomo, con donne si ma non l'avevo mai considerato un vero e proprio tradimento.
Raul non c'era mai, sempre all'estero per lavoro, vabbè masturbarsi, avevo passato notti intere a masturbarmi.
Sentivo il bisogno di un contatto fisico, il calore di un corpo, due labbra da baciare.

Lo facevo spesso con il cuscino, lo baciavo lo stropicciavo tutto, sfogavo così le mie fantasie respingendo le tentazioni quotidiane.
Credetemi non è facile e visto anche avevo sempre avuto un debole anche per le donne se capitava non mi tiravo indietro. Non mi sentivo in colpa e stavo bene con me stessa.

Quella stesso giorno, di sera, due sere fa da quando sto scrivendo , tornava Raul.

Mi aveva telefonato chiedendomi di andarlo a prendere in aeroporto che poi saremmo andati a cena fuori.
Contentissima ero andata in aeroporto.
Conoscendo Raul al massimo mi avrebbe portato in pizzeria, ma mi andava bene lo stesso, l'importante era stare insieme a lui. Uscire con un uomo, fare qualcosa, non essere sempre rinchiusa in casa.
Non che non lo potevo fare durante la settimana, ma non puoi sempre uscire con amiche, anche perchè ognuna aveva delle esigenze diverse.

Chi era fidanzata, chi era a caccia di uomini o che era mamma, insomma non rispecchiavano mai le mie esigenze. Cosi alla fine non uscivo mai.
Non mi ero cambiata di abito. Mi vedevo particolarmente accattivante con quel vestito ma soprattutto in cuor mio mi sarebbe piaciuto ripetere dal vivo quello che avevo immaginato con Antonio.
Insomma essere presa in quel modo.
Conoscevo bene Raul, infatti eravamo andati in pizzeria.

Ma era stranamente pieno di complimenti.
“Come sei bella, come sei sexy” tutto andava alla perfezione.
Nel tornare a casa già in macchina la sua mano si era infilata tra le mie cosce.
La mia passerotta era bagnatissima. Entrati in casa non avevamo fatto in tempo a chiudere la porta che già avevo la gonna alzata e il suo uccello che si strofinava sulla passerotta ancora coperta delle sue mutandine.

“Andiamo in camera” aveva proposto Raul.
“No. Prendimi qui, così in piedi, mi piace un casino”
Non se l'era fatto ripetere, eravamo rimasti in piedi, mi aveva spostato l'elastico delle mutandine e strofinava un uccello duro come il marmo tra le labbra della passerotta.
Attendeva a prendermi. Strofinava il suo uccello e la passerotta sembrava quasi aprirsi in ogni suo strofinamento. La sentivo proprio aprirsi in due.
Avvolgevano vogliosamente il suo uccello che con la punta entrava leggermente dentro ma subito si ritraeva.

Raul continuava a strofinare contro la passerotta ormai bollente senza prendermi.
Ogni volta che la punta dell'uccello mi penetrava leggermente io spingevo verso di lui per guadagnare qualche centimetro, ma lui non spingeva. per quasi dieci minuti avevamo continuato così.
Ero al limite, stavo già venendo così.
Appena gli avevo detto “dai prendimi non ce la faccio più” mi ero sentita trafiggere.
Un uccello che spingeva quasi a soffocarmi.

Spingeva con ritmo veloce su e giù, su e giù, su e giù. Un ritmo bellissimo, per era un orgasmo prolungato. Sentivo che anche lui era ormai al limite.
“Aspetta a venire” gli avevo detto.
Mi ero inginocchiata davanti a lui, con la bocca aperta strofinavo l'uccello di Raul a dieci centimetri di distanza. Volevo il suo nettare.
Raul non credeva ai suoi occhi, non l'avevamo mai fatto così.

Cercava di trattenersi mentre io aumentavo il ritmo con la mano.
“Dai amore schizza, dai vai schizza, amore schizza”
Era al limite ma riusciva a trattenersi.
Nel frattempo l'altra mia mano sgrillettavo la passerotta, cercavo di trattenere anch'io l'orgasmo per averne uno simultaneo.
Ecco Raul stava per venire e mentre godevo come una porcellina avevo aperto ancora di più la bocca.
Un'attesa che sembrava lunghissima, quasi mi faceva male la mano a furia fare su e giù.

Una scarica di sperma, calda ed infinita aveva imbrattato tutto il mio viso.
Non volevo perdere una goccia di quel nettare, altro che yogurt.
Continuavo a strofinargli l'uccello, mentre gli leccavo ancora qualche goccia di sperma, era stato lui a fermarmi dicendo che bastava così.
Cazzarola, ma quanto sarebbe stato bello vero se fosse davvero successo così.
Usciti dalla pizzeria eravamo andati a casa e sentendosi stanco si era addormentato sul divano davanti alla tv.

Vabbè potevo anche capirlo, aveva avuto una giornata impegnativa.
Al mattino successivo, ieri, mi ero alzata presto.
Aprendo il frigorifero avevo visto i cetrioli, mi era scappato un sorriso. Avevo preso per mangiare uno yogurt e naturalmente avevo pensato a quello che era successo.
Mi ero messa seduta, avevo messo le gambe sul tavolo a modo di cowboy, rilassandomi ma pensierosa mi assaporavo il mio yogurt.
Finito, nel gettare il vasetto, nella pattumiera c'era lo scontrino con il numero di Antonio.

I miei pensieri volavano alti, molto alti.
Raul dormiva.
Avevo fatto una doccia veloce, indossando volutamente ancora lo stesso vestito, ero andata in camera da Raul e svegliatolo dolcemente gli avevo detto sottovoce:
“Amore, mentre ti svegli bene faccio un salto al supermercato, torno subito”
“Forse” avevo poi aggiunto senza farmi sentire.

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